Dokument-Nr. 4242
Dobryłło, Matas an Michalkiewicz, Kazimierz Mikołaj
Sejny, 27. November 1917

Illustrissimo e reverendissimo Monsignore!
Di questi giorni io ricevetti da Vilna due reclami firmati da Lituani d'ambo i sessi e riferentisi alla eccessiva punizione di quattro sacerdoti: il canonico J. Kuchta; il parroco dottor Baksys; il professor Brasys docente al seminario vescovile di Vilna e il parroco dottor Stankiewicz, insegnante nelle scuole della diocesi di Sejny.
Il fatto che in questa incresciosa faccenda è coinvolto pure il parroco dottor Stankiewicz mi spinge a dirigere a V. R. queste righe.
Nel reclamo dei cittadini lituani di Vilna è detto che i sunnominati sacerdoti sono stati sospesi unicamente perché hanno sottoscritto il memoriale al Governo germanico. Io conosco perfettamente il contenuto tanto del memoriale lituano che di quello polacco e mi meraviglio che si sia ricorso ad una questione meramente politica per sospendere i sacerdoti in parola. Vero è, però, che allorquando io lessi il decreto e la motivazione della sospensione mi accorsi che, di fatto, V. R. fu, d'accordo con i membri del capitolo del duomo, dell'avviso che i parroci, firmando il memoriale lituano, avessero sollevato scandalo fra i fedeli e tanto bastasse per giustificare la sospensione a divinis.
Ma in che modo e quando questi sacerdoti hanno provocato scandalo? Una gran parte degli abitanti del paese non legge alcun giornale, perché analfabeta, e quelli che leggono giornali non sono capaci di comprendere le sottigliezze politiche e le vie complicate della politica.
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Se le persone istruite e i giornalisti manifestano indignazione, non si tratta che di ipocrisia. Chi ha compilato, infatti, per il primo un memoriale? I Polacchi, credo. Lo scritto dei Lituani è in parte solo una risposta al memoriale polacco, nel quale si argomenta con sofismi e deduzioni poco chiare, e che è stato firmato, oltre che da altri Polacchi, pure dall'amministratore del vescovato di Vilna. L'origine, dunque, di questo presunto scandalo sono stati, dunque, i Polacchi e tutti coloro che hanno firmato questo memoriale politico. Adoperandosi a ottenere per la Lituania una condizione di cose del tutto insopportabile, essi diedero per i primi appiglio allo scandalo.
Nessun Lituano contrasta il desiderio di libertà dei Polacchi. Al contrario questo desiderio merita piena lode. Ma i Polacchi che anelano per se stessi la libertà, vogliono sin d'ora, prima di raggiungere interamente il loro scopo, togliere ai Lituani la loro libertà e imporre ad essi la loro tutela. Perciò i Polacchi si rivolsero al Governo germanico con un memoriale in cui, come abbiamo detto, si lavora con sofismi e fatti inesattamente esposti.
Si sostiene, per esempio, in questo memoriale che la Lituania non fu mai indipendente, ma unita, per via di trattati e di una convenzione, con la Polonia. Si afferma pure che Polacchi e Lituani vivono insieme frammisti in Lituania e che in nessun luogo è possibile accertare una maggioranza di Lituani.
Per quel che concerne il primo punto si deve brevemente osservare che già da un pezzo la mano scellerata degli Imperatori di Russia ha strappato i trattati e l'unione. L'anarchia della Polonia e il mal governo dei Polacchi ebbero per conseguenza l'assoggettamento dei Lituani e dei Polacchi agli autocrati moscoviti. Al partito polacco questa servitù piace ancor oggi. I Polacchi vogliono oggi ancora vivere sotto il giogo dei Russi e raccolgono in America, Francia e Russia soldati per la difesa della loro schiavitù.
Quanto al secondo punto e cioè che in nessun luogo della Lituania i Lituani siano in maggioranza, occorre dire che questa affermazione è interamente falsa. Solo per la diocesi di Sejny essa non corrisponde alla verità per i distretti di Marianpol, Kalwaria e Sejny nei quali
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solo il 5 % della popolazione è polacca, inoltre per Wilkowischki e Wladislawow dove i polacchi non superano il 3 %. Vi sono infine alcune parrocchie nelle quali non esiste alcun Polacco.
Il memoriale polacco, che fornicola di asserzioni inesatte, fu sottoscritto da cittadini polacchi. Che laici abbiano potuto farlo si capisce, ma come poté Ella, reverendissimo Monsignore, amministratore e pastore di una diocesi, padre spirituale di Lituani e Polacchi, apporre la sua firma ad uno scritto che chiede la riunione della Lituania alla Polonia? Chi diede al reverendissimo Monsignore i pieni poteri per ciò? S'interrogarono forse i Lituani? Come un uccello anela la libertà, così anelano libertà e indipendenza i Lituani. Papa Benedetto XV., felicemente regnante, ordinò a tutto il clero, e in particolar modo ai capi delle diocesi, di essere assolutamente imparziali verso tutte le nazioni e di trattare in egual maniera le libere e le oppresse. Apponendo il Suo nome a piè di quello scritto, V. R. si dimostrò incapace di quella lodevole imparzialità che il Santo Padre ha domandato. Con un tratto di penna Ella ha offeso la metà dei suoi diocesani, ossia i Lituani e originato uno scandalo assai maggiore che i quattro sacerdoti puniti.
A giustificare la sospensione decretata contro i quattro sacerdoti si adduce a motivo che il memoriale contiene un'accusa al clero, che cercherebbe di polonizzare i Lituani con mezzi spirituali. Ahimè! Il clero polacco, se non nella sua totalità, non si è mai astenuto da simili tentativi. La diocesi di Sejny ebbe spesso vescovi polacchi. Il maggior zelo di polonizzare i Lituani lo dimostrò il vescovo Paolo Straszynski (1844). Il suo odio per la lingua lituana era tale che soleva chiamarla il linguaggio delle bestie. A titolari di benefici puramente lituani egli nominò preti polacchi, che non sapevano una parola di lituano e che, peggio ancora, non si curarono di impararla sino alla morte. Il sacerdote St. Jamiolkowski, professore di polacco nel seminario Sejny, nella sua storia della diocesi di Sejny, scrive intorno al vescovo Straszynski: "Il vescovo, del rimanente un carattere integerrimo, errò specialmente sforzandosi di polonizzare il Lituani e distribuendo i benefici a Polacchi che non
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capivano il Lituano." Questo giudizio non e di un Lituano, ma di un Polacco pretto del governo di Lomza.
Non mi è qui possibile di diffondermi sui tentativi di polonizzare i Lituani per il tramite della Chiesa. Io non posso che addurre una prova generale. Sino al 1864 non vi furono in Lituania che curatori scolastici polacchi. Se non m'inganno, ebbe Botoki in Vilna questo ufficio e in Kowno (?) Polujanski e Karzenowski. Sotto di essi nei ginnasi di Suwalki e di Marianpol la lingua lituana non era compresa nel programma d'insegnamento, anzi essa era esclusa perfino dalle scuole elementari. Il catechismo fu insegnato dai parroci non in lituano ma in polacco. Chi frequentò la scuola dovette rinunziare all'uso della sua lingua materna. Questi i fatti. Così si agì e non altrimenti. Fatti tali del tempo della unione della Polonia con la Lituania, non c'è sospensione che possa farli cadere in oblio. Essi provano che il Governo polacco della Lituania, appoggiato dal clero, volle polonizzare il paese, né si curò punto di dissimulare gli sforzi per il conseguimento di questo fine. Ad esser maligni si potrebbe dire che i Polacchi, con il loro modo di procedere, insegnarono ai Russi la maniera di russificare la Polonia la Lituania. Dopo la sommossa del 1864 fu vietato in Vilna e in Kowno di parlare polacco nelle strade. Qualche tempo appresso i Russi vietarono l'uso della lingua polacca anche nella scuola. "Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo anche a nessun altro." Io Le domando, reverendissimo Monsignore, sinceramente scusa d'intrattenermi così a lungo su queste disgustose faccende: io voglio soltanto dimostrarle che Lei è inesattamente informato. Ella ha, reverendissimo Monsignore, vietato al signor Stankiewicz di esercitare il suo ministero sacerdotale, il che è duro e ingiusto. Da molti mi vien riferito che egli si è adoperato con grande successo e con vantaggio per i cittadini di Vilna. Inoltre io ritengo che la sospensione di sacerdoti indifesi può sollevare uno scandalo maggiore che la semplice firma del memoriale.
Per questo motivo io prego V. R. di revocare la grave pena della sospensione inflitta al parroco Stankiewicz, che lede il suo
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onore e il suo buon nome. V. R. farebbe assai meglio di ammonire instantemente e severamente il clero di Vilna a insegnare al popolo i più elementari articoli di fede e il catechismo e a non immischiarsi nella politica, anziché punire colla sospensione preti innocenti e benemeriti.
Noi sappiamo benissimo che in questo tempo di guerra l'istruzione religiosa dei diocesani di Vilna lascia assai a desiderare. Da tre anni migliaia d'anime, principalmente Ruteni, vivono dispersi in innumerevoli parrocchie, dove sarebbero assai lieti di poter adempiere i loro doveri religiosi. Quale ignoranza e quale insufficienza morale si può osservare tra essi! In materia di fede essi sono pienamente all'oscuro. Non sanno confessarsi, non sanno nulla dell'esame di coscienza, nulla della penitenza. Vecchi e giovani, donne e fanciulli tutti dicono il medesimo al confessore. Se il sacerdote li interroga e li illumina, tutti rispondono la stessa cosa: "Io son di Vilna, il nostro parroco non esige tutto ciò."
Tutti i nostri parroci, che hanno rapporti con questa gente, assicurano unanimi che in nessun'altra diocesi esiste una tale ignoranza e una tale condizione morale. Pagani sono costoro, sebbene battezzati. E la colpa di questo è del clero, con la sua appassionata brama di occuparsi di politica.
Allorché Pobjedonosceff, il procuratore del Santo Sinodo di Pietroburgo, sentì prossima la sua fine, è voce che abbia detto di esser lieto di lasciare dietro a sé, in Russia, un popolo di cui il 90 % era assolutamente ignorante. Una plebe simile esser facile a governare. Della piccola parte di cristianità che abita la diocesi di Vilna e della quale noi ci occupiamo, come della sua istruzione religiosa, poté certo compiacersi un Pobjedonosceff, ma l'inaudita ignoranza del popolo costruisce per il clero di Vilna ben altro che un titolo d'onore: essa ridonda a sua massima vergogna. Né questo soltanto. Il clero dovrà render conto esattissimo della sua omissione agli uomini e a Dio.
V. abbia un occhio vigile per gli esposti inconvenienti, e castighi. La prego, anche con la sospensione a divinis, i sacer-
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doti che mancano e trascurano i loro doveri.
Supplicandola di nuovo a revocare la sospensione decretata contro il parroco Stankiewicz, mi confermo di V. R.
Devotissimo
M.  Dobrillo
Vicario generale della diocesi di Sejny.
Empfohlene Zitierweise
Dobryłło, Matas an Michalkiewicz, Kazimierz Mikołaj vom 27. November 1917, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 4242, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/4242. Letzter Zugriff am: 19.04.2024.
Online seit 17.06.2011.