Document no. 3155
Pacelli, Eugenio to Gasparri, Pietro
Munich, 30 September 19181

Writer (text genesis)
PacelliPacelli
Subject
Visita ai campi di prigionieri italiani in Halle a. S., Celle, Minden, Münster, Ellwangen
Come compii il dovere di annunziare all'E. V. R. col mio rispettoso cifrato N. 225, ‒ non essendo ancor giunti i pacchetti di viveri per i prigionieri italiani annunziati dall'E. V.  R., tuttavia, affine di evitare il freddo e le intemperie della già inoltrata stagione, mi è sembrato di non poter più attend procrastinare la progettata mia visita ad alcuni almeno fra i principali campi , ove i prigionieri suddetti trovansi internati in Germania Debbo dire che per la verità che il Ministero della Guerra di Berlino mi ha accordato in proposito tutte le facilitazioni, ha
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messo a mia disposizione per tutto il viaggio uno splendido vagone-salon, e mi ha fatto accompagnare da due ufficiali addetti al Ministero medesimo, il Maggiore Ritter e il Richter e il Capitano von Holtzbrinck, i quali sono stati sotto ogni riguardo g cortesi e deferenti, e che per ciò mi permetterò dopo la guerra di addit segnalare alla benevolenza della S. Sede per una convenien decorazione corrispondente al loro rango.
Riservandomi di riferire in particolare su ogni campo, mi permetto intanto di sottomettere all'E. V. alcune notizie ed informa e considerazioni di ordine generale.
Innanzi tutto ho dovuto constatare che soprattutto nel campo di officiali di Halle e specialmente di Celle il malcontento il malcontento degli ufficiali prigionieri contro è superiore a qualsiasi descrizione. Ho naturalmente
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rappresentato i loro lamenti ai rispettivi Comandanti, i quali cercano di giustificarsi osservando che non è possibile di fare ai prigionieri nemici, per ciò che riguarda il vitto, gl'indumenti, il riscaldamento, ecc., una situazione migliore che alle popolazioni della civili della Germania, che pure soffrono per la deficienza di nutrimento e di indumenti. Pur ammettendo ‒ sia tali difficoltà interne, p sia anche la ben comprensibile eccitazione e nervosità dei poveri prigionieri, ho tuttavia fatto notare rilevato specialmente ai due suddetti ufficiali del Ministero della Guerra, l'enorme interesse politico che ha la Germania di trattarli nel miglior modo possibile. Essa, infatti, ha già abbastanza nemici nel mondo per potersi prendere il lusso di aumentarne il numero; ora se i centotrentamila prigionieri italiani torneranno dopo la guerra in patria
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coll'odio nel cuore contro la Germania, questa, che pure desidera per tanti interessi ristabilire buone relazioni coll'Italia, avrà ivi altrettanti nemici irreconciliabili nemici, oltre i loro parenti, i loro amici, ecc. Ho notato infine che, malgrado le difficoltà suaccennate, con un poco di buon volere si può riuscire a non esacerbare l'animo dei prigionieri, ed ho citato all'uopo l'esempio di Ellwangen, ove, essendovi un Comandante, le cose procedono assai meglio.
Le visite ai prigionieri italiani rappresentano per un nunzio una missione estremamente difficile e delicata. Da una parte, infatti, i prigionieri medesimi si lamentano con parole spesso fiere assai forti di protesta contro i maltrattamenti veri, o immaginari, e il nunzio non solo non può contraddirli, ma deve mostrare di compatirli e promettere di adoperarsi nei limiti del possibile a loro favore; dall'altra egli è seguito continuamente da uno o più
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ufficiali tedeschi, i quali conoscono bene la lingua italiana e fungono perciò sul campo da interpreti, e che sono tutti orecchie per udire ogni parola della conversazione, il che richiede naturalmente una somma circospezione prudenza nella conversazione stessa ed impedisce di dare ai prigionieri maggiore soddisfazione. Soltanto più tardi ho saputo che il Ministero della Guerra di Berlino aveva permesso che io parlassi coi prigionieri senza testimoni, e qualora ciò fosse stato a mia conoscenza, io avrei cortesemente pregato, specialmente a Celle, cortesemente pregato il Comando di levarmi d'attorno i noiosi gli importuni interpreti, sebbene debba anche riconoscere che in questo caso vi sarebbe stato il pericolo che io venissi sospettato di aver eccitato i prigionieri ovvero ordito chi sa quali trame con loro. Essendosi invece udita ogni mia espressione, resta eliminata eliminato tale eventualità, pericolo, e così, ad
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eliminato tale pericolo, e così, ad esempio, come ho saputo confidenzialmente, il Comando di Halle, ha potuto rilevare con soddisfazione che le mie parole hanno avuto soltanto scopo caritativo e sono state immuni da qualsiasi intento politico.
I lamenti e i desideri , che i prigionieri esprimono al nunzio, sono già stati generalmente da loro più e più volte presentati al Comando, e spesse volte è anche intervenuta la Potenza protrett po protettrice. Si tratta quindi di domande irra pur troppo irraggiungibili ‒ e ciò rende pure assai penosa la missione del nunzio, il quale vorrebbe che la sua visita per fosse più praticamente proficua agli infelici prigionieri. Tuttavia ho cercato fatto del mio meglio per ottenere qualche miglioramento, e spero che il Signore si degnerà di benedire questi miei sforzi. Inoltre la stessa visita fatta
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nel Nome Augusto del S. Padre, qualche soccorso elargito ai prigionieri e l'interessamento dimostrato a loro riguardo sono già di grande conforto per per i prigionieri, i quali non mancano mai di esprimere tutta la loro commossa riconoscenza verso il la paterna sollecitudine di Sua Santità. Aggiungerò anzi che, siccome le note raccomandazioni "per un trattamento di favore e per speciali riguardi" non hanno e non possono avere quasi mai alcuna efficacia, (non essendo possibile ai Comandanti di fare delle parzialità a favore di questo o di quel prigioniero ), questo delle visite è l'unico mezzo per confortare ed aiutare i prigionieri e far loro comprendere ed apprezzare la nobilissima opera della S. Sede nel pres del S. Padre.
Una t ale paterna sollecitudine dell'Augusto Pontefice riesce poi tanto più cara al cuore degli italiani, in quanto che essi
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(come ho potuto dovunque constatare) si sentono abbandonati dalla loro patria. I francesi, ad esempio, ricevono moltissimi pacchi di viveri non solo dalle loro famiglie, ma anche dai vari Comitati di soccorso, di guisa che non vi è alcuno che rimanga senza soccorso. Gli italiani invece, le cui famiglie o sono povere o si trovano nei paesi occupati, non hanno aiuto di sorta (salvo quel pochissimo che possono loro fornire i Comitati formatisi nei vari campi), e quindi si trovano nella più squallida miseria, e molti moralmente umiliati e depressi di fronte ai prigionieri delle altre Nazioni. È perciò che tu dovunque gli italiani mi hanno pregato di far conoscere al loro Governo mediante la S. Sede questa tristissima situazione, affinché vi sia posto sollecitamente rimedio. La Gli alimenti, infatti, che ricevono dal Comando tedesco, sono senza dubbio insufficiente, né vi è speranza di poter ottenere di più un aumento, perché le Autorità dicono che
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esse non possono dare ai prigionieri per la ragione che ho già più sopra accennatao, vi è speranza di poter ottenere di più. Quanto agli indumenti, avendo appresso [sic] nel campo di Minden che ai soldati italiani, allorché furono fatti prigionieri, vennero di es tolti ne domandai spiegazione al Maggiore Richter, ed egli mi rispose che, secondo la Convenzione dell'Aia, le uniformi degli ufficiali sono proprietà dei medesimi, mentre quelle dei soldati sono preda di guerra, e quindi possono essere loro prese dallo Stato che li ha catturati. I soldati medesimi, giunti al campo, ricevono un vestito, naturalmente secondo le condizioni del paese, e quelli che vanno a lavorare in vari Kommando ne hanno un secondo. Il Checché sia di ciò, certo si è che i poveri prigionieri italiani hanno urgente bisogno, che lo Stato od i Comitati di soccorso inviino
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loro ves vestiti e calzature uniformi, biancheria e calzature; altrimenti molti di loro resteranno irrimediabilmente rovinati nella salute e non pochi anche moriranno . I pochi Le maglie e calze di lana, che io ho potuto distribuire a nome del S. Padre, sono state ricevute con indescrivibile riconoscenza, ma esse non hanno pur t p trop potuto [ein Wort unlesbar] che un troppo piccolo numero di infelici. Se la S. Sede potrà richi far presente a chi di dovere tale condizione di cose, si guadagnerà un nuovo titolo di benemerenza nel sollevare le mis le sofferenze dei poveri prigionieri.
Mi permetto infine, al termine di questa parte generale, di trascrivere qui appresso lo schema del piccolo discorso da me pronunziato nei rivolto ai prigionieri nei vari campi:
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"Se io non mi trovassi fra voi che come vostro connazionale, sentirei già in quest'ora il mio cuore riempirsi d'ineffabile commozione. Ci unisce il ricordo soave della diletta patria lontana; ci unisce il cocente desiderio nostalgico della bella Italia, da cui vi separò non la viltà, che non alberga in cuore italiano, ma le aspre vicende della guerra.
Tuttavia ancor più mi commuove il pensiero che son qui venuto come rappresentante della più alta Potestà morale della terra, di Benedetto XV, Pontefice Romano, Padre comune dei popoli, spirito largo e penetrante, cuore alto e generoso, che, in mezzo agli strazianti orrori ed alle rovine che desolano il mondo, agita fra le genti in lotta la fiaccola della carità, lenisce i dolori ed ai prigionieri dedica con costante predilezione e con delicata mano paterna le Sue benefiche cure. Quante volte, allorché lavoravo in Roma presso di Lui, io fui colpito nel costatare fino a qual punto Egli spingeva la Sua sollecita tenerezza per i prigionieri! Ed ora m'invia a voi per distribuire nel Suo Augusto Nome ai più bisognosi, senza distinzione di religione né di partito politico, un immediato soccorso, e per annunziare il prossimo arrivo a ciascuno indistintamente di un pacco di viveri, come simbolo di amore e per nostri sostegno dei vostri corpi, ma soprat-
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tutto per far discendere, a protezione delle anime vostre, i conforti e le benedizioni del Cielo.
Sì, o Signore, Dio degli eserciti, Padre onnipotente e buono, Che con misterioso ma soave provvidenza dirigi gli avvenimenti umani e della virtù sei fonte e premio immortale, Tu vedi questi Tuoi prodi figli, questi fiori della giovinezza italica, che nel compimento del loro dov dovere lottarono da eroi, soffrirono sereni, e adesso, pur nel dolore dell'esilio, pur nell'amarezza indicibile della separazione dalle loro care famiglie solitarie e gementi, attendono, ansiosi ma calmi, l'ora della liberazione. Tu dunque li benedici, o Dio benefico, nella larghezza infinita della Tua bontà, Tu esaudisci le loro aspirazioni e le loro preghiere, Tu proteggi la loro virtù e la loro fede, Tu fa sì che la prigionia non snervi il vigore delle loro forze, ma affini nei loro cuori come fuoco purificatore la vivezza del sentimento cristiano. E poi, quando sarà giunto il sospirato momento dalla volontà Tua benedetta prefisso, Tu li riconduci nella dolce Italia, che la Mano Tua carezz carezzò coll'incanto delle naturali bellezze, e ove il genio umano, che Tu creasti e che Tu ispiri, profuse i tesori più sublimi e più gentili dell'arte; Tu là li riconduci, fra le braccia dei loro cari, all'ombra fida dei tempii maestosi o delle soavi chiesuole del villaggio, ove essi impararono a pregare, ove appresero a considerar la vita terrena come un breve passaggio verso la futura più felice e più vera; Tu là li riconduci, sempre giovani nell'affetto, sempre fervidi nella carità, sempre più pronti a servire servir la loro patria e Te sopra ogni cosa, o Dio sommo, a Cui sia lode e onore e gloria pei secoli."
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Campo di Halle a. S.
Partito da Monaco il 17 sera, giunsi la mattina seguente ad Halle a. S., città st eminentemente protestante, chiamata perciò la "Roma protestante" o la "città di Lutero", ove nessun nunzio apostolico aveva mai messo piede, almeno dopo la Riforma. Fui ricevuto alla stazione dal parroco militare cattolico, decano Heddergott, e, alle celebrata la S. Me alle ore 10 mi recai a visitare celebrata la S. Messa nella cappella delle Suore grigie di S. Elisabetta, mi recai subito alle ore 10 a visitare il campo, ove rimasi fin quasi all'una pomeridiana. Si trovano ivi internati, circa cinquecento prigionieri italiani, fra cui circa quattrocento venti ufficiali ed ottanta soldati. I sacerdoti sono in numero di dodici. Dopo aver visitato la cappella graziosamente dipinta da un prigioniero, fui condotto alla sala della mensa, addobbata per la circostanza con fiori nastri e fiori, e là, sopra un
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un [sic] palco, indirizzai ai prigionieri ivi radunati le parole analoghe a quelle sopra riferite. Rispose ringraziando con belle espressioni improntate a sentimenti di fede e di gratitudine, il Maggiore Bertolotto, primo per rango fra gli ufficiali del campo. Visitai poi il lazzaretto, la cucina, qualche dormitorio, ecc., e finalmente distribuii ai più poveri n nel Nome Augusto del S. Padre alcun ai più poveri (indicatimi dall'ottimo capitano medico Dr. Spanio) alcuni indumenti di lana e lasciai pure per soccorso dei più bisognosi la somma di Marchi 1000 e per i sacerdoti Marchi 200.
Durante la visita, udii dai prigionieri molti e gravissimi lamenti circa il trattamento loro fatto dal Comando tedesco. Essi hanno specialmente sofferto a Rastatt, ove furono concentrati al principio della loro prigionia, e vennero lasciati mal nutriti, spogliati, e spesso anche battuti. Particolarmente triste è poi, sempre secondo le affermazioni dei prigionieri stessi, la sorte dei soldati semp
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semplici, che sono mandati a lavorare nelle miniere ed an al fronte occide occidentale, e i quali ritornano poi al campo in così misere condizioni, che la loro salute deve considerarsi come rovinata per sempre.
Non meno vive, tuttavia, furono le lagnanze contro il Governo italiano (il quale, a differenza della Francia e dell'Inghilterra, nulla ha organizzato a favore dei prigionieri bisognosi), e contro la Croce Rossa italiana. Vari ufficiali mi hanno asserito che i pacchi, i quali arrivano in Germania, non vanno perduti (come, del resto, li ricevono i francesi e gl'inglesi), ma la causa della dispersione deve ricercarsi in Italia. Essi desiderano che la Santa Sede faccia conoscere
Mi sono poi stati espressi molti desideri e domande particolari, che non ho mancato di raccomandare alle competenti Autorità germaniche.
In modo particolare mi sono finalmente trattenuto col Sottotenente Vincenzo Nitti, e gli ha buon aspetto e mi ha
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ringraziato per l'interesse preso a Suo riguardo. Con vivaci parole ha mosso deplorato il ca cattivo trattamento, cui soggiacciono i prigionieri nel campo di Halle, e che rende più cruda la già triste loro situazione. Gli ho detto che avevo ottenuto il suo trasferimento ad Ellwangen, ma egli mi ha risposto di aver preferito, pur con suo sacrificio, di rimaner là, per aiutare e proteggere i suoi compagni di cattività.
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Campo di Celle (Hannover)
Fu da me visitato il Venerdì 20 corrente. È il più grande campo di ufficiali italiani in Germania, f trovandosi internati in numero di circa tremila, e fra loro i due generali Fochetti e Pisani (parente di Mons. Pisani, al quale desidera di essere ricordato). Vi è stata costruita una bella ed abbastanza ampia cappella, ove feci innan nella quale al mio arrivo, dopo le solite present presentazioni, fui innanzi tutto introdotto ed ove dopo aver tenuto un discorso ai prigionieri ed impartii la benedizione col Santissimo. Parlai poi di nuovo all'aperto; alla fine delle mie parole vi furono grida di "Viva l'Italia!". visitai quindi il lazzaretto, la sala di lettura, il teatro, qualcuna delle baracche coi letti, ecc. Qui, ancor più che ad Halle, ho inteso fiere parole di lamento malcontento contro il trattamento fatto ai prigionieri modo infame (così lo ha qualificato il Generale Fochetti), con cui vengono trattati i prigionieri italia-
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ni; essi porteranno sempre nel cuore l'odio contro la Germania! Alcuni mesi fa le guardie tedesche, temettero, sembra senza fondamento, una sommossa nel campo, e un ufficiale italiano venne da esse ucciso quasi a bruciapelo; il che produsse vivissima indignazione nei compagni. Speciali lamenti ho inteso, per l' insufficiente alimentazione, per la mancanza d' illuminazione e di riscaldamento nelle baracche, perché queste sono troppo strette e gli ufficiali vi si trovano eccessivamente accalcati, perché i letti sono cattivi e sudici (allorché io chiesi di visitare una di dette baracche, un ufficiale gridò: Attento ai pidocchi!). Le Autorità tedesche, a cui non mancai di rappresentare cortesemente tali aggravi, si scusano dicendo che pur troppo non possono fare di più, che anche le popolazioni civili tedesche soffrono egualmente, che manca il carbone, che fa difetto la lana per le materasse e si è quindi dovuto ricorrere a un surrogato. Per portare qualche rimedio a tali inconvenienti, e avendo notato quale importanza i prigionieri davano al riscalda-
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mento delle baracche , ho offerto al Ministero della Guerra di Berlino, di pagarne le spese, (le quali spero resterebbero almeno in gran parte coperte dal residuo del noto fondo); ed essi mi hanno promesso di esaminar la cosa con premura e di comunicarmi poi la decisione. Incaricai inoltre il Generale Fochetti di distribuire ai più bisognosi alcuni indumenti di lana, e lasciai duemila marchi per i prigionieri più poveri e trecento per i sacerdoti ivi internati. Ai sacerdoti ed ai seminaristi del campo, che feci insieme riunireti raccomandai vivamente la pietà, la disciplina, il buon esempio, facendo loro intendere quale importante mis apostolato essi debbano esercitare in mezzo ai prigionieri loro compagni .
La ristrettezza del tempo e la sorveglianza continua degl'interpreti non mi permise di trattenermi col Generale Fochetti come questi avrebbe forse desiderato ; ciò nondimeno, egli poté espormi almeno i principali suoi desideri e mi pregò particolarmente di portare a conoscenza delle Autorità italiane per il
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i seguenti punti, che l'E. V., se lo giudicherà opportuno, potrà comunicare alla medesima:
1°) occorre soccorrere sollecitamente i tubercolosi facendoli rimpatriare ed intanto inviando loro sollecitamente del latte dalla Svizzera.
2°) occorre che il Governo italiano provveda ad a spedire ai prigionieri uniformi militari e calzature, ed inoltre (per ciò che riguarda il campo di Celle) viveri almeno per un centinaio.
3°) è necessario in modo speciale provvedere ai prigionieri appartenenti ai territori italiani invasi, mandando loro viveri e vestiti, perché essi nulla ricevono dalle famiglie.
4°) sono state erett istituite nel campo scuole per studenti e per soldati, è stato me si sono formate piccole orchestre, un teatro, ecc., tutto a cura ed a spese degli italiani. "Quanto qui vi è di buono (ha concluso il Generale) è opera nostra. Desidero che il nostro Governo lo sappia."
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Come già nel campo di Halle, ho procurato anche qui di racco soddisfare vari desideri espressimi da singoli prigionieri, e ho fatto venire a me, per trat quelli che erano stati più particolarmente raccomandati dalla S. Sede com tra questi mi sono più con premurosamente intrattenuto col Tenente Pio Taliani (il quale ha florido aspetto, mi ha ricevuto i pacchi da me inviatigli e mi ha incaricato di salutare l'E. V. e di far sapere all'E. alla famiglia che ha bisogno di un paio di scarpe) ed al tenente Arnaldo de Paolis, parente del Comm. Costa, il quale pure sta ora bene.
Campo di Minden (Westfalia)
Domenica 22 corrente ( ho visitato il campo di Minden, ove si trovavano il in quel momento circa cinquecento soldati italiani, essendo molti altri (appartenenti al campo medesimo) dispersi nei vari Arbeiterkommandos Comandi per i lavori. Furono tutti riuniti in
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una baracca, ove parlai loro e poi distribuii indumenti di lana ai più po bisognosi. Pur troppo la difficoltà fu nella scelta. Salvo qualche rara eccezione, tutti erano miserabili, laceri, senza camicia, senza calze, senza scarpe, con semplici zoccoli di legno. Uno s pettacolo desolante! e tanto più triste, in quanto che nello stesso campo si vedevano i prigionieri francesi ed inglesi convenientemente vestiti e nutriti! Molti poi di questi poveri soldati (come mi fu detto) sono mandati a lavorare al fronte, ove, oltreché essere esposti ai pericoli della battaglia, rimangono ancor più rovinati nella loro salute. Tuttavia, malgrado tante miserie e tante sofferenze, si mostrano calmi e rassegnati, e generalmente, secondo che mi hanno assicurato i due cappellani tranquilli; si direbbe che, fiaccati dall'indebolimento fisico, non hanno più forza di reagire e deperiscono e muoiono quasi incoscientemente [sic]! In generale, poi, secondo che mi hanno assicurato i due cappellani italiani, sono buoni e frequentano le pratiche religiose.
Anche qui ho lasc lasciato al Comitato di soccorso Marchi mille. Una maggior somma (mi ha assicurato il Presidente) sarebbe stata
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inutile, perché i prigionieri non possono comprare né viveri né vestiti; di quel danaro, che hanno ricevuto con mia riconoscenza, si serviranno per le spese necessarie nel loro cimitero.
Ho raccomandato al Comandante del Campo vari desideri dei prigionieri medesimi, e mi è stato promesso che saranno presi in benevolo esame. Ho chiesto di parlare con alcuni, dei quali la Santa Sede si è particolarmente interessata, trattenendomi in modo speciale col soldato Di Maio Luigi, che sta in buona salute e a cui ho dato qualche indumento di lana.
Avendo poi appreso che nello stesso campo si trovavano anche prigionieri francesi , mi sono interessato anche di loro chiamando a me i cinque cappellani ed il Presidente del Comitato di [em] soccorso francese. A questo anzi ho offerto una oblazione in danaro; ma egli, pur ringraziandomi calorosamente, mi ha assicurato che i suoi connazionali internati in quel campo non ne abbisognano.
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Campo di Münster (Westf.)
In Münster vi sono tre separati campi di prigionieri, distanti l'uno dall'altro. Per facilitare la mia vis Comandanti del Campo I e II sono due buoni cattolici, ossia il Gen Maggior Generale Nutten e il Maggior Generale Barone Raitz von Frentz; quest quest'ultimo porta con orgoglio la Croce pro Ecclesia et Pontifice. Per facilitare la mia visita furono radunati Lunedì 23 corrente tutti i prigionieri italiani nel Campo I, ove mi recai accompagnato dal Maggiore Richter e dall'ottimo Cappellano militare tedesco sac. Francken, Vicerettore del Seminario di Münster. Il giorno seguente, poi, per espressa e viva domanda del sullodato Barone Raitz von Frentz, visitai anche il Campo II, ove egli volle anche offrire una colazione in mio onore. Debbo dire per la verità che, sebbene anche qui, per le ben note ragioni, la nutrizione il vitto fornito ai prigionieri del Comando sia insufficiente, e quindi sia necessario l'invio
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dall'Italia di viveri e di vestiti, tuttavia, grazie ai sentimenti di carità cristiana carità che animano i due Comandanti suddetti, il trattamento può dirsi buono, come mi hanno espressamente attestato anche gli ecclesiastici francesi internati nello stesso negli stessi due campi che credo possano dirsi se i quali sono senza dubbio i migliori per semplici soldati fra tutti quelli da me visitati in Germania. Tutto è bene ordinato, le baracche da dormire, le baracche da lavoro, la cucina, il bagno, ecc. I prigionieri hanno messo su una buona orchestra, che suonò per la circostanza vari pezzi di musica, fra i quali ammirabile uno eseguito da un violoncellista dell'Opera di Parigi. Distribuii, come al solito, dopo il consueto discorso, ai prigionieri italiani più bisognosi gl'indumenti di lana e diedi complessivamente 1200 marchi per i Comitati di soccorso dei tre campi; elargii pure duecento marchi ad ognuno dei cappellani francesi dei Campi I e II, che mi richiesero
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un'elemosina per le loro cappelle, in una delle quali parlai ai prigionieri francesi ivi riuniti.
Qualche desiderio manifestatomi dai prigionieri stessi venne da me raccomandato ai rispettivi Comandanti, e subito esaudito. Così ho avuto la promessa che non solo due seminaristi (uno di Milano e l'altro di Tortona) saranno inviati quanto prima all'erigendo Seminario di Tauberbischofsheim, ma altresì che un cappuccino venga internato nel convento del suo Ordine a Münster; che un seminarista belga (a cui tale favore era stato finora negato) venga mandato al Seminario per i francesi in Limburg; che vengano eseguiti alcuni miglioramenti nella cappella italiana del Campo II; che siano migliorati nel Campo stesso i letti per i prigionieri italiani, ecc.
Malgrado ciò, anche qui pure, come ho già avuto l'onore di accennare, è urgente il bisogno di soccorrere i prigionieri italiani più indigenti, indi i cui nomi
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l'E. V. potrà trovare indicati nelle liste, che, mi permetto di trasmetterLe qui accluse.
In particolare, poi, i prigionieri ita italiani del Campo II mi hanno pregato di far conoscere alle competenti Autorità quanto segue: i seguenti loro desideri:
1°) Invio dall'Italia di soccorsi per gli ammalati ricoverati nell'infermeria, negli ospedali e lazzaretti, ‒ per coloro che si trovano ai Comandi di lavoro e sono privi di aiuti da parte delle loro famiglie, ‒ per quelli che appartengono ai territori occupati, – per coloro che sono affetti da tubercolosi.
2°) Spedizione di indumenti per la prossima stagione invernale.
3°) Invio di sillabari, libri di lettura elementari e quaderni per ad uso della scuola per analfabeti. istituita nel campo, come 4°) pure di commedie, farse e canzonette per la piccola società teatrale ivi egualmente creata allo scopo di sollevare lo spirito dei poveri prigionieri.
4°) Migliorata la spedizione dei pacchi
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della Croce Rossa Italiana, i quali o non giungono o giungono con tale ritardo, che specialmente il pane arriva il più delle volte ammuffito.
5°) Rendere più regolare il servizio postale fra i prigionieri e le loro famiglie.
Infine mi permetto di rimettere qui uniti, come saggio, il i biglietti e le monete in corso nel Campo di Münster II. Ai prigionieri, infatti, non viene permesso di ritenere i marchi la moneta corrente, per timore che se ne servano a scopo di fuga, ma essa viene subito cambiata in in ogni campo in danaro, , che non ha valore se non nei singoli campi.
Campo di Ellwangen (Württemberg)
Passando attraverso Colonia, ove feci la già da tanto tempo promessa, all'Eminentissimo Signor Cardinale von Hartmann, il quale mi accolse con segni della più grande benevolenza e mi pregò di umiliare al S. Padre i sentimenti della sua filiale devozione, – giunsi Venerdì mattina 27 corrente
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nella graziosa cattolica città di Ellwangen (Württemberg), chiamata la "Roma sveva". Ricevuto alla stazione dall'ottimo Mons. De Keppler, Vescovo di Rottenburg, venuto colà appositamente, dal Comandante del campo dei prigionieri, Sig. Barone von Gemmingen, egregio cattolico, dal parroco locale sac. Staudenmaier, di cui fui ospite, e salutato da grande concorso di popolo, che s'inginocchiava al mio passaggio per le vie imbandierata con vessilli dai colori pontifici, e citta ho celebrato la S. Messa nella chiesa parrocchiale, mi recai subito al campo dei prigionieri, accompagnato dal sullodato Vescovo. Era ad attendermi il suddetto comandante col coi suoi aiutanti, e poi, all il Generale Farisoglio, che colle lagrime agli occhi mi diede il benvenuto a nome dei prigionieri. Visitata la cappella, io fui condotto nella sala della mensa, ove parlai agli ufficiali, interrotto da prolungate ovazioni. Rispose ringraziando commosso il Generale summenzionato, e quindi, visitati i principali locali del campo, ricevetti fino alla sera
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i molti prigionieri, che o furono da me chiamati, perché in modo particolare raccomandati dalla S. Sede (fra cui mi permetto ricordare il Marchese Tenente Giovanni Patrizi, l'Aspirante Ufficiale Conte Giovanni Chiassi, il Marchese Tenente Ludovico Poschi Meuron, il Tenente Conte Ranieri della Gherardesca, il Tenente Colonnello Alberto Mazzino, il Capitano Ubaldo Galeotti, il Tenente Vincenzo Vedovi, il Sottotenente Ferdinando Coddì, il Sottotenente Virgilio Signori, il Sottotente [sic] Faustino Vita, ecc. il Tenente Umberto Mantovani, ecc.) o chiesero essi stessi di parlarmi. Ebbi da loro naturalmente uno straordinario numero di svariate domande, alcu così di ordine generale (presentatemi specialmente dal Generale Farisoglio e dal Colonnello Porro, che s'intrattennero con me lungamente), come di indole personale. Esse sono state tutte da me vivamente raccoma Di tutte mi sono vivamente interessato, presso il Comandante del Campo o presso le Autorità centrali di Berlino, mentre che alcune poche, le quali debbono essere espletate in Italia for-
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meranno oggetto di un mio separato Rapporto all'E. V. Debbo riconoscere tuttavia che nonostante le lagnanze e i reclami, i quali mi sono stati anche qui avanzati, è questo, il migliore dei campi di per ufficiali prigionieri ita, da me finora visitati in Germania.
Distribuii, come al solito, ai più bisognosi gli indumenti di lana e lasciai per i prigionieri poveri la somma di Marchi mille.
Alcuni ufficiali, appartenenti a società cattoliche italiane, mi consegnarono un omaggio di devozione e di riconoscenza verso il S. Padre, che qui accluso mi pregio inviare all'E. V. con preghiera di volerlo rassegnare nelle Auguste Mani di Sua Santità.
La mia partenza dal Campo fu accompagnata dai calorosi applausi degli ufficiali prigionieri. Il giorno seguente lasciai Ellwangen alla volta di Monaco, ove son giunto stamane circa le ore 7.
Dopo di ciò
1Datum hds. von Pacelli korrigiert aus "29 Settembre 1918".
Recommended quotation
Pacelli, Eugenio to Gasparri, Pietro from 30 September 19181, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', document no. 3155, URL: www.pacelli-edition.de/en/Document/3155. Last access: 01-06-2024.
Online since 20-12-2011.