Dokument-Nr. 7003

Discorso pronunziato al Reichstag dal nuovo Cancelliere dell'Impero, Hertling, ne lla seduta dal 29 novembre 1917, 29. November 1917

Signori! Chiamato a questo posto dalla fiducia di Sua Maestà l'imperatore io ho l'onore di porgere al Reichstag il mio saluto.
Io non sono a Loro straniero, signori. In due periodi di tempo, separati dall'intervallo di un sessennio, io sono stata per oltre 30 anni membro di questa illustre assemblea e ho lavorato insieme, in campi diversi, con seguaci di tutti i partiti. Allorché, nel febbraio 1912, fui chiamato alla presidenza del Ministero di Baviera e venne così posto termine alla mia attività parlamentare, io mi separai da quest'aula con la coscienza di lasciar molti amici, qualche avversario politico, ma, come sperai, nessun nemico personale. In questa fiducia e ricordando con gratitudine quegli anni io mio presento adesso a Loro. Se io mi son deciso ad accettare in un tempo cosi burrascoso l'ufficio di Cancelliere dell'Impero così grave e così pieno di responsabilità; se ho messo da parte i forti timori che già solo per la mia età avanzata dovevano sorgere in me, io l'ho fatto solo perché convinto di non poter rifiutare il compito che, non cercato, mi veniva offerto e perché stimo dovere di fare per la patria ogni sacrificio, anche il più grave. Io ho pensato ai nostri fratelli e figli che da quaranta mesi espongono, giorno per giorno, la loro vita per la patria, e ho voluto seguire il loro esempio. Con questo sentimento io ho seguito la chiamata dell'Imperatore; con questo sentimento, signori, io Li prego, adesso, della loro fiduciosa collaborazione.
Noi ci avviciniamo al termine di un anno nel quale sui molte scacchieri della guerra si ebbero decisioni di grande importanza.
4r
Con orgoglio e con gratitudine io constato che, quasi in ogni tempo e quasi dappertutto, le armi tedesche e degli alleati furono vittoriose.
Nell'ovest la battaglia delle Fiandre dura quasi senza interruzione dal mese di luglio. Pressoché l'intero esercito inglese, numericamente superiore, è stato concentrato nelle pianure della Fiandra contro il nostro fronte. Pure diverse divisioni francesi hanno preso parte al combattimento. Ma nonostante la perdita di alcuni villaggi e fattorie il nostro fronte ha conservato interamente, nelle Fiandre, la sua solidità e il nemico si trova oggi, come per l'addietro, lontano dell'aver conseguito il suo scopo: raggiungere la costa fiamminga per sopprimere la base dei nostri sottomarini.
Riconoscendo l'inutilità dei loro attacchi in Fiandra e l'enormezza delle perdite, gl'Inglesi cercano adesso, di nuovo, la decisione presso Cambrai. Alla preparazione dell'artiglieria continuata per molti giorni successivi, che sin qui precedeva i loro attacchi, essi hanno, questa volta, rinunziato. Al suo posto è subentrato l'impiego in massa dei tank s. Ma, a dispetto del loro numero, i tank s non hanno potuto appagare le speranze riposte in essi dall'Inghilterra: vittime della nostra vittoriosa difesa, essi giacciono distretti sul campo di battaglia. I progressi iniziali degl'inglesi vennero annullati dall'azione delle nostre riserve. La battaglia ferve tuttora, ma duci e truppe hanno fondata fiducia nel suo esito per noi favorevole.
I francesi, a nordest di Soissons e dinanzi a Verdun, hanno ottenuto successi locali, ma estenderli non è loro riuscito, giacché anche qui pronte contromosse del nostre comando <hanno> impedì<ito>1 al nemico ogni strategico sfruttamento.
Le operazioni di guerra nell'est, che condussero alla conquiste di Riga e di Jakobstadt, sono presenti alla memoria di tutti loro.
L'avanzata gloriosa degli eserciti alleati in Italia
5r
tiene ancor oggi sospeso il mondo. Lo slancio e la tenacia delle truppe tedesche ed austro-ungariche compì veri prodigi operando con meravigliosa celerità lo sfondamento delle linee nemico [sic] in aspro terreno montagnoso. L'esercito italiano ha perduto una parte notevole del suo effettivo e almeno la metà di tutto il suo materiale bellico. Esso ha perduto anche assai fertili lembi di terra. Non fu ancora possibile neppure in minima parte di raccogliere il bottino. A volerlo esprimere in moneta, si può dire che sono caduti in nostra mano miliardi. Un altro effetto delle nostre vittorie dall'Isonzo alla [sic] Piave, è un notevole sgravio del nostro fronte occidentale. Nella stessa guisa queste nostre vittorie si ripercuotono pure in Macedonia, giacché sembra, adesso, che il nemico abbandoni spontaneamente i piccoli vantaggi raggiunti a ponente del Lago d'Ocrida. Dalla penisola del Sinai gl'Inglesi operano contro le truppe turche in Palestina e sono riuscite, al principio, a conseguire alcuni vantaggi. Ma essi non hanno, tuttavia, influenza sulla generale situazione militare.
Sugli scacchieri di guerra dell'Asia Minore come dell'Irak non si è avverata alcuna modificazione.
La nostra marina da guerra ha corrisposto pienamente alle speranze messe nella sua giovine forza.
La flotta d'alto mare, la cui attività, sottratta in gran parte allo sguardo del pubblico merita la gratitudine della patria, ha dalla sua giornata gloriosa dinanzi allo Skagerrak provato di nuovo recentemente, dopo lunga pausa, la sua continua preparazione all'attacco nell'occupazione delle isole Oesel, Dagoe e Moon, in esemplare collaborazione dell'esercito, e nel breve vittorioso scontro, nelle acque tedesche nel Mar del Nord, col nemico numericamente di molta superiore.
Essa è difesa a sostegno dei nostri sottomarini: ne difende le basi di operazione e spiana loro la via verso il libero mare. La guerra sottomarina contro le navi mercantili produce
6r
regolarmente il suo profondo e inevitabile effetto.
Essa fu ed è l'unico mezzo radicale da adoperarsi nella guerra economica impostaci contro la Potenza che sta alla testa dei nostri nemici. Essa è diretta contro il tonnellaggio nemico e le navi che viaggiano per suo conto. I nostri nemici cercano, da qualche tempo, di colmare i vuoti della loro flotta commerciale con le navi neutrali di cui sono venuti in possesso attuando il blocco della fame o altre pressioni, ma in questo metodo non si può insistere a piacere e si saranno presto raggiunti i limiti. Ed anche se nei cantieri dei nostri nemici si costruiscono sempre nuove navi, il numero degli affondamenti seguiterà a superare quello dei nuovi vari. Tutto sommato, dunque, si ha la prova convincente che la guerra sottomarina raggiungerà lo scopo che si vuole.
Noi non possiamo parlare della situazione militare senza ricordarci, con un senso d'inestinguibile gratitudine, di coloro ai quali ne andiamo debitori, del nostro esercito o della nostra marina del pari gloriosi; dei loro duci geniali o dei loro eroici combattenti. Che se in questo riguardo io penso specialmente alle truppe sul fronte occidentale, che con fedeltà piena di abnegazione e con tenace perseveranza, da più di tre anni tengon testa ad una straordinaria superiorità di uomini e di materiale, ciò non avviene certo per attenuare i meriti impareggiabili degli eserciti che insieme con i nostri fedeli alleati sono penetrati nelle contrade dell'Italia settentrionale come una valanga por infliggere alla nazione spergiura il meritato castigo. Ma è certo che nessuna delle nostre vittoriose offensive, né quelle di Russia e di Serbia nel 1915, né quella di Rumenia nel 1916, né la presente campagna fortunata e che ci promette nuove vittorie contro l'Italia avrebbe potuto venir condotta con tanta energia, se la muraglia di bronzo nell'ovest non avesse resistito anche all'urto più formidabile. Né va, infine, dimenticato l'eroico valore delle nostre truppe coloniali nell'Africa sudorientale, degli intrepidi coloni e indigeni.
7r
Ma il mio ringraziamento si rivolge pure alla popolazione in casa e in misura non minore che alla nazione in armi. Essa pure è animata da incrollabile volontà di vincere, essa pure contribuisce a conseguire la vittoria. Costante e perseverante, essa sopporta tutte le privazioni e le contrarietà inseparabili dalla guerra, consapevoli dello scopo e disposte al sacrificio le donne si offrono in folla a sostituire gli uomini chiamati al fronte nei loro servigi e nei loro lavori, in modo esemplare, in tutte le classi e i ceti della popolazione, son tese le energie economiche e finanziarie di cui è necessario giovarsi per la condotta della guerra.
Il nostro metodo di sopperire allo spese della guerra, scelto sin dal principio, si è dimostrato buono. Ad intervalli regolari l'Impero ha sin qui fatte appello sette volte al popolo tedesco perche gli concedesse i mezzi per la prosecuzione della lotta. E tutte le classi del popolo hanno gareggiato nel darsi attorno perché ognuno si addossasse la sua parte di onore. Una somma che nei passati anni di pace ci sarebbe apparsa addirittura fantastica, ossia quasi 73 miliardi di marchi, sono stati sinora messi insieme per via di libera sottoscrizione.
Da questo posto, io esprimo a tutti coloro che hanno contribuito a tale risultato il ringraziamento della patria, ma so bene che ciò non è necessario per stimolarli a dare, anche in avvenire, il loro concorso. I crediti approvati per ultimo dalla Dieta, nel luglio di quest'anno, sono prossimi a finire. Io ho quindi l'onore di presentare, in conformità della costituzione, all'approvazione della Dieta una proposta di crediti suppletivi della stessa misura degli ultimi. Io prego il Reichstag di confermare, approvando questa domanda di crediti, che la rappresentanza costituzionale del popolo tedesco è irremovibile nella volontà di fornire, a gara, pure nell'abnegazione finanziaria, con gli Stati nostri alleati, ciò che il momento esige da noi.
8r
La liquidazione del credito, della quale il disegno di legge mi deve dare facoltà, si effettuerà nello stesso modo seguito sin qui.
Signori! Che una guerra e molto più una guerra cosi terribile come questa di cui il mondo non vide la simile, lascerebbe non soltanto tracce profonde nella vita nazionale, ma imporrebbe nuovi compiti e farebbe nascere cose nuove, ce lo dovevamo aspettare, anche se la storia dei tempi passati non ci avesse a ciò preparati. Un fatto straordinario ha assorbito tutte le parti del nostro popolo e svegliato in esso più che mai la coscienza dell'appartenenza al medesimo corpo. I concetti del popolo e Stato, di patria e nazione non sono più qualche cosa di ereditato, che nei trasmettiamo per abitudine; ognuno di noi se ne è immedesimato, comprendendoli nel loro pieno valore, dal giorno in cui tutto il popolo si levò come un sol uomo, da quando i nostri soldati espongono, ogni giorno, al fronte, la loro vita per la patria. Né ciò basta: anche l'operaio nell'officina, il contadino dietro l'aratro sanno di essere anch'essi parte di un tutto, membri preziosi dello Stato sotto la cui protezione accudirono alle loro faccende in tempo di pace e che adesso essi hanno riconosciuto come cosa loro, come loro proprietà. Gli è anche perciò che dappertutto si manifesta un maggiore interesse per le istituzioni pubbliche, che si prendono a considerarle domandando se abbiano o no superato la prova della guerra e se debbono far posto a istituzioni nuove. Nessuna meraviglia, quindi, che s'invochino riforme, un nuovo orientamento. E qui tutto dipende dall'indovinarla e dell'attuare con ferma mano ciò che è giusto e necessario. Si tratta, sopratutto, di non lasciarsi forviare da parole ad effetto; di non imitare ciecamente le istituzioni di altri paesi; ma di fare ciò che vien domandato dai bisogni reali della nostra vita nazionale, ciò che corrisponde allo spirito e alle caratteristiche germanici.
Nulla possiamo e nulla dobbiamo cambiare nelle basi del-
9r
la nostra Costituzione dell'Impero, essendo essa nata e cresciuta, in maniera tutta tipica, dallo stesso carattere storico in processo di sviluppo del popolo tedesco e delle sue varie stirpi; e riposando la rappresentanza parlamentare nel Reichstag su una base che non potrebbe essere più salda. Se la vita politica, che si muove su fondamenti così saldi, domanda nuovi compiti; se, nell'ambito della costituzione dell'Impero, si imporranno nuovi bisogni; il Governo presterà benevolente orecchio ogni momento – di questo ne son certo – ai desideri e ai suggerimenti, che gli perverranno da questo alto Consesso, e li sottoporrà ad un esame obiettivo.
Ritengo cosa naturalissima che la politica sociale, nella quale l'Impero tedesco ha preceduto tutti gli altri paesi del mondo e ai cui primi passi io ebbi l'onore di collaborare in qualità di deputato del Reichstag, sia continuata nel modo seguito fin qui e secondo i bisogni completata. Nella nuova sessione parlamentare sarà presentato al Reichstag un progetto di legge riguardante l'istituzione di Camere operaie, progetto che dovrà trovare la sua preziosa base nei lavori delle Commissione del Reichstag del 1910. È in preparazione anche un disegno di legge inteso a togliere di mezzo tutte le restrizioni imposte alla libertà di coalizione e determinate del § 153 del Regolamento di Commercio. Anche questo disegno di legge sarà presentato al Reichstag nella sua prossima sessione.
Anche i Governi degli Stati confederati condividono il medesimo concetto. Lor signori sanno con quali ampi intendimenti liberali è stata presa nel più grande degli Stati confederati tedeschi e dalla più alta istanza l'iniziativa per una vasta riforma. Non ho, dunque, bisogno di esprimermi più oltre qui su questo argomento.
In quanto alla censura son prontissimo a farsi che la libertà di parola venga ad avere il suo diritto quando non vi si oppongano gli interessi della patria. Certi limiti sarà impossibile d'evitarli in tempo di guerra, perché la stampa non può essere sempre
10r
in grado di comprendere se certe comunicazioni e discussioni che essa può riportare sono o no dannose ai nostri interessi militari. È, quindi, necessario che in questo rapporto essa guidata e controllata. Considerato che nei paesi nemici è in vigore la più severa censura, noi ci verremmo a trovare nella condizioni [sic] di un giocatore costretto a giuocare a carte scoperte mentre il suo avversario le tiene accuratamente nascoste. Hanno appreso in qual modo categorico Clemenceau ha rigettato ultimamente qualsiasi mitigazione della censura; quel medesimo Clemenceau che, in qualità di direttore dell'"Homme enchaîné" mosse contro la censura la più accanita guerra. Comunque, noi non tralasceremo di fare tutti i nostri sforzi perché siano tolti di mezzo gli inconvenienti e le giustificate proteste. In questo senso ebbero già luogo trattative colle autorità militari competenti, col risultato di un decreto del Ministro della Guerra in data 18 del corrente mese, nel quale si tien conto dei desideri della stampa e del Reichstag in quante alla Interdizione temporanea dei giornali e all'allacciamento di un più stretto rapporto fra censori e redattori. Io farò tutto il mio possibile, proseguendo su questa via, per accondiscendere, nei limiti del possibile ad ogni giustificato desiderio, e spero che, col tempo e colla buona volontà, sarà possibile di dare alla censura un carattere che faccia sparire definitivamente tutti gli inconvenienti da me stesso deplorati Lo stesso dicasi in quanto ai diritti di associazione e di riunione.
In considerazione di tutto ciò debbo rivolger Loro una seria ed insistente preghiera: lascino da parte nelle imminenti sedute tutte le diversità d'opinione; – per definire le contese di partito c'è tempo dopo la guerra. Oggi si tratta di essere uniti e saldi e di rimaner tali fino a che non avremo in pugne la vittoria. Che non possono strapparci la vittoria colla forza delle armi, i nostri nemici cominciano a capirlo; ma si attaccano ora colle loro speranze ad un nostro sfacelo interno che essi ritengono imminente. Senza conoscere nulla dei nostri rapporti, della nostra vita parlamentare, delle nostre leggi
11r
d'associazione e di riunion [sic] ispirate a libertà; traviati da una stampa dipendente e sobbillatrice, vogliano scorgere i chiari segni di un dissolvimento incipiente interno in singoli procedimenti e in sintomi transitori. Mi aiutino, signori, a distruggere queste illusioni; mostrino la loro compattezza concorde insieme al Governo dell'Impero; mostrino che attualmente in Germania vi è un solo pensiero che riempie tutti i cuori – il pensiero della patria<; e>: 2 che una sola volontà domina tutti gli strati del popolo, la volontà di resistere e di perseverare fino alla fine.
Ed ora mi permettano, signori, alcune parole sulla situazione generale. Dal mio illustre predecessore ho raccolto una eredità preziosa, la cura, cioè, dei nostri rapporti amichevoli coll'Austria-Ungheria, Turchia e Bulgaria. Le nostre alleanze con questi tre Stati sono state concluse in tempi diversi, ma comune è il loro scopo: realizzare l'ideale nazionale, assicurare il possesso territoriale e difenderlo dagli attacchi nemici. Il valore dominante di questo scopo ha temprato la nostra decisione nei lunghi e cruenti combattimenti, e la manterrà intatta fino alla fine della lotta. La mia gratitudine e la mia ammirazione vadano ai nostri fedeli alleati, ai quali ci ha unito la difesa dei nostri beni più sacri; insieme ai quali sono state compiute nei campi di battaglia e in patria gesta di incomparabile grandezza.
Ed ora io sono in grado di comunicare al Reichstag una notizia importantissima (segni del più vivo interesse). Il Governo diresse ieri da Zarskoje Selo un radiotelegramma firmato dal Commissario del Popolo per gli Affari esteri, signor Trotzkij, e dal Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo, signor Lenin, ai Governi e ai popoli dei paesi belligeranti, col quale propone di entrare quanto prima in negoziati per un armistizio ed una pace generale. Signori Deputati! Io non esito e dichiarare che nelle proposte fin qui note
12r
del Governo russo possono essere scorte basi discutibili per l'inizio dei negoziati, e sono pronto ad iniziarle non appena il Governo russo invierà i suoi plenipotenziari.
Spero e desidero che gli sforzi prendano presto una figura concreta e che ci portino la pace.
Con interesse sincero noi teniamo dietro all'ulteriore sviluppo del popolo russo, così duramente provato. Che gli sia consentito di ritornar prontamente ad uno stato di cose normale! Anche noi non desideriamo altro che di poter ritornare con esso ai vecchi rapporti di buoni vicini, specialmente nel campo economico.
Per quel che riguarda i paesi della Polonia, Lituania e Curlandia, che gli Zar avevano soggiogati al loro scettro, noi rispettiamo il diritto che i rispettivi popoli hanno di decidere la propria sorte. Noi ci attendiamo che questi popoli si diano quella conformazione statale, che più corrisponde alle loro condizioni e alla direzione della loro coltura. Del resto le cose sono qui completamente in via di sviluppo; notizie apparse qualche tempo fa nella stampa e secondo le quali si sarebbe proceduto in più punti ad accordi definitivi, hanno, a dir poco, preceduto di un bel tratto gli avvenimenti.
Diversa è la nostra situazione dinanzi all'Italia, alla Francia e all'Inghilterra. Dal giorno in cui noi e i nostri alleati ci mettemmo, nella risposta all'Appello pontificio, sul terreno dell'Appello stesso la data 1 agosto a. c., togliemmo qualsiasi appoggio ai folli vaniloqui dei nostri nemici; secondo i quali si trattava di distruggere il militarismo tedesco, perché questo minaccerebbe la pace dei popoli. Al contrario si è veduto dove si doveva ricercare, in verità il militarismo assassino della pace. Nel suo discorso del 26 ottobre a. c. il Ministri [sic] italiano Sonnino rigettò senz'altro il pensiero di un disarmo generale. Il motivo da egli addotto è sufficientemente significativo: non si potrebbe fare a meno – disse – dell'esercito permanente, per riguardo ai pericoli interni. E il signor Clemen-
13r
ceau spinge tanto innanzi il suo cinismo fino a escludere espressamente la Germania e l'Austria-Ungheria dalla comunità futura e pacifica dei popoli, nella quale il diritto dovrà subentrare al posto della forza delle armi. Lloyd George dichiara finalmente chiaro e tondo quale scopo della guerra l'annientamento del commercio tedesco. "La guerra – ha detto – dovrà esser continuata fino al raggiungimento di questo scopo." Dove, in verità, debbasi ricercare la brama di conquista, di qui i nemici vorrebbero gratificar noi, viene messo oggi in chiara luce davanti a tutto il mondo dalla pubblicazione iniziata da parte del Governo russo degli accordi segreti a suo tempo conclusi.
Il nostro fino di guerra fu, fin dal primo giorno, la difesa della Patria, la intangibilità dei suoi territori, la libertà e l'indipendenza della sua vita economica. Per questo noi potemmo salutare con gioia l'invocazione di pace del Papa. Lo spirito dal quale uscì fuori la risposta all'Appello pontificio vive ancor oggi, ma – se lo lascino dire i nemici – quella risposta non significa affatto una lettera d'immunità per il delittuoso proseguimento della guerra. (Approvazioni calorose cui partecipano anche le Tribune). Per la continuazione dell'orribile macello, per la distruzione di valori culturali insurrogabili, per il pazzo auto-dilaniamento dell'Europa la responsabilità ricade esclusivamente sui nostri nemici, ed essi dovranno subirne anche le conseguenze. Queste parole le tenga a mente in modo tutto particolare il signor Sonnino. Se i governanti italiani, – che hanno cacciato a forza nella guerra la disgraziata popolazione del Bel Paese, del Paese legato a noi per mille e mille ricordi – avessero stretto la mano di pace del Pontefice, la terribile disfatta del loro esercito, con tutte le conseguenze che ad essa si collegano, non sarebbe venuta. Che i loro amici facciano tesoro di questo ammonimento e ascoltino finalmente la voce della ragione e dell'umanità.
Per noi non vi può essere altro che questa parola d'ordine: "Attendere, perseverare, resistere! "Noi confidiamo in Dio e
14r
nella nostra causa giusta; confidiamo nei nostri grandi condottieri i cui nomi destano, ovunque pronunciati, una tempesta d'entusiasmo; confidiamo nei nostri guerrieri che lottano in terra, nel mare e nell'aria; e confidiamo, infine, nello spirito e nella forza morale del nostro popolo in patria. Esercito e popolazione, operando concordemente di conserva, riporteranno la vittoria. Per riportarla anche Lor signori vi contribuiranno ed io li prego ancora una volta della Loro fiduciosa cooperazione. (Il discorso, interrotto moltissime volte da applausi fragorosi, vien coronato da un'ovazione imponente durata qualche minuto e ad intervalli ripetuta).
1Hds. eingefügt von Pacelli.
2Hds. von unbekannter Hand gestrichen und eingefügt, vermutlich von Pacelli.
Empfohlene Zitierweise
Anlage vom 29. November 1917, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 7003, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/7003. Letzter Zugriff am: 02.05.2024.
Online seit 24.03.2010, letzte Änderung am 10.09.2018.