Betreff
Sul sacerdote Prof. Giovanni Hessen
Non appena mi pervenne
il venerato Dispaccio N. 944/25 in
data del 27 Luglio scorso, mi rivolsi, senza
indugio
al Revmo Mons. Poggenburg,
Vescovo di Münster, richiamando la di lui attenzione sulla necessità ache la
proibizione già emanata di due libri
del
Sac. Prof. Giovanni Hessen venisse estesa anche agli
altri
alle agli scritti dello stesso Autore, non meno erronei e perniciosi
di quelli già condannati. Feci notare anche al sullodato Vescovo che la condanna delle due Curie diocesane
di Colonia e di Münster era stata non aveva
cagionato nella pubblica opinione alcuna agitazione, il che faceva
sperare che la suaccennata estensione non avrebbe
incontrato troppo gravi difficoltà.
D'altra parte, l'Eminentissimo Signor Cardinale
Prefetto della S. Congregazione dei Seminari e delle Università mi comunicò al tempo
stesso che dopo l'anzidetta condanna il men-109v
zionato
Professore non avrebbe poteva continuare ad insegnare e doveva quindi lasciare
la cattedra. Per questo secondo punto mi rivolsi all'Eminentissimo Signor Cardinale
Schulte, Arcivescovo di Colonia, al quale feci poi
parimenti conoscere che ben
comprendevo le difficoltà che potrebbero incontrarsi incontrarsi per raggiungere tale
intento, massime se il Prof. Hessen non volesse lasciare volontariamente l'insegnamento, ma
che tuttavia ben minori esse sarebbero, massime soprattutto in vista delle pendenti
trattative concordatarie, se un siffatto provvedimento partisse come
di propria iniziativa
dell'Autorità
vescovile
locale, anziché dalla S. Sede, secondo che aveva
dimostrato la calma con cui il pubblico aveva accolto la condanna dei due scritti del
sacerdote medesimo.
L'Eminentissimo mi rispose con Foglio del 14 Agosto che egli
divideva pienamente tale modo di vedere; non nascondeva tuttavia gli ostacoli che si
opponevano al raggiungimento del desiderato fine, essendo da temere che il l'Hessen
non avrebbe rinunciato volontariamente alla cattedra.110r
D'altra parte, poiché egli è membro di una Facoltà laica (vale a dire della
Facoltà filosofica e non della
teologica), l'Amm la Direzione dell'Università ed il Governo, secondo tutte le
esperienze già fatte in simili casi, non si sarebbero curati di una eventuale disubbidienza
contro i provvedimenti dell'Autorità ecclesiastica, ma lo avrebbe
piuttosto trattato come
funzionario dello Stato e preso
quindi
la di lui difesa. come Pensava quindi che la miglior
via sarebbe che il Revmo Vescovo di Münster, alla cui diocesi appartiene, gli
ritirasse il permesso di dimorare in Colonia e lo richiamasse alla diocesi, cui egli
appartiene.
Con posteriori
lettere del 1° Settembre e poi più ampiamente con Foglio del
26 Ottobre l'Eminentissimo Arcivescovo
mi comunicava ulteriormente come in base agli atti
esistenti in quella Curia arcivescovile egli aveva tolto al detto Professore sino a nuovo
ordine
per il territorio dell'Arch la facoltà di esercitare qualsiasi funzione sacerdotale
nel territorio dell'Archidiocesi di Colonia. Con susse-110v
guente f Foglio però del 26 Ottobre egli mi partecipava che,
er
essendo i
detti
summenzionati Atti incompleti, era stata necessaria una revisione dei summenzionati
Atti. Essi si riferivano principalmente
la condotta sacerdotale dell'Hessen e
soltanto raramente cose, le quali rendevano sospetta la di lui fede. Vari testimoni, le cui
deposizioni sarebbero state assai importanti, non avevano potuto essere interrogati, mentre
le deposizioni sfavorevoli di varie donne avevano dovuto essere prese con la massima
riserva, giacché l'affermazione dell'Hessen, trattarsi di persone isteriche, è era
stata confermata da altri testimoni degni di fede. L'Eminentissimo aggiungeva che, come
aveva scritto al Revmo Mons. Poggenburg, con il era impossibile il proseguimento presso la Curia di Colonia
della inchiesta dovendo invece la causa Hessen,
la cui parte più importante rimaneva al presente
la inquisizione de fide orthodoxa, essere condotta
venir prontamente e definitivamente decisa dalla Curia di Münster; notava tuttavia che
questa, malgrado le sue ripetute premure, aveva sino allo ad allora esitato a
ritirare il permesso concesso già all'Hessen di dimorare in Colonia
a causa dell'insegnamento, mentre che un
tale111r
provvedimento o almeno la minaccia del medesimo erano,
a suo avviso, giustificate dal fatto che alcuni suoi libri erano stati condannati
e che l'autore egli non si era era mosso
affatto né in seguito alla pubblicazione della condanna né dopo la notificazione a lui
data a lui data della medesima.
In considerazione di ciò, ed anche perché non
avevo tuttora ricevuto alcuna risposta alla
succitata
lettera
del 2 Agosto, mi indirizzai nuovamente al Revmo Mons.
Poggenburg, pregandolo di informarmi sullo stato della questione. Egli mi rispose allora
colle
coi fog colle lettere in data dell'8 e del 19 Novembre, che l'E. V. troverà
qui accluse tradotte in italiano insieme ai relativi Allegati. Da esse risulta che,
avendo l'Hessen
adempiuto,
le condizioni impostegli, in quanto era
possibile,
presentemente,
le condizioni impostegli,
tanto l'Ordinario di Münster quanto
quello di Colonia avevano revocato la inflittagli sospensione. Scrissi allora nuovamente all'Eminentissimo
Sig. Cardinale Schulte, chiedendogli spiegazioni
circa
tale revoca
111v
ed in particolare domandandogli se egli
continuava ad insegnare. Egli
mi significò con foglio del 3 Dicembre che, dopoché
il Vescovo di Münster aveva
tolto la sospensione e lo aveva
pregato a fare lo stesso p per Colonia, aveva dovuto,
se non si voleva che la
situazione divenisse del tutto confusa, acconsentirvi.
Soggiungeva che il detto Professore
proseguiva come prima a tenere le sue lezioni in quella
Università, e terminava: "Anche in considerazione delle mie degli inutili
sforzi da me fatti sinora, debbo confessare che per il momento non vedo alcuna via
possibile per allontanare, senza alcun modo, con cui si possa, senza dar luogo a
spiacevoli ed inopportune discussioni nel pubblico, allontanare dalla cattedra l'Hessen, il
quale, a mio parere, non rinunzierà volontariamente".
È mio dovere di riferire altresì
che l'Hessen nello scorso anno - a dire il vero, però, prima
dell'anzidetto atto di sottomissione - ha pubblicato un nuovo libro di 291 pagine
intorno al principio di causalità "Das Kausalprinzip") presso la Casa editrice
Benno Filser in Augsburg (Baviera)
(Baviera).
Esso porta
l'Imprimatur di quella Curia ve-112r
scovile in data del
25 Novembre 1927.
Dall'esame,
che
mi è stato possibile di fare
d
di
detta opera, sembrami, se pur non mi
inganno, che la medesima
contenga gravi errori in questioni fondamentali della
filosofia gravi errori, che l'autore, sostiene
in opposta opposizione colla dottrina scolastica
del medio evo e del nostro tempo. Già nella prima parte
storica (Historischer Teil) del suo scritto egli mostra chiaramente quale sia la sua
tendenza. L'Hume viene da lui qualificato come il "classico
del problema della causalità", "egli ha infatti (così si esprime
"per primo chiaramente compreso il problema contenuto nel concetto della causalità e lo ha fatto oggetto di
una accurata indagine" (pag. 30). L'Hessen approva la critica dell'Hume al principio di causalità:
"Contro
queste obbiezioni critiche dell'Hume,
scrive a pag. 44) torneremo a parlare nella seconda parte del nostro lavoro.
Allora vedremo che esse sono inconfutabili e perciò anche oggi rimangono giuste in tutta la
loro estensione". Parimenti Nicola d'Autricourt,
condannato da un Legato di
Clemente
VI
nel 1346,
viene lodato per le sue "acute ricerche sul principio
intorno112v
al problema della causalità, che gli hanno valso il
nome di 'Hume medievale'" (pagg. 30-31).
L'autore non sembra di non aver
compreso la dottrina scolastica dell'essenza della intorno alla conoscenza
intellettuale, deall'astrazione, al senso ed all'origine dei concetti
(pagg. 47-54), che egli respinge colla superficiale osservazione, essere essa fondata
sopra una ipotesi metafisica (pagg. 58 e 222). Colla stessa superficialità eg
l'Hessen considera la il realismo moderato
della dottrina aristotelico-scolastica circa gli
universali come un punto di vista ormai sorpassato (pagg. 184-186).
Per conseguenza "i nostri concetti universali
non sono rappresentazioni di entità oggettive, non hanno
alcuna correlazione nella realtà oggettiva, ma sono piuttosto da considerarsi come creazioni
del pensiero, come prodotti soggettivi del pensiero. Certo essi non vengono formati
arbitrariamente, ma hanno un punto d'appoggio nell'ordine reale delle cose, un fondamentum
in re" (pag. 186). Il senso della conseguenza logica e delle leggi del pensiero è
falsamente esposto (pagg. 16 e 200). L'autore intende di riprendere, completare ed
approfondire il pensiero fondamentale
della "deduzione trascendentale" di Kant (pag. 200).
Le leggi del pensiero non hanno, 113r
secondo lui, la il
loro fondamento in leggi metafisicamente necessarie dell'essere, ma sono soltanto "necessità
del pensiero" (pag. 206). Da ciò deriva
che "ciò che è impossibile per il nostro pensiero, non lo è
necessariamente anche per l'essere" (pag. 201 in nota). "L'evidenza oggettiva non può
essere, secondo lui, l'ultimo e definitivo criterio della
verità" (pag. 196 e segg.).
Posti
questi
principi
fondamentali sulla teoria della conoscenza, si comprende la
concezione dell'Hessen circa i primi principi e più specialmente circa il concetto ed il principio di causalità. - "Il
concetto di causalità non si acquista dall'esperienza" (pag. 17). La causa è "qualche
cosa, da cui deriva una necessità reale, qualche cosa che rende un'altra
necessaria"
(pag. 254), essa "porta l'effetto necessariamente con sé" (pag. 254;
cfr. pagg. 225 e 16).- Il principio di causalità non è evidente né immediatamente
né mediatamente (pag. 205), ma è "un postulato della ragione teo teorica". "Il
suo valore reale non si può né affermare con sicurezza
né113v
strettamente dimostrare ... Noi non possiamo dire:
un fatto senza causa è impossibile, ma soltanto: è per noi incomprensibile"
(pag. 227).
Poiché, secondo l'Hessen, "dipendenza causale significa sempre e dovunque necessità"
(pag. 257), così la libertà della volontà è soltanto possibile soltanto perché "rimane sempre la possibilità che si abbia un
avveni fatto non causale, che quindi nell'ambito dei fatti spirituali non valga
il principio di causalità". "Se il principio di causalità fosse immediatamente o
mediatamente evidente (dimostrabile), esso sarebbe assolutamente inconciliabile colla
po libertà della volontà". (pag. 264).
Una prova apodittica per la esistenza di Dio non si può derivare dal principio di
causalità. Essendo infatti i principi di causa
sufficiente e di causalità soltanto postulati, essi non
possono fornire una base
per detta prova (pagg. 276-277). Che anzi, anche
se i menzionati principi fossero siano
una necessità del pensiero e quindi adoperabili come base
di dimostrazione (pag. 277), non si potrebbe provare
l'esistenza di un Dio personale (pag.
277-283).114r
"L'idea di un Dio personale non si può mai
ottenere per mezzo di considerazioni puramente ontologiche, non si può mai dedurre dal
concetto dell'ens a se"
... L'applicazione del principio escatologico della causa
sufficiente del all'universo nel senso di una prova
dell'esistenza di Dio conduce piuttosto ad aporie, che non sono sino ad oggi state risolute
dai sostenitori di tale argomento" (pag. 283). Perciò l'Autore si richiama al metodo
eziologico-metafisico, per mezzo del quale egli in altri suoi scritti: Der Augustinische
Gottesbeweis (Münster 1920) e: Augustinus und seine Bedeutung für die Gegenwart (Stuttgart
1924) ha "cercato di p dimostrare una ultima assoluta realtà e di dare così alla
religione un fondamento razionale" (pag. 284 e nota).
Per venire ora alle
pro difficoltà opposte dal Revmo Vescovo
di Münster contro la estensione della condanna
vescovile agli altri scritti dell'Hessen, parmi che abbia meno
valore
valore
quella dello scarso risultato pratico,
che avrebbe avuto la prima condanna. Esso114v
si dovette alla
forma forse troppo blanda della proibizione medesima, alla
quale non fu dato [sic] poi nella stampa cattolica la necessaria diffusione con
opportuni commenti; d'altra parte, si trattava di libri, i quali, a differenza di quelli del
Wittig, non erano conosciuti e letti se non da un circolo assai ristretto di persone. Del resto, non appena l'Hessen fu colpito dalla
sospensione, non ha tardato a sottomettersi alla condanna, ed accettando le altre
condizioni impostegli; l'avvenire d mostrerà se tale suo atto è stato sincero. - Più
fondata parmi invece l'obbiezione desunta dal fatto che gli altri suoi scritti sono muniti dell'Imprimatur
dell'Autorità ecclesiastica; perciò oso di sottoporre subordina umilmente
all'E. V. il pensiero,
se non sarebbe conveniente
che cotesta Suprema indirizzasse, alla ris
almeno per ciò che riguarda la più recente opera dell'Hessen esaminata più sopra, una
sub secreto S. Officii una ammonizione alla Curia vescovile di Augsburg
rispettiva Curia vescovile, anche per indurla a ricercare
una forma di Augsburg, ed
la quale dovrebbe ritirare
il concesso Imprimatur, dopo di che nulla
osterebbe a che gli Ordinari di Colonia e di Münster condannino l'opera ste
medesima.
Quanto alla continuazione dell'insegnamento, sembra ora
sicuro
che egli
non rinunzierà
spontanea-115
mente,
come apparisce altresì dall'inciso della sua lettera
al Revmo Vescovo di Münster:
"La mia esistenza materiale, come pure il mio
posto all'Università non sarebbero messi in questione a causa del prolungarsi dei
conflitti". D'altra parte, trattandosi non
di una Facoltà
teologica, ma di una Facoltà
filosofica, l'Ordinario non avrebbe alcun modo per indurre le
autorità civili ad allontanarlo. a rimuoverlo. L'unica via possibile sarebbe
che il
Vescovo di Münster gli ritirasse il permesso di dimorare in Colonia e lo richiamasse in
diocesi, eventualmente sotto minaccia di sospensione in caso di disubbidienza; ma ad
un tale provvedimento penso che
parreb
difficilmente ora potrebbe
procedersi,
non riuscirebbe
non parrebbe facile di procedere
dopo la sottomissione dell'Hessen, finché
non consti
che egli ha mancato
è incorso
in nuove mancanze sia con o coi
suoi scritti, o sull'insegnamento o nella sua condotta sacerdotale.
Copia di questo rispettoso Rapporto è stato dal sottoscritto inviato al sullodato
Eminentissimo Signor Cardinale Prefetto della S. Congregazione dei Seminari e delle
Università, come pure all' all'Eminentissimo Signor Cardinale Segretario di
Stato115v
in esecuzione di un ordine generale ricevuto con
Dispaccio N. 1827/28 del 16 Aprile 1928.
Chinato
109r, oben mittig hds. von unbekannter Hand, vermutlich von einem Nuntiaturangestellten,
in blauer Farbe notiert: "C"; 115rv, links entlang des Textkörpers die Passage "Copia di
questo rispettoso Rapporto [...] 16 Agosto 1928" hds. in roter Farbe von unbekannter
Hand hervorgehoben.
Empfohlene Zitierweise
Pacelli, Eugenio an Merry del Val, Raffaele vom 26. Januar 1929, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 18493, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/18493. Letzter Zugriff am: 18.05.2024.