Dokument-Nr. 2000

Vertreter des litauischen Volkes: Memoriale dei rappresentanti del popolo lituano riguardante la petizione dei rappresentati di tutti i partiti polacchi della Lituania sulla unione statale della Lituania alla Polonia, 10. Juli 1917

Eccellenza!
I sottoscritti pregano l'Eccellenza Vostra di volere prestar benignamente ascolto alle manifestazioni che segue:
Nel numero 5 del "Biuletyn Wilenski", stampato a Vilna nel mese di maggio dell'anno 1917 e grandemente diffuso, trovasi una petizione dei "Rappresentanti di tutti i partiti polacchi della Lituania" al Cancelliere dell'Impero, nella quale dichiarano di mirar oggi ed in avvenire ad una unione statale della Lituania alla Polonia.
I sottoscritti rappresentanti del popolo lituano, valuterebbero la petizione polacca esclusivamente come una nuova prova del carattere aggressivo dell'imperialismo neo-polacco, riconosciuto da gran tempo anche in Germania, se essa non tradisse la tendenza di persuadere il governo tedesco, collo svisamento e lo spostamento dei fatti, ad abbandonare in futuro e per sempre il popolo lituano alle brame invadenti e
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colonizzatrici del nuovo Stato polacco.
In primo luogo è necessario chiarire il concetto che la parola "Lituania" rappresenta. La petizione dei polacchi intende per Lituania tutto il territorio occupato oggi dai Tedeschi e comprendente l'antico granducato di Lituania; il quale, secondo il modo di opinare dei Polacchi suddetti, formerebbe geograficamente ed economicamente, nonché per religione e civiltà, un'unità compatta. Se in questo territorio, al quale mancano assolutamente confini netti, si dovesse parlare di unità geografica, questa non potrebbe comprendere che la sua parte nordica, ossia il bacino del Memel popolato da Lituani. L'unità del territorio occupato si limita esclusivamente all'arrestramento economico che tutti i paesi caduti sotto l'influsso della cultura slava mostrano in contrasto coi territori della Prussia orientale e Curlandia.
Come dinanzi al forte cuneo ortodosso, cacciatosi fra il nord e il sudovest cattolico, si possa parlare di unità religioso-culturale, è incomprensibile. Se a tutto ciò si aggiunge che il territorio lituano a nord, compatto per lingua, è quasi completamente diviso dal territorio polacco a sudovest da una larga striscia popolata dai piccoli Ruteni e Ruteni bianchi, si comprende subito che l'unità del territorio consiste di qualità tutte negative.
I Polacchi affermano l'esistenza di questa unità, esclusivamente per togliere ai Lituani il diritto di svilupparsi in futuro liberamente e senza impedimenti nel territorio abitato dalla loro stirpe, affrancati dal dominio polacco.
Noi dobbiamo ritornare insistentemente ed energicamente su questo: che, in contrapposto alla pratica aggressiva e invadente dei Polacchi, i Lituani non aspirano affatto ai territori dell'antico Granducato di Lituania, e nemmeno all'intera
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parte occupata dai Tedeschi. I Lituani non stendono avidi la mano né sul territorio compatto polacco, né sul territorio dei Ruteni bianchi, ma chiedono, d'altra parte, con energia irremovibile, la libertà, nell'ambito dei loro confini etnografici, di svilupparsi senza impedimenti di sorta.
I confini del territorio abitato dalla stirpe lituana sono formati approssimativamente: al nord dai confini della Curlandia; ad est dal fronte tedesco; al sud dal corso del Memel in direzione occidentale fino a Grodno; quindi da una linea che partendosi da Grodno e muovendosi in linea nordovest, va fino a ai confini della Prussia orientale. Il territorio lituano si estende lungo il mare fino alla foce del fiume sacro Aa a nord di Polanghen.
Entro questi confini la popolazione, astrazione fatta della striscia che si stende a sudest del governatorato di Vilna, è prettamente lituana. La percentuale dei non-Lituani non è in nessun luogo qui tanto alta come la percentuale dei non-Polacchi nel territorio del Governatorato generale di Varsavia. Per comprendere le circostanze di varia natura in parti del Governatorato di Vilna, è necessario volgere uno sguardo retrospettivo alla storia del paese.
All'inizio dell'epoca storica (secolo XIII), i Lituani abitavano il territorio determinato dai confini di sopra. In Occidente e al nord difesero questi confini e tenacemente contro l'Ordine; al sud e all'est, invece, estesero i loro dominio sulle stirpi russe, muovendosi dalle città di Trocki, Vilna, Grodno e Nowogrodek, che trovansi irremovibilmente salde in mano dei Lituani. Il paese bagnato dall'alta Duna e tutto quanto l'enorme bacino dei Dnjepr, divennero, nel corso di 200 anni, parte integrale del Granducato Lituania.
Per quanto questo nuovo paese sorpassasse più volte
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in grandezza il nucleo centrale della Lituania, i Lituani riuscirono a dominare durevolmente, in virtù della superiorità bellica e politica, i Russi, tanto profondamente diversi da loro per razza, linguaggio, religione e civiltà. La Lituania etnografica riuscì a colonizzare, grazie alla maggiore densità della sua popolazione, territori russi, specialmente quelli che confinavano col suo territorio. Fin qui nessuno ha potuto portar la prova che nei tempi antichi i Russi sieno riusciti a penetrare in territorio lituano. Immediatamente col territorio polacco la Lituania confina soltanto nel Governatorato di Suwalki, ove, nel paese boscoso più tardi abitato, si spingeva una stretta lingua di territorio di lingua polacca lungo la Masuria prussiana fino alla Lituania.
Entro la Lituania etnografica non vi fu mai, astrazione fatta dai prigionieri di guerra, nessun Polacco fino al momento in cui Jagiello salì al trono di Polonia. Che i Lituani odierni di lingua polacca non sono affatto Polacchi immigrati, risulta chiaramente da questo fatto: che appunto nel confine segnato dalle favelle nel territorio nord del Governatorato di Suwalki l'elemento lituano è in modo speciale preponderante, sia per numero, sia per cultura, sia per spirito nazionalistico, mentre il maggior numero dei Lituani "polacchi" si trova nel Governatorato di Vilna ed è quindi separato già da territorio russo. I Lituani, dopo la loro unione alla Polonia fino al definitivo smembramento dello Stato, tolsero di mezzo la possibilità dell'immigrazione polacca con leggi che vietavano a questi "Stranieri" l'acquisto di terreno non solo nella Lituania etnografica, ma in tutto il Granducato. Che l'antica Polonia non poteva permettersi il lusso di un'immigrazione dalle sue città, è noto; e lo si può comprovare ancora al principio del secolo XIX proprio nei riguardi di Vilna,
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il centro polacco. Nell'anno 1835, cioè a dire in un tempo in cui nessuno pensava ad una lotta nazionale fra Polacchi e Lituani, M. Balinski nella sua "Descrizione statistica della città di Vilna" lascia del tutto inconsiderato l'elemento polacco accanto alle tabelle per i Lituani, gli Ebrei, i Russi e i Tedeschi, scusandosi coll'osservazione che, il numero dei Polacchi, come quello di altre varie nazionalità, era tanto piccolo da non esser degno di esser mentovato in una rubrica speciale. E si trattava, nientemeno, del tempo in cui l'Università di Vilna toccava il suo apogeo; un tempo in cui la civiltà polacca avrebbe dominato nella Lituania! Avendo il Governo russo, dalla sollevazione polacca nel 1863, interdetto a qualsiasi individuo di origine polacca l'acquisto di terreno nella Lituania, ed avendo i Polacchi, anche dal 1905, cioè da quando il divieto fu tolto, fatto scarsissimo uso della nuova libertà, non si può affatto parlare nell'epoca presente al pari che nell'epoca antica, di una considerevole emigrazione dal territorio polacco in Lituania. Contraddice, dunque, alla verità storica, voler trovare nella Lituania etnografica veri Polacchi e veri Russi stabilitisi colà da lunghissimo tempo.
L'uso della lingua polacca o russa da parte specialmente della bassa popolazione può produrre, è vero, un certo dubbio. Ma si può affermare che, per il fatto di parlar polacco o russo, sieno essi diventati Polacchi o Russi (Ruteni bianchi)? Nemmen per sogno! Questi elementi chiamano se stessi, secondo le circostanze, con vari nomi: Cattolici, Indigeni, Polacchi, Lituani o Russi. La parola "Bielorus" (Ruteni Bianchi) è così poco nota oggi come lo era nel vecchio Granducato della Lituania. Ciò non pertanto questo elemento lituano, che ha mutato al massimo la lingua, viene op-
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posto troppo spesso ai Lituani come una speciale stirpe slava. Se ne spiega il motivo spiegando che la coscienza nazionale e il linguaggio non sono più lituani. Orbene: per farsi un'idea chiara di questo fatto corrispondente alla verità solo in apparenza, è necessario risfogliare la storia delle relazioni polacco-lituane specialmente nel secolo scorso.
Quando la Lituania perdette la sua indipendenza verso la fine del 1800, la sua aristocrazia cercò di unirsi ai polacchi per proteggersi in tal modo contro la comune soppressione da parte della Russia. Gli sforzi di giungere ad una fusione divennero ancor più grandi dopo l'ultima sollevazione polacca, quando i Russi vietarono l'uso di scritti lituani e soppressero completamente la vita intellettuale della Lituania. In quei tempi la stampa polacca, che aveva i suoi maggiori focolari di propaganda a Varsavia e a Cracovia, cominciò a tirare la Lituania nella sua orbita. Fu così che l'aristocrazia lituana perdette a poco a poco la coscienza nazionale dei suoi avi, e la Lituania cominciò a fondersi colla Polonia.
Che il tipo polacco-lituano, così sorto, manca di vitalità ed è condannato a sparire, lo dimostra già il fatto che non di rado oggi in una famiglia aristocratica nella quale i genitori son considerati quale polacco-lituani o soltanto polacchi, i bambini assumono due nazionalità diverse. Sennonché, crescendo cogli anni, i rampolli di tali famiglie alle quali manca un accentuato sentimento nazionale, riconoscono di appartenere, in numero sempre più grande, alla stirpe lituana. Non soltanto la maggior parte della gioventù che studia, ma anche una rilevante parte delle generazioni più vecchie han già ritrovato la loro nazionalità. Infatti, la metà dei capipartito odierni della Lituania, una gran parte dei suoi scrittori e scienziati, hanno le loro radici nella vecchia aristo-
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crazia della Lituania; in quell'aristocrazia e nobiltà che gli organizzatori si appropriarono. Oggi tutti questi combattono fianco a fianco cogli intelligenti sorti della classe dei contadini, e combattono per gli interessi intellettuali e materiali del popolo lituano. In questo punto son tutti concordi, e rimangono fedeli alle migliori tradizioni della nobiltà lituana. Infatti, prima della liberazione dei contadini, quando al paese mancava ancora il largo strato degli intellettuali sorti tutti dalla classe dei contadini, i suoi appartenenti difendevano le idee nazionali lituane. Il nobile T. Narbutt di Lida, vissuto nella metà del XIX secolo, si rivela nella sua storia della Lituania come un grande separatista, come un pretto lituano e non un polacco, per quanto egli abbia scritto le sue opere in quest'ultima lingua e non parlasse in famiglia che polacco. Il poeta L. Kondratowitsch (Sirokomla), nobile per nascita e contemporaneo del Narbutt, rivela nelle sue opere un pronunciatissimo spirito lituano. In uno dei suoi scritti prorompe, affranto dal cordoglio, in questo lamento: "Io son Lituano e, tuttavia, in terra lituana non ho potuto farmi intendere dai miei compatriotti parlando il nostro idioma materno!" Così dicendo riconosce esservi purtroppo Lituani che non comprendono più la loro lingua. La tragica storia della nazione lituana non potrebbe essere espressa in modo più semplice e più commovente di così. Anche altri popoli ridestatisi alla loro coscienza nazionale, hanno dovuto riconquistare, è vero, gli strati superiori che si erano sdirazzati [sic] ma nella Lituania c'è il fatalismo accoppiamento politico coi Polacchi che paralizza e paralizzerà per lungo tempo il naturale sviluppo. Il più grande poeta di cui i Polacchi giustamente vanno superbi, A. Mickiewicz, non solo ha idealizzato il passato della Lituania e dello spirito lituano, ma ha asserito di
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originare egli stesso dalla stirpe lituana. Egli ha certamente voluto dire con ciò di essere in prima linea un Lituano e quindi un Polacco. Se ci addentriamo ancora nella storia lituana fino all'Unione di Lublino, vedremo ovunque che l'aristocrazia lituana vuole sapersi chiaramente e nettamente separata di quella polacca, e chiama se stessa "Lituana" e non polacca. Più volte questi nobili fecero mostra della loro nazionalità lituana in forma drastica. Così, per esempio, Janusz Radziwill, vissuto nel XVII secolo, dovendo proteggere gli interessi della Lituania dagli attacchi di un alto impiegato polacco, gridò minaccioso alla presenza del Re che sarebbe venuta una buona volta il tempo in cui i Polacchi non avrebbero più potuto trovare la porta, perché sarebbero stati semplicemente buttati fuori dalla finestra.
Se la maggioranza della nobiltà lituana vuol seguire ancora oggi i Polacchi, essa ha abbandonato semplicemente le tracce dei suoi avi e dimenticato quello che essi una volta furono. Tali nobili non possono, quindi, sollevar pretesa di essere un elemento conservatore. Al contrario, abbandonato il popolo e allontanatisi dal paese, son divenuti un elemento dissolvente. I Lituani veri applicano a un tale elemento l'epiteto che sopra, senza tanti complimenti.
I bassi strati della popolazione nella Lituania orientale, che si sono appropriati un inintelligibile miscuglio polacco o polacco-russo, non hanno raggiunto ancora una coscienza nazionale.
I loro costumi, le loro abitudini, le fogge di vestire, e canzoni popolari, la fede e perfino le superstizioni, mostrano che essi son Lituani. Ancora poche diecine d'anni fa parlavano quasi tutti lituano: i vecchi si ricordano benissimo, ancor oggi, la loro lingua materna, e solo i bambini comincia-
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no a non curarsene. E si capisce egualmente perché ciò avvenga. Per lungo tempo, giudici e impiegati han parlato soltanto il russo; i preti il polacco. Sotto la pressione delle imperanti lingue slave venne a formarsi qui, nel territorio ove la lingua lituana e della Russia occidentale si separano, un gergo polacco-russo, denominato "lingua semplice". Anche la proibizione della stampa lituana ha contribuito moltissimo a snazionalizzare questi strati popolari. Mentre la Lituania occidentale poteva ancora, a tempo della proibizione della stampa, trarre, in certo qual modo, giovamento dai libri in lituano portati segretamente come merce di contrabbando da Tilsit a Memel, la Lituania orientale, lontana dai confini prussiani, dovette familiarizzarsi coi libri polacchi non vietati e zelantemente forniti dai polacchizzatori ai Lituani.
L'autorità ecclesiastica della Diocesi di Vilna, venutasi a trovare nelle mani dei colonizzatori, ha tentato più volte di persuadere le masse del popolo che la religione cattolica corrisponde a quella dei Polacchi, mentre la religione dei Lituani corrisponde a quella pagana. Una siffatta "coscienza nazionale" basta ancor oggi per moltissimi nella Lituania orientale. Su questa "coscienza" si basa anche il memoriale polacco, laddove parla di "un ceto dei contadini orientato nazionalmente, qui residente da più secoli e legato agli altri connazionali coi vincoli del sangue." L'impronta polacca del paese ha, in verità, quest'aspetto. D'altra parte, i panslavisti russi tentano di prendere per se questi cattolici della Diocesi di Vilna tenuti nell'ignoranza, solo perché essi parlano un gergo polacco-russo, facendo passare queste masse di popolo per Ruteni bianchi, cioè a dire Russi. La gara di questi falsari dimostra soltanto una cosa: che qui non vi sono né Polacchi né Russi, ma soltanto Lituani etnografici,
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intristiti nei rapporti della loro lingua.
II popolo lituano non può ammettere e non ammetterà giammai che questi suoi figli tormentati e ingannati siano lasciati abbandonati in balia di un ulteriore sfruttamento e dati nelle mani, come materiale etnografico, ai Polacchi o agli "Altri"; oggi appunto che i principi fondamentali dei popoli sono stati espressi nettamente e chiaramente alla coscienza del mondo. Soltanto una forza cieca o una volontà maligna potrebbero determinare una tale resa, ma nessun principio della civiltà e dell'etica le potrebbe giustificare. Il popolo lituano difenderà con forza tenace la volontà di questa parte del popolo moralmente violata da Russi e da Polacchi.
Se, oltre a ciò, vi son politici che presentano la Lituania etnografica come una miscela di popoli nella quale nessuna nazione può stare alla testa, è difficile poter concludere che si tratta soltanto di imperdonabile ignoranza e non di maligna intenzione, che vorrebbe distruggere la vita nazionale della Lituania. Dinanzi a questi cotali il popolo lituano si sente in diritto e in obbligo di prendere nelle proprie mani la sorte della patria lituana. Gli abitanti della nostra patria divenuti polacchi, noi non possiamo riconoscerli come appartenenti ad una nazionalità speciale, come è il caso, per esempio, della nobiltà curlandese, ma esclusivamente come un doloroso prodotto del nostro disgraziato sviluppo storico. Nel medesimo istante in cui lo sviluppo nazionale della Lituania avrà dinanzi a sé libera pista, un tal elemento cadrà, e sparirà gradatamente, come è sparito, anche prima della guerra, nella Lituania occidentale, dove il popolo era riuscito a levarsi dai piedi capi polacchizzatori. E siccome anche manovrando senza scrupoli durante il censimento della popolazione non si riesce più, oggigiorno, che a cavar fuori dalla più
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grande parte della Lituania una debole minoranza polacca, i sottoscritti della petizione polacca cercano di rimediare alla esiguità dei numeri, sottolineando la qualità, per giungere così alla superiorità desiderata. Essi scrivono: "I Polacchi diedero alla Lituania la religione, la civiltà, la cultura economica e le tradizioni statali, cioè a dire i più grandi beni di una vera civiltà". E con questo i Polacchi vorrebbero fare della Lituania una provincia della Polonia, tacendo o dimenticando che i depositari della civiltà durante tutta la storia lituana non furono Polacchi immigrati , ma esclusivamente Lituani, i quali, se anche scrivevano o parlavano latino o polacco, sentivano lituanamente, né mai si chiamarono Polacchi fino al secolo passato, ma tennero a separarsi nettamente e sempre da questi. Contraddice, inoltre, ai fatti, che la civiltà, coltivata in Lituania dai Lituani, vi sia stata importata esclusivamente dai Polacchi: per quel tanto che la cultura vi venne dall'estero, essa fu una cultura comune all'Europa occidentale, attinta per la maggior parte dagli strati intellettuali lituani direttamente alle sorgenti, senza bisogno di mediazione polacca. Noi sappiamo, e gli storici polacchi lo riconoscono, che gli stessi Polacchi han tratto del buono dalla Lituania per la loro civiltà. Scrittori lituani hanno procacciato gloria mondiale ai Polacchi, dando colla lingua, una veste polacca alle loro caratteristiche lituane. I Lituani fecero epoca nella storia della cultura polacca al principio del XIX secolo, al tempo dell'Università di Vilna. È vero che i Polacchi, nella trasmissione della civiltà occidentale, hanno rappresentato una parte importante, molto più che con la lotta contro l'ordine rimase per molto tempo sbarrato l'accesso alla civiltà tedesca; ma significherebbe esigere frutti da usuraio per meriti grandemente esagerati, se i Polacchi insistessero nell'avanzare diritti di signoria sul-
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la Lituania, per il solo fatto di essere stati una volta mediatori di civiltà.
Provoca, però, grande sorpresa, sentire che i Polacchi esaltano l'introduzione della fede cristiana in Lituania come un loro merito specialissimo. Noi sappiamo che l'introduzione del cattolicismo nella Lituania avvenne solo sulla carta da parte dei Polacchi, e che, in verità i Lituani stessi pensarono per la maggior parte di adottare la nuova fede. In quelle parti dove i Polacchi si incaricarono di convertire i Lituani, il popolo rimase pagano fino al secolo XVIII. E così fu nelle immediate vicinanze di Vilna, cioè a dire non lontano dalla città, nella quale i Polacchi facevano a gara per occupare i supremi uffici ecclesiastici. Che valore ha per la Lituania il cattolicismo a tinta polacca? Ancor oggi i cattolici di Vilna si senton dire che i Polacchi hanno lo stesso Dio per Re e la Madonna per Regina. "Polacco" è sinonimo di "cattolico": L'una parola significa l'altra. In un memoriale che i Polacchi di Vilna inviarono un anno fa alle autorità tedesche, la fede cattolica veniva chiamata semplicemente "la fede po-lacca". Ci sarà bisogno di un lavoro lungo e serio per proteggere qui la fede cristiana dall'abuso del mondano, offensivo alla grande coscienza cattolica.
Si pretende, inoltre, che i Polacchi avrebbero dato alla Lituania le tradizioni statali. Ma non si unì la Polonia con la Lituania in un solo Stato? Ebbene la Lituania prima che si unisse alla Polonia formava un forte Stato nemico pericoloso alla Polonia stessa. Fu, del resto, la Lituania che diede ai Polacchi la dinastia degli Jagelloni, di cui ancor oggi i Polacchi si gloriano. Purtroppo si deve dire che le unioni colla Polonia, le quali spalancarono la porta all'arbitrio dei nobili, ebbero solo effetto debilitante sullo Stato lituano
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che, finalmente, andò per questo in rovina. I documenti dell'Unione di Lublino testimoniano in modo chiarissimo che i Lituani, chiaramente riconoscendo il pericolo cui andrebbero incontro, non intendono affatto di unirsi ai Polacchi. Essi, purtroppo, hanno già fatto l'esperienza che in Polonia non regna la tanto vantata libertà, ma l'arbitrio, l'ingiustizia, l'intolleranza e l'odio generale.
Senza senso alcuno, poi, è l'affermazione che i Polacchi abbiano ammaestrato i Lituani nell'agricoltura. Se i signori compilatori della petizione suddetta volgeranno uno sguardo ai loro stessi possedimenti, avranno tutta la ragione di ritenere, e noi di affermare, che, semmai, è proprio il caso di decadenza dell'agricoltura per causa loro. Quasi dappertutto nella Lituania i possedimenti della nobiltà non potevano gareggiare con quelli dei contadini; fra i quali, infine, dovettero esser divisi, previa vendita. D'altra parte laddove questi possedimenti poterono reggersi, in certo qual modo, in gambe, non poterono esercitare, come testimoniano persone esperte in agricoltura, nessunissimo influsso sul ceto dei contadini. Chi vuol riconoscere il valore esatto dell'agricoltura "polacca" non ha che da confrontare ancor oggi i territori abitati da contadini prettamente lituani in occidente del paese, coi dintorni di Vilna, ove l'agricoltura polacca assurge al suo più alto grado. Qui, proprio alle porte della città, si ritrova l'antidiluviano aratro di legno che scalfisce appena il terreno; qui vediamo erpici senza nemmeno un pezzettino di ferro; e, al posto della falce fienaia, il misero falcetto a mano.
Rimane ancora aperta la questione, in quale considerazione i "rappresentanti" di tutti i partiti politici della Lituania, siano tenuti dal popolo che essi vorrebbero incorpo-
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rare nello Stato polacco. Quella poca e forzata che godevano, era spiegata col fatto che essi trovavano appoggio nella gerarchia ecclesiastica polacchizzante e nella burocrazia russa. Entrambi desideravano di tenere terra terra i diritti nazionali dei Lituani coll'aiuto del latifondo polacchizzato. Ma che questa politica non raggiunse il desiderato successo, lo mostrarono le elezioni alla Duma: nel Governatorato di Kowno i latifondisti polacchizzati non portarono alla Duma che un solo rappresentante ad essi garantito per legge. Nel Governatorato di Suvalki i Lituani, soli, senza grande lotta elettorale, hanno sempre eletto i loro candidati alla Duma contro i voti dei Polacchi e degli Ebrei. Soltanto nel Governatorato di Vilna, dove il suffragio dei contadini (ridotto già di per sé stesso ai minimi termini a causa dei buoni rapporti che i latifondisti polacchi hanno con Pietroburgo) era quasi paralizzato; dove, oltre a ciò, la potenza della Chiesa rendeva servigi agli amici dei Polacchi, soltanto qui i polacchizzatori poterono avere la superiorità.
Ma questi stessi latifondisti polacchizzati non sentono saldo il terreno sotto i loro piedi. Secondo il vento che tira essi cambiano opinione e persuasione. Prima della rivoluzione del 1905 i loro capi tentarono di avvicinarsi alla burocrazia russa in decadenza, per vincere al loro ceto un appoggio più forte. E fu così che presero parte alle cerimonie di inaugurazione dei monumenti di Murajew e Caterina II a Vilna. Durante la rivoluzione desiderarono prendere contatto col popolo e si proclamarono Lituani. Dopo la rivoluzione negoziarono colla reazione russa per ottenere alla Duma un'elezione favorevole più che fosse possibile ai loro interessi. E questo riuscì loro in parte. Quando, durante la guerra, cominciarono a risorgere in Polonia le libertà politiche e il Potere, l'elemento polacchizzato in Lituania vi allungò
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subito le mani, poiché si accorge bene che l'unico mezzo per mantenere la sua attuale posizione preponderante è quello di incatenare la Lituania alla Polania fortemente aggressiva: imperocché se la Lituania ottenesse la sua indipendenza, sarebbe finita una volta per sempre la parte dell'elemento polacchizzatore in questo paese. In una Lituania libera sarebbe il popolo lituano che deciderebbe, col voto, della sua sorte, e non il piccolo numero dei privilegiati colle loro tradizioni antiquate, ligio, fin qui, al regime reazionario.
In quanto alla statistica del 1916, la principale arma dei polacchizzatori, essa merita attenzione solo in quanto mostra di qual genere sia il cattolicismo polacco di cui i Polacchi si vantano in tutto il mondo. Come asseriscono un numero di deposizioni incontestabili di testimoni, i Lituani sono stati riportati nelle liste del censimento, e contro la loro espressa e dichiarata volontà, quali Polacchi; persino quei Lituani arcinoti come irreducibili avversari dei Polacchi ed anche quelli che appena balbettano questa lingua, vi sono stati inclusi. Quando si procedette ad una tale statistica, si domandava: "Cattolico"? – "Si" – "Dunque Polacco". – In questa statistica vi sono indicate come polacche parrocchie intere nelle quali il lituano è il linguaggio vivente del paese. Si può parlare qui di contadiname polacco immigrato? La sola circostanza che fra le 44 (diciamo: quarantaquattro!) persone le quali domandano l'unione della Lituania alla Polonia, trovasi lo stesso vescovo della Diocesi di Vilna, tradisce la via battuta per giungere ai risultati della statistica che sopra.
In considerazione di tutti i motivi qui addotti, noi riconosciamo la Lituania determinata dai confini suindicati per un paese lituano e riconosciamo soltanto al popolo lituano un
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diritto decisivo su questo paese. Ordinare i diritti di tutte le minoranze straniere e dare a loro le garanzie necessarie; è una questione puramente interna della futura Lituania. Qual forma sarà per prendere questo avvenire, dipende dallo sviluppo degli avvenimenti storici. Sia concesso ai rappresentanti del popolo lituano esporre al Governo germanico, il cui rappresentante ha promesso anche al popolo lituano la liberazione dall'oppressione straniera, di esporre come i Lituani, riconoscendo le forze reali e ideali del proprio popolo, ne traggono le linee fondamentali per il loro futuro.
Sia questo permesso loro; specialmente considerando che non solo imperialisti polacchi irresponsabili, sibbene il Consiglio di quello Stato polacco creato nelle sue basi dalle Potenze alleate, annunciano scopi politici che non porterebbero alla Lituania la liberazione dal giogo straniero, ma la signoria di un'altra nazione. Se prima della guerra i Lituani, come tutti gli altri popoli stranieri della Russia, combatterono per un'autonomia entro l'Impero russo, oggi essi, avendo sofferto sotto il peso della guerra forse più che qualsiasi altro popolo oppresso, e vedendo sorgere ai confini lo Stato polacco, non possono immaginarsi altrimenti il loro avvenire che in forma di indipendenza. È questo il desiderio profondo dei Lituani basato sulle tradizioni storiche rinforzate dal risveglio della lingua materna e dalla coscienza della propria civiltà nazionale. Non si tratta soltanto di un desiderio sorto dalla coscienza nazionale né di una conseguenza dei rivolgimenti efficacissimi prodotti dalla guerra, ma della condizione indispensabile per il sano sviluppo del popolo, per esser indipendente e libero di riedificare e rinforzare la sua vita soffocata e distrutta con un'oppressione di secoli. Il popolo lituano ha tanto lottato nel passato per la sua li-
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bertà ed indipendenza, e sofferto tanti colpi dell'avversa sorte, che il desiderio di metter fine una buona volta ai suoi dolori ha gettato radici profonde nella sua anima.
Se questa guerra che decide per lungo tempo della sorte dei popoli, dovesse lasciare inconsiderate le legittime aspirazioni del popolo lituano; se dovesse esporre i Lituani alla grazia e all'arbitrio di un altro popolo o di un altro Stato ed abbandonarli, quindi, ad un ulteriore intristimento sotto il giogo straniero, si compire un'ingiustizia che creerebbe nella Lituania la base per una lotta continua ed inestinguibile. La Lituania sarebbe costretta a sciupare improduttivamente la sua forza; ed ancor più di prima si aprirebbero le porte a quelle misure dissolventi che si sforzano di fare della Lituania un'avanguardia panpolacca o panrussa contro la Prussia orientale.
Rimane ancor la domanda se il popolo lituano possa essere considerato maturo abbastanza per guidare indipendentemente le sorti del suo paese. Alla quale rispondiamo: che i Lituani hanno saputo guidare la loro vita statale, c'è là il passato a testimoniarlo; soltanto l'immischiarsi degli Slavi e soprattutto dei Polacchi nelle questioni della Lituania contro la volontà dei Lituani stessi, ha trattenuto l'ulteriore progresso del paese e distrutto l'organismo statale grazie all'anarchia polacca.
Rinunciando ai territori della Lituania storica, il popolo lituano domanda, per la rinascita dello Stato avvenire, soltanto quei territori che esso popolo ha abitato fin dall'antichità, e più precisamente i confini specificati qui in base ai principi etnografici. La presunta mancanza di intellettuali e di ceti superiori non è, come mostra il felice sviluppo della Bulgaria, un insuperabile ostacolo per la rinascita
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della Lituania. Già prima della guerra il popolo lituano ha prodotto, relativamente, più intellettuali della stessa Russia. Soltanto le circostanze politiche non permettevano di sfruttare nella stessa Lituania questi intelletti. Dopo la guerra la maggior parte di questi uomini ritorneranno, naturalmente, in Lituania. La maggior parte dei nobili che tengono oggi un contegno passivo, o hanno rinunciato di appartenere alla loro vecchia stirpe, riotterranno la loro coscienza nazionale e si riuniranno al popolo lituano. Nuove condizioni, in un paese divenuto libero, faranno sorgere nuove schiere di intellettuali, come è sempre stato il caso negli Stati nuovi. La Lituania rimedierà alla temporanea penuria di forze intellettuali proprie, colle forze di quello Stato col quale entrerà in rapporti economici, politici e culturali più stretti.
Il carattere dell'agricoltura e la mancanza di industrie collegavano, già prima della guerra, la Lituania con paesi industriali dell'Europa orientale, soprattutto colla Germania. Risiede nella natura dei rapporti reali che questa unione divenga, in futuro, ancor più forte. Anche la scienza e la tecnica guideranno i Lituani, in maggior misura del passato, verso occidente e non verso l'oriente o verso il sud. Tuttavia questi rapporti economici e culturali saranno per il popolo lituano degni di essere raggiunti solo in base ad interessi comuni, salva rimanendo l'indipendenza della nazione. Questi rapporti devono essere opposti a quelli che le proposte dei politici panpolacchi vorrebbero creare fra Polacchi e Lituani, nei quali una parte, e precisamente la Polonia, vorrebbe togliere all'altra parte, alla Lituania, tutto, persino l'anima nazionale.
Se, come i rappresentanti del popolo lituano desiderano e sperano, l'avvenire della Lituania sarà edificato sulla base
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della giustizia e dell'indipendenza nazionale, i problemi della forma statale e delle cosiddette garanzie nazionali alla conclusione della pace saranno risolte senza nessuna difficoltà.

firmati: Dottor Joh. Bassonowitsch
Dottor A. Zmurckinavicius
Dottor A. Smetona
Dottor Georg Schaulis
Parrocco Dottor J. Bakzys
Dottor I. Stankewicz
cand. jur, P. Klimas
Donat v. Malinovski
Dottor med. A. Wilijszis
A. Gylys
A. Stulginski, perito agricoltore
C. v. Landsberg
J. Kuchta, proposto.
Theod. Brazis, Vicario del Capitolo del Duomo.
Empfohlene Zitierweise
Vertreter des litauischen Volkes, Memoriale dei rappresentanti del popolo lituano riguardante la petizione dei rappresentati di tutti i partiti polacchi della Lituania sulla unione statale della Lituania alla Polonia vom 10. Juli 1917, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 2000, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/2000. Letzter Zugriff am: 29.04.2024.
Online seit 17.06.2011.