Dokument-Nr. 9563
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro
München, 06. Juni 1918

Regest
Auf Anraten des Abtprimas Fidelis von Stotzingen hat der Abt von Maria Laach, Ildefons Herwegen, Pacelli aufgesucht, um ihm über sein Treffen mit dem deutschen Kaiser am 22. Mai 1918 im Großen Hauptquartier zu berichten. Es war das fünfte Mal, dass der Abt mit dem Kaiser sprechen durfte. Nunmehr hat sich des Kaisers Haltung gegenüber dem Heiligen Stuhl verändert. Schon früher habe der Kaiser sich über Dinge beschwert, etwa dass es an der Kurie keinen deutschen Kardinal gebe. Es gab aber immer auch andere katholischen Institutionen oder Personen, die er gelobt hat. Noch bei seinem vorletzten Besuch am 29. August 1914 war er zufrieden, dass die Mönche der Abtei Monte César in Löwen in Maria Laach unterkommen konnten und wollte das Klostergebäude schützen. Auch war er froh, Papst Pius X. durch die Übersendung der konstantinischen Standarte eine kleine Freude bereiten zu können, obwohl er auch mit diesem nicht völlig zufrieden war. Und auch wenn er mit dem Betragen des belgischen Klerus unzufrieden war, so lobte er doch die Koblenzer Hospitalbrüder für ihre Sorge um die Verwundeten und war von den patriotischen Gefühlen des katholischen Klerus in Deutschland völlig überzeugt. 1917 hatte Prior Hammenstede den Kaiser bei seinem Besuch in der Benediktinerinnenabtei St. Hildegard empfangen, bei dem er vom vorherigen Besuch Pacellis in Kreuznach, der auf ihn und die Personen im Großen Hauptquartier einen hervorragenden Eindruck gemacht hatte, berichtete und bei dem er von einem sehr wohlwollenden Schreiben des Papstes sprach. Am 22. Mai zeigte sich der Kaiser nun völlig verbittert und enttäuscht, beklagte sich über das Betragen Kardinal Merciers und des belgischen Klerus, besonders aber, dass der Papst die Mächte der Entente bevorzuge, was die jüngste Kardinalskreierung beweise. Er habe die Ernennung der Bischöfe von Breslau und Paderborn zum Kardinal erwartet und die Ernennung "in pectore" des ersteren befriedige ihn nicht. General von Plessen hat gegenüber Hammenstede erklärt, Deutschland wolle dem Heiligen Stuhl nach dem Krieg zu einem unabhängigen Territorium verhelfen, aber nur, wenn dieser auch etwas für Deutschland täte. Der Kaiser klagte auch darüber, dass die deutschen Diplomaten und Abtprimas von Stotzingen Rom verlassen mussten und nicht im Vatikan untergebracht wurden. Auch soll der Kaiser überaus irritiert über das "Te Deum" gewesen sein, das man in Rom aus Anlass der Eroberung Jerusalems angestimmt habe. So habe der Abt den Eindruck, der Kaiser sei gegen den Heiligen Stuhl und die Katholiken überaus aufgebracht, auch weil der Papst es den Mächten der Entente habe durchgehen lassen, seine Friedensinitiative nicht zu beantworten. Pacelli hat entsprechend seinem Auftrag diesen Eindruck nicht nur beim Abt selbst zu entkräften gesucht, sondern ihm auch aufgetragen, dahingehend mit Eifer und Klugheit beim Kaiser zu wirken.
Betreff
Colloquio del P. Abate di Maria Laach con S. Maestà l'Imperatore di Germania
Riservato
Eminenza Reverendissima,
Il Reverendissimo P. Abate di Maria Laach D.  Ildefonso Herwegen, per consiglio del Reverendissimo P.  Abate Primate von Stotzingen, è venuto oggi a visitarmi qui in Monaco e mi ha narrato quanto ho l'onore di riferire qui appresso esattamente all'Eminenza Vostra Reverendissima.
"Il 22 Maggio scorso (egli mi ha detto dopo i soliti convenevoli) sono stato ricevuto in Udienza da Sua Maestà l'Imperatore di Germania nel Gran Quartiere Generale.
Era la quinta volta che io avevo l'onore di parlare con Sua Maestà. – Con mio rincrescimento ho trovato assai mutate le disposizioni dell'Imperatore verso la Santa Sede. Anche in altre precedenti occasioni egli si era lamentato dell'una o dell'altra cosa, così, per esempio il 17 ottobre 1916 (1) aveva mosso lagnanza che non vi fosse in Roma nessun
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Cardinale di Curia germanico; ma, in compenso, eranvi allora sempre altre istituzioni o personalità cattoliche, che Sua Maestà apprezzava e lodava. Nell'ultima Udienza, invece, l'Imperatore si è mostrato molto aspro e sdegnato. Ebbi l'impressione che Egli avesse atteso questa occasione per manifestare liberamente il suo malcontento. La penultima volta che io lo avevo veduto nel Gran Quartiere Generale il 29 Agosto 1914, egli rilevò colla più amabile cortesia che all'intiera comunità dell'Abbazia Monte César di Lovanio nel Belgio era stato possibile di trovar rifugio nell'Abbazia di Maria Laach, e si adoperò subito per proteggere quel Monastero. Sua Maestà espresse pure il suo piacere di aver potuto coll'invio del Labaro Costantiniano arrecare una piccola gioia al Santo Padre Pio X – del Quale, nondimeno, era ben lungi dall'essere del tutto contento – negli ultimi giorni della sua vita. E se egli allora si dolse della condotta del Clero belga, assai lodò tuttavia, d'altra parte, i Fratelli Ospitalieri di Coblenza per la loro premurosa e caritatevole cura dei feriti; assicurò pure di essere pienamente convinto dei sentimenti patriottici del Clero cattolico della Germania.
L'anno scorso (così ha continuato a dirmi il sullodato P. Abate di Maria Laach ed io credo mio dovere di riprodurre in tutto testualmente le sue parole) il Priore P. Alberto
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Hammenstede ricevette l'Imperatore nella sua visita alle Benedettine dell'Abbazia di S. Ildegarda presso Rüdesheim a/R. Ciò avvenne pochi giorni dopo la visita di Vostra Eccellenza al Gran Quartiere Generale in Kreuznach. Sua Maestà disse allora: "Il Nunzio Apostolico mi ha portato una lettera del Papa. Sua Santità ci è molto benevola." La visita di Vostra Eccellenza fece sul Kaiser un'eccellente e notevole impressione; i personaggi, che sono presso di lui al Gran Quartiere Generale, ne parlano ancora.
Tanto più sorprendente fu quindi l'attitudine di Sua Maestà nell'Udienza del 22 Maggio. Il P. Priore, il quale – come ho già notato – aveva veduto l'Imperatore pochi giorni dopo la visita di Vostra Eccellenza, osservò: "Sembra di vedere e di udire due persone assolutamente diverse, se si ripensa alle espressioni di Sua Maestà dell'anno scorso". Senza dubbio è ben fondato il supporre che coloro, i quali lo circondano, esercitino sul Kaiser un'influenza in senso anticattolico; tuttavia non si può addurre di ciò alcuna prova.
Sua Maestà rammaricò fortemente della condotta dell'Eminentissimo Cardinale Mercier e del Clero belga. Soprattutto però l'Imperatore affermò che il Santo Padre favorisce le Potenze dell'Intesa a preferenza della Germania, e ne portò come argomen-
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to le ultime nomine di Cardinali. Egli vivamente desiderava l'elevazione alla Sacra Porpora dei Vescovi di Breslavia e di Paderborn. La creazione in pectore del primo non basta ad appagare Sua Maestà, che brama di vederlo nominato Cardinale pubblicamente dinanzi a tutto il mondo.
Ho avuto l'impressione che l'effettiva nomina pubblica del suddetto Prelato riuscirebbe assai gradita all'Imperatore come segno di deferenza da parte del Santo Padre.
Il Capo del Gran Quartiere, Generale von Plessen, disse al Priore: "Se l'esito della guerra ci sarà favorevole, Sua Maestà l'Imperatore intende di aiutare il Santo Padre ad ottenere un territorio sino al mare, ove possano dimorare tutti i Ministri accreditati presso la Santa Sede. Ma Ella comprenderà bene che noi non abbiamo alcun interesse di appoggiare la Santa Sede, se il Santo Padre non fa nulla per noi.
Uno dei motivi di lamento da parte del Kaiser era appunto la circostanza che i Ministri della Germania e l'Abate Primato von Stotzingen dovettero lasciar Roma, mentre, secondo lui, avrebbero potuto essere alloggiati in Vaticano.
Appresi anche da uno dei personaggi del Gran Quartiere che l'Imperatore era rimasto molto irritato a causa del Te Deum cantato in Roma per la conquista di Gerusalemme da parte degli
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Inglesi.
Per riassumere la mia impressione, (concluse il P. Abate) posso dunque dire che così la sostanza di quanto disse l'Imperatore, come il tono della voce e tutto il di lui portamento dimostrarono chiaramente la sua viva irritazione contro la Santa Sede e contro i cattolici.
La circostanza, infine, che il Santo Padre abbia sopportato che le Potenze dell'Intesa non rispondessero alla Sua Nota per la pace, fu anche giudicato duramente dall'Imperatore."
Tali sono state le comunicazioni verbali fattemi dal più volte menzionato Abate. – È per me superfluo aggiungere che, da parte mia, com'era mio dovere, non solo gli ho dato tutte le informazioni e gli schiarimenti opportuni sui vari punti suaccennati, ma l'ho anche caldamente esortato ad adoperarsi con zelo e prudenza per far dissipare possibilmente dall'animo dell'Imperatore le attuali sue così sfavorevoli disposizioni a riguardo della Santa Sede e della Chiesa cattolica.
Dopo di ciò, chinato umilmente al bacio della Sacra Porpora, con sensi di profondissima venerazione mi pregio confermarmi
Di Vostra Eminenza Reverendissima
Umilissimo Devotissimo Obbligatissimo Servo
+ Eugenio Arcivescovo di Sardi
Nunzio Apostolico
(1) Non sono pienamente sicuro di ricordare esattamente questa data per ciò che riguarda l'anno.
1Protokollnummer rekonstruiert aus Protokollbuch.
Empfohlene Zitierweise
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro vom 06. Juni 1918, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 9563, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/9563. Letzter Zugriff am: 19.04.2024.
Online seit 02.03.2011.