TEI-P5
Al principio della seduta della Giunta principale del Reichstag, il Cancelliere tenne
un discorso sulla situazione generale. Cominciò ringraziando con calde parole l'esercito e
la popolazione, e gettando quindi uno sguardo retrospettivo sui brillanti successi militari
delle ultime settimane. Rilevò la completa unità e il perfetto accordo della condotta
politica in Germania e presso gli alleati, e ricordò con vive parole le comuni gesta
gloriose e la fratellanza di armi delle quattro Potenze centrali. Disse inoltre dello stato
soddisfacente dei rapporti tedeschi con i paesi neutrali, mai interrotti nonostante la
campagna, a base di sobbillamento, della stampa nemica. Il Cancelliere aggiunse che la
Germania deplora profondamente i danni inflitti ai neutrali mediante la guerra economica
dell'Intesa, alla quale si sono aggiunti gli Stati Uniti che agiscono con una mancanza di
riguardo tutta speciale; e che è sempre pronta a partecipare all'approvvigionamento dei
neutrali in quanto ai generi di prima necessità, nella misura consentita dalla tensione
delle proprie forze e dallo sfruttamento delle risorse a causa della guerra.
Brevemente ma efficacemente il Cancelliere descrisse poscia lo stato delle cose nei paesi stranieri. Le difficoltà economiche e finanziarie della Francia aumentano rapidamente. Ancor più acuti si provano in Italia i disagi economici, accompagnati da sintomi concomitanti di politica interna, ove Governo e partiti guerrafondai tentano di soffocare con sforzi erculei la propaganda di pace che diviene sempre più energica.
Il Cancelliere passò quindi a parlare della risposta tedesca all'appello pontificio e della questione dei fini di guerra. Egli disse:
"La Nota tedesca è stata accolta favorevolmente, per quanto si sa a tutt'oggi, dai nostri amici ed alleati; con evidente imbarazzo, invece, dalla maggior parte degli avversari.
Laddove una critica è stata tentata, anche da parte amichevole e benevolente, essa si rivolge in prima linea contro la circostanza che la Nota non contiene dichiarazioni positive sulle singole questioni.
Se i signori deputati e la stampa si volessero schierare da questo punto di vista, la situazione ne risulterebbe enormemente facilitata, e la via verso la pace liberata da qualsiasi impedimento evitabile per il bene della patria."
Alla fine del suo discorso il Cancelliere passò a parlare della risposta di Wilson all'appello pontificio:
"Il tentativo di Wilson di seminar discordia fra il popolo e il Governo in Germania non ha speranza di successo. La Nota ha ottenuto il contrario di quello che voleva; essa ci ha uniti tutti ancor più saldamente nella irremovibile volontà di opporci con
Dopo il Cancelliere, il Segretario di Stato per gli affari esteri, dottor von Kühlmann, fece le seguenti dichiarazioni:
Signori!
In connessione con le cose dette dal Cancelliere, io mi permetto di illuminare un po' più da vicino altri punti della situazione europea. Soprattutto io voglio soffermarmi brevemente sulle notizie comparse nei giornali di questa mattina sulla esistenza di una Nota tedesca sul Belgio. Non starò a leggere a lor signori la notizia particolareggiata, giacché la conoscono. Io posso sbrigarmela con poche parole. Si tratta di una delle più sfrontate invenzioni che mi siano mai capitate di udire durante tutta la mia carriera politica. Probabilmente è di origine francese. In tutta la faccenda non v'è una parola di vero.
Il "Telegraaf" ci ha fornito iersera e stamattina gli estratti trasmessi dalla "Reuter" di un discorso pronunziato dal capo dell'opposizione della Camera dei Comuni inglese, Mr. Asquith. Un concittadino di Asquith, un distinto scrittore politico, ebbe a dire una volta che lo stato presente della diplomazia europea è caratterizzato dal fatto che gli uomini politici al potere delle varie nazioni si urlano a vicenda dalle pubbliche tribune. Se gli estratti della Reuter contengono fedelmente le parole di Asquith, credo di poter dire che in tal caso egli non ci ha fatto avanzare di un passo sulla via che per l'Europa è necessaria. Ma io non voglio commettere il solito errore di giudicare il contenuto dei discorsi inglesi sulla scorta di estratti telegrafici che, per
E vengo adesso all'argomento proprio della nostra presente discussione: all'appello di Sua Santità il Papa. Qualunque sia per essere il risultato immediato del passo del Papa per la pace, io non mi perito di dire già sin d'ora che la coraggiosa iniziativa del Pontefice il quale, dall'alto della sua posizione e confortato da una nobile tradizione di un ufficio sacerdotale più che millenario, si sentì specialmente chiamato a intromettersi mediatore, costituisce una tappa nella storia di questa immane lotta dei popoli; rimarrà una pagina di gloria imperitura negli annali della diplomazia vaticana. È stato un grande gesto quello del Papa, di lanciare la parola di pace nel tumulto di una guerra che minaccia di trasformare l'Europa in un campo di rovine cruente. Proprio il popolo tedesco e il Governo germanico, ai quali la coscienza della propria forza e dell'interna sicurezza ha reso sempre facile di insistere sulla disposizione a concludere una pace onorevole, hanno motivo di salutare con gratitudine l'iniziativa della Curia, come quella che ha permesso loro di esporre nuovamente la politica nazionale tedesca in modo chiaro e non ambiguo.
Io dico con intenzione: "politica nazionale", giacché spero e credo che la risposta del Governo germanico per la sua genesi come per il suo contenuto – nella misura almeno che questo può dirsi di qualsiasi documento politico – rispecchi la volontà della stragrande maggioranza dei Tedeschi. La risposta al Papa non è un documento importante solo nel riguardo internazionale; pure per l'evoluzione nostra, puramente tedesca, essa costituisce una pietra miliare. È, infatti, il risultato del lavoro armonico di tutti gli organi del Governo e dei rappresentanti del Parlamento germanico, tentato per la prima volta. Se la memoria non m'inganna, una collaborazione di tale intimità non venne mai tentata anche in paesi schiettamente parlamentari. Ma proprio questa cooperazione, il suo andamento e i suoi risultati possono riempire di fiducia e di speranza – mi sarà ben
Io non esito, signori, a dichiarare che dall'armonica Cooperazione del Parlamento e del Governo, quale si è avuta nella compilazione della risposta alla Nota pontificia, io ho concepito le migliori speranze per l'avvenire. Dato il carattere confidenziale che si è assegnato per gravi ragioni alle discussioni della Commissione dei Sette, io non posso scendere ai particolari; ritengo non di meno utile affermare – senza <per>2 questo commettere una indiscrezione giacché fu detto alcuni giorni addietro nella stampa – che le linee fondamentali della risposta della Germania, quali vennero tracciate dal Governo, furono giudicate accettabili dai rappresentanti di tutti i partiti, cosicché posso dire con pieno diritto che tutti i tentativi dei nostri nemici di scorgere nel fondamento della nostra politica estera un dissenso fra il Governo
Online seit 24.03.2010, letzte Änderung am 29.09.2014.
Dokument-Nr. 8612
I discorsi del Cancelliere e del Segretario di Stato von Kühlmann, nella Giunta principale del Reichstag, il 28 settembre, 28. September 1917
Brevemente ma efficacemente il Cancelliere descrisse poscia lo stato delle cose nei paesi stranieri. Le difficoltà economiche e finanziarie della Francia aumentano rapidamente. Ancor più acuti si provano in Italia i disagi economici, accompagnati da sintomi concomitanti di politica interna, ove Governo e partiti guerrafondai tentano di soffocare con sforzi erculei la propaganda di pace che diviene sempre più energica.
13r
In
Inghilterra la guerra dei nostri sommergibili esercita i suoi effetti sicuri e implacabili.
Soltanto la fallace speranza che fra noi debba rivelarsi la disunione, tiene i governanti
britannici aggrappati ai loro fini di guerra, o li induce ad annunciarne altri completamente
inconciliabili colle necessità vitali politiche ed economiche della Germania. Negli Stati
Uniti il Governo tenta con qualsiasi mezzo, non rifuggendo nemmeno dal più inaudito
terrorismo, di imporre lo spirito bellico mancante a tutt'oggi nei più ampi circoli della
nazione. Noi attendiamo tranquilli e fiduciosi che l'Unione ci mandi contro le forze
militari annunciate. In Russia domina una gravissima crisi economica; specialmente i mezzi
di trasporto non corrisponderanno assolutamente ai compiti che la conclusione della pace
porterà seco. La questione di una smobilitazione futura preme come un incubo sul nuovo
Governo russo. I governanti, dipendenti per metà dai Consigli degli operai e dei soldati e
per metà dai loro finanziatori inglesi ed americani, sembra non possiedano ormai alcuna
possibilità di movimento verso l'estero. Attualmente non evvi più nessuno in Russia che
trovi la forza, a ragione del caos e degl'influssi dell'Intesa, per realizzare l'ardente e
generale desiderio di pace. Il Cancelliere passò quindi a parlare della risposta tedesca all'appello pontificio e della questione dei fini di guerra. Egli disse:
"La Nota tedesca è stata accolta favorevolmente, per quanto si sa a tutt'oggi, dai nostri amici ed alleati; con evidente imbarazzo, invece, dalla maggior parte degli avversari.
Laddove una critica è stata tentata, anche da parte amichevole e benevolente, essa si rivolge in prima linea contro la circostanza che la Nota non contiene dichiarazioni positive sulle singole questioni.
14r
È davvero incomprensibile come un conoscitore della
situazione e dei diritti internazionali possa credere esser noi al caso di fissare, con una
dichiarazione unilaterale, ossia data soltanto da noi, la soluzione di questioni così
importanti e in relazione indissolubile col grande complesso di questioni da discutersi in
eventuali negoziati di pace. Una tale dichiarazione ufficiale non potrebbe, allo stadio
attuale, che generare confusione e danneggiare gl'interessi tedeschi. Se noi fossimo scesi a
particolari, la parola d'ordine nel campo avverso – lo desumiamo con sicurezza dal contenuto
della stampa avversaria contro di noi – sarebbe stata questa: "Le concessioni tedesche
debbonsi interpretare come un segno della crescente debolezza della Germania; esse sono
comprensibilissime e quindi da considerarsi senza valore." Non ci saremmo avvicinati di un
sol passo alla pace; al contrario: la persuasione da parte degli avversari, che soltanto lo
stato precario della nostra situazione ci avrebbe potuto decidere ad accettare un contegno
del tutto inspiegabile per qualsiasi tecnico diplomatico, non avrebbe fatto altro,
certamente, che prolungare la guerra. Io reclamo per il Governo il diritto che reclamarono i
governanti di tutti gli Stati avversari e che ancora recentemente son tornati a reclamare.
Il punto di vista del Governo dal quale non ci faremo rimuovere è questo: che io debbo
rifiutarmi presentemente di precisare i nostri fini di guerra e di legare le mani ai nostri
plenipotenziari. Se i signori deputati e la stampa si volessero schierare da questo punto di vista, la situazione ne risulterebbe enormemente facilitata, e la via verso la pace liberata da qualsiasi impedimento evitabile per il bene della patria."
Alla fine del suo discorso il Cancelliere passò a parlare della risposta di Wilson all'appello pontificio:
"Il tentativo di Wilson di seminar discordia fra il popolo e il Governo in Germania non ha speranza di successo. La Nota ha ottenuto il contrario di quello che voleva; essa ci ha uniti tutti ancor più saldamente nella irremovibile volontà di opporci con
15r
fatti e con tutta la nostra forza a qualsiasi
intromissione straniera. Le proteste infiammate, nate dal più profondo sdegno, specialmente
quella del Presidente del Reichstag, confermano questa volontà. E come la Nota wilsoniana,
tanto meno riuscirà a qualsiasi altro tentativo nemico di vincere lo spirito che il
4 agosto 1914 si rivelò nel popolo tedesco; questo spirito vivrà e vincerà sinché
il cerchio dei nemici ci costringerà a difendere la nostra esistenza e il nostro avvenire."
Dopo il Cancelliere, il Segretario di Stato per gli affari esteri, dottor von Kühlmann, fece le seguenti dichiarazioni:
Signori!
In connessione con le cose dette dal Cancelliere, io mi permetto di illuminare un po' più da vicino altri punti della situazione europea. Soprattutto io voglio soffermarmi brevemente sulle notizie comparse nei giornali di questa mattina sulla esistenza di una Nota tedesca sul Belgio. Non starò a leggere a lor signori la notizia particolareggiata, giacché la conoscono. Io posso sbrigarmela con poche parole. Si tratta di una delle più sfrontate invenzioni che mi siano mai capitate di udire durante tutta la mia carriera politica. Probabilmente è di origine francese. In tutta la faccenda non v'è una parola di vero.
Il "Telegraaf" ci ha fornito iersera e stamattina gli estratti trasmessi dalla "Reuter" di un discorso pronunziato dal capo dell'opposizione della Camera dei Comuni inglese, Mr. Asquith. Un concittadino di Asquith, un distinto scrittore politico, ebbe a dire una volta che lo stato presente della diplomazia europea è caratterizzato dal fatto che gli uomini politici al potere delle varie nazioni si urlano a vicenda dalle pubbliche tribune. Se gli estratti della Reuter contengono fedelmente le parole di Asquith, credo di poter dire che in tal caso egli non ci ha fatto avanzare di un passo sulla via che per l'Europa è necessaria. Ma io non voglio commettere il solito errore di giudicare il contenuto dei discorsi inglesi sulla scorta di estratti telegrafici che, per
16r
esperienza, sono ben poco attendibili. E vengo adesso all'argomento proprio della nostra presente discussione: all'appello di Sua Santità il Papa. Qualunque sia per essere il risultato immediato del passo del Papa per la pace, io non mi perito di dire già sin d'ora che la coraggiosa iniziativa del Pontefice il quale, dall'alto della sua posizione e confortato da una nobile tradizione di un ufficio sacerdotale più che millenario, si sentì specialmente chiamato a intromettersi mediatore, costituisce una tappa nella storia di questa immane lotta dei popoli; rimarrà una pagina di gloria imperitura negli annali della diplomazia vaticana. È stato un grande gesto quello del Papa, di lanciare la parola di pace nel tumulto di una guerra che minaccia di trasformare l'Europa in un campo di rovine cruente. Proprio il popolo tedesco e il Governo germanico, ai quali la coscienza della propria forza e dell'interna sicurezza ha reso sempre facile di insistere sulla disposizione a concludere una pace onorevole, hanno motivo di salutare con gratitudine l'iniziativa della Curia, come quella che ha permesso loro di esporre nuovamente la politica nazionale tedesca in modo chiaro e non ambiguo.
Io dico con intenzione: "politica nazionale", giacché spero e credo che la risposta del Governo germanico per la sua genesi come per il suo contenuto – nella misura almeno che questo può dirsi di qualsiasi documento politico – rispecchi la volontà della stragrande maggioranza dei Tedeschi. La risposta al Papa non è un documento importante solo nel riguardo internazionale; pure per l'evoluzione nostra, puramente tedesca, essa costituisce una pietra miliare. È, infatti, il risultato del lavoro armonico di tutti gli organi del Governo e dei rappresentanti del Parlamento germanico, tentato per la prima volta. Se la memoria non m'inganna, una collaborazione di tale intimità non venne mai tentata anche in paesi schiettamente parlamentari. Ma proprio questa cooperazione, il suo andamento e i suoi risultati possono riempire di fiducia e di speranza – mi sarà ben
17r
lecito di
esprimerlo – un uomo di Stato cui stia a cuore la politica tedesca. Una politica estera che
non venga sorretta nelle sue linee fondamentali dal consenso del popolo e da quello dei suoi
rappresentanti; una politica estera che non venga appoggiata in Parlamento da un attivo
intervento nel momento opportuno con un savio e ben calcolato lasciar fare del potere
esecutivo, non può condurre a buon fine la difficile lotta contro tanti nemici. All'estero
si lavora spesso con una leggenda che pretenderebbe esistere in Germania una politica del
Governo ed una del popolo. Che ciò sia una leggenda è oggi ben chiaro; tuttavia niente
potrebbe sfatarla <meglio>1 della piena adesione di lor Signori alla politica esposta
nella nostra risposta a Sua Santità. Anche le stolte affermazioni di profonde divergenze
nello stesso Governo, di opinioni opposte fra gli stessi moderatori della cosa pubblica e
perfino fra il Governo dell'Impero e i geniali duci dell'esercito, ai quali dopo Dio
dobbiamo se la Germania si trova nella sua condizione presente; devono essere esposte al
ridicolo che si meritano. Tutti gli organi accennati lavorano giorno per giorno, ora per
ora, nel massimo accordo: una decisione di questioni davvero vitali presa senza il consenso
di tutti, non è concepibile. Io non esito, signori, a dichiarare che dall'armonica Cooperazione del Parlamento e del Governo, quale si è avuta nella compilazione della risposta alla Nota pontificia, io ho concepito le migliori speranze per l'avvenire. Dato il carattere confidenziale che si è assegnato per gravi ragioni alle discussioni della Commissione dei Sette, io non posso scendere ai particolari; ritengo non di meno utile affermare – senza <per>2 questo commettere una indiscrezione giacché fu detto alcuni giorni addietro nella stampa – che le linee fondamentali della risposta della Germania, quali vennero tracciate dal Governo, furono giudicate accettabili dai rappresentanti di tutti i partiti, cosicché posso dire con pieno diritto che tutti i tentativi dei nostri nemici di scorgere nel fondamento della nostra politica estera un dissenso fra il Governo
18r
e il popolo tedesco, quasi che il popolo non consentisse
tutto alla politica estera dell'Imperatore e del Cancelliere, sono da respingersi come una
fantasia, come un'asserzione campata in aria.
1↑Hds. von unbekannter Hand eingefügt, vermutlich
vom Verfasser.
2↑Masch. eingefügt, vermutlich vom
Verfasser.