TEI-P5
Erzberger, Matthias
Nel "Tag" il consigliere intimo di prefettura, professor dottor Martin Fassbender, membro del Reichstag e della Camera dei deputati prussiana, ha pubblicato un articolo intitolato "intorno alla risposta della Germania alla Nota pontificia per la pace." L'autore prende le mosse dal fatto che lo scoppio della guerra trovò la Germania unita, mentre, nell'incamminarsi verso la pace, sembra che le sue forze si disperdano. A leggere la stampa quotidiana si è quasi indotti a pensare che certa gente si sia proposta di destare all'estero l'impressione della massima, discordia in Germania. Nella questione degli scopi di guerra le opinioni, in realtà, divergono assai. Volgari pregiudizi tentano d'imporsi; negli scritti e nei
Il deputato progressista Conrad Haussmann, in un articolo intitolato "La Nota-risposta tedesca" mette nella "Frankfurter Zeitung" in risalto innanzi tutto il fatto che con l'approvazione dell'Imperatore e del Comando Supremo dell'esercito, nella seduta del Consiglio della corona dell'11 settembre, alla politica del Governo svolta in armonia con la"risoluzione" della maggioranza del Reichstag è stato ricostituito l'accordo fra i pubblici poteri. La politica del Governo germanico si delinea chiaramente nella Nota in parola. Essa si fonda esplicitamente ed oggettivamente sul terreno della politica propugnata dal Reichstag il 19 luglio u. s. Anzi si spinge ancora più in là accogliendo, in principio, l'idea di un disarmo generale, cosa di particolare importanza in bocca del Governo di Berlino, giacché rinsalderà la fede nella volontà della Germania di pervenire ad una pace senza secondi fini. Il giudizio della storia sulla Nota dipenderà specialmente dall'eco che essa avrà nel mondo, ma anche se questo eco nei paesi dell'Intesa sarà stentata o discorde, il mondo non tarderà a scoprire sino a che punto l'esitare è ispirato da tattica e da ostacoli sentimentali non ancora sormontati. Più importante che l'eco'di Roma e di Pietrogrado sembra al Haussmann quella degli Stati Uniti, e non tanto l'ufficiale, quanto la privata. Wilson ha già dovuto lottare contro un vento contrario aumentante di forza, e, da settimane, contare perfino con la possibilità di un mutamento di direzione del vento. Per Londra e Parigi un dar giù dell'umore in
In un articolo intitolato "La forza del diritto" l'ex-segretario di Stato dottor Bernhard Dernburg, richiamandosi alla domanda di garanzia rivolta da Wilson al popolo nella sua risposta al Papa, ha scritto che la risposta della Germania contiene la prova che l'intero popolo tedesco, rappresentato dai suoi eletti, è d'accordo con essa. A questa Nota della Germania si dovrà concedere un posto particolare nella storia dei documenti diplomatici giacché essa la fa finita, per la prima volta, con "la diplomazia segreta". Essa è stata compilata con la collaborazione dei rappresentanti di tutti i grandi partiti del Reichstag e rispecchia quindi la volontà del Bundesrat, del Governo e del popolo. Le Note di Wilson non hanno nemmeno per sogno una base di tanta autorità.
"Smobilitazione degli spiriti" intitola Friedrich Meinecke, professore di storia all'Università di Berlino, un articolo pubblicato nella liberale "Frankfur-
Oltre che con la penna molte persone eminenti hanno manifestato a voce, in grandi riunioni, il loro giudizio sulla risposta della Germania. Noi citiamo qui soltanto i discorsi che il deputato Erzberger ha tenuto nella Germania meridionale. In quello di Ulm (24 settembre) dinanzi a migliaia di persone, egli distinse queste tre pietre miliari sul cammino della pace: il 19 luglio ("risoluzione" del Reichstag); il 15 agosto (Nota del Papa); il 19 settembre (risposta della Germania alla Nota del Papa). Per quest'ultima il Governo germanico merita gratitudine, unanime approvazione e appoggio senza riserve. La risposta è degna veramente di un popolo che ha compiuto gesta mirabili. Erzberger chiamò la Nota "la più nobile risposta agli sgarbi plebei di Wilson," e rilevò che lo spirito di essa è il prodotto dell'adesione del Governo alla manifestazione per la pace del Reichstag. Consapevole della sua forza, la Germania, con questa risposta, è tornata a dirsi pronta ad una pace per via d'accordo e di accomodamento. L'umanità intera deve essere grata al Governo germanico per aver dato il primo passo sulla via d'una simile pace. Quanto alla sua efficacia all'interno la Nota può costituire la base di una nuova tregua civile essendo il risultato dell'accordo del Governo con la rappresentanza nazionale e con il popolo. Nel campo della politica estera esso spiana la via alla pace per via d'intesa, che fa sperare in una du-
29. 9. 1917.
Online since 24-03-2010.
Document no. 8614
Erzberger, Matthias
: La Nota di risposta tedesca alla Lettera Pontificia e la stampa dei grandi partiti in
Germania. III., 29 September 1917
40r
La risposta della Germania alla Nota pontificia per la pace
fu pubblicata, com'è noto, in Germania, sabato 22 settembre, dei commenti della stampa,
comparsi nel medesimo giorno, noi abbiamo riferito i principali nelle due relazioni
precedenti. In una serie di edizioni della domenica (23 settembre) presero poi la penna
per manifestare il loro avviso sulla Nota come sui problemi da essa sollevati parecchi
uomini autorevoli: parlamentari, professori di Università, funzionari superiori dello Stato
a riposo. In quel che segue noi riassumeremo le considerazioni di quattro di tali persone
eminenti perché atte quanto mai a dimostrare l'effetto della risposta della Germania su
cittadini altolocati e che appartengono al fiore della intelligenza germanica.Nel "Tag" il consigliere intimo di prefettura, professor dottor Martin Fassbender, membro del Reichstag e della Camera dei deputati prussiana, ha pubblicato un articolo intitolato "intorno alla risposta della Germania alla Nota pontificia per la pace." L'autore prende le mosse dal fatto che lo scoppio della guerra trovò la Germania unita, mentre, nell'incamminarsi verso la pace, sembra che le sue forze si disperdano. A leggere la stampa quotidiana si è quasi indotti a pensare che certa gente si sia proposta di destare all'estero l'impressione della massima, discordia in Germania. Nella questione degli scopi di guerra le opinioni, in realtà, divergono assai. Volgari pregiudizi tentano d'imporsi; negli scritti e nei
40v
discorsi non si conoscono più freni, e
mentre si esige per se stessi illimitato diritto di manifestazione del proprio giudizio, si
nega, ad un tempo, a chi pensa diversamente il diritto di sostenere la sua opinione. Né
basta: si vuole che il proprio convincimento scaturisca dal più puro amor di patria, e che,
invece, ogni avviso contrario costituisca un tradimento. Il professor Fassbender si
preoccupa però, soprattutto, del fatto che si tenta di approfittare della scissione
religiosa della Germania per suscitare correnti popolari sfruttando la diffidenza fra i
seguaci di confessioni diverse a scopi politici. Come nati da questo spirito devono
considerarsi pure – secondo il Fassbender – quei commenti nei quali si è cercato di
giudicare la Nota del Papa per la pace da un punto di vista meramente protestante e di
respingere la sua opera mediatrice. L'autore si sofferma quindi sull'articolo che il membro
della Camera dei Signori prussiana, conte Albrecht zu Stolberg-Wernigerode, ha pubblicato in
un piccolo giornale di provincia e che culmina nell'affermazione che "la Germania
protestante" non può assolutamente riconoscere il Papa come suo padre spirituale, ma deve
anzi protestare contro la sua ingerenza in questioni che riguardano l'Impero Germanico. Il
professor Fassbender accenna alla confutazione delle affermazioni del conte stampata dalla
"Kölnische Volkszeitung" ed osserva, dal canto suo, che non esiste "una Germania
protestante" ma solo cittadini tedeschi, di diversa confessione religiosa, fra i quali
soltanto i cattolici ascendono a 24 milioni. Questi cattolici, e con essi gli ebrei, i
libero-pensatori, i pan-41r
teisti, gli atei, i fuori di ogni
religione e confessione non sono certo disposti a lasciarsi comprendere nella "Germania
protestante". Invece di disputare sulla giustificazione o no della formula "pace per via
d'accordo", tutti dovrebbero pensare ad insistere su quanto può infondere la concordia negli
animi. La formula "pace per via d'accordo", se la si consideri a rigore, implica una cosa
ovvia. Ogni pace deve, in conclusione, ottenersi per via d'accordo e di accomodamento. Una
pace per via d'intesa non equivale ad una pace ottenuta con la rinunzia alla prosperità
futura della Germania. È naturale che l'accomodamento da conseguirsi con le trattative di
pace debba garantire alla Germania non solo la sua sicurezza politica, ma altresì il suo
progressivo sviluppo economico. Non il fatto che il Reichstag germanico, nonostante la più
incrollabile fiducia nella vittoria e la più ferma volontà di vincere, nonostante la piena
coscienza della forza della Germania, si è, in maggioranza, pronunziato per un'intesa dei
popoli nuoce al prestigio dell'Impero, ma lo spettacolo d'irrequietezza e di scontentezza
conseguenza degli interni dissensi. Ciò premesso, il professor Fassbender passa a parlare
della Nota della Germania che definisce un capolavoro di arte diplomatica. Le parole di
ringraziamento e di riconoscimento rivolte al Papa nell'esordio dovrebbero essere approvate
da tutti. Non v'è persona al mondo, che, per se stessa e per l'ufficio, sia meglio
autorizzata a una tale missione del Papa presente, che trascorse la sua giovinezza e la
massima parte della sua virilità nella diplomazia e poté farsi quindi direttamente
41v
un'idea esatta delle condizioni dei paesi d'Europa, del
resto, pure durante la guerra, nessuno più del Papa, per mezzo dei rappresentanti ufficiali
della Curia, ha avuto modo di ricevere continue e attendibili informazioni sullo stato degli
animi e delle cose in tutte le parti d'Europa. Uomo di larghe vedute e fornito
dell'esperienza di uomini e cose acquistata nella vita; conoscitore dei moti del cuore umano
come del meccanismo diplomatico, e armato di pazienza tenace nel perseguimento di una mèta
prefissasi, si può confidare che egli non si lascerà forviare dalle bassezze e dalle
arroganze della politica di Wilson. È poi superfluo accennare che il suo alto ufficio
gl'impone addirittura di non lasciar nulla d'intentato per impedire la decadenza morale
dell'umanità, come è inevitabile dopo ogni guerra, e come dopo l'odierna, data la sua
estensione nello spazio e nel tempo, si avvererebbe con speciale gravità. Per tutte le
discussioni che si avranno ancora nella stampa e nelle pubbliche riunioni intorno alla
questione degli scopi di guerra sembra all'autore opportuno di mettere in risalto alcune
particolarità della Nota, e cioè che la questione della responsabilità della guerra non
viene rivangata parlandosi in essa solo di una "crisi", di una "grande catastrofe dei
popoli", di una "sciagurata concatenazione di fatti"; inoltre che l'unanime intenzione e la
volontà non platonica che Imperatore, popolo e Governo hanno di aprire la strada ad una
libera gara delle nazioni sono manifestate senza reticenze e così la disposizione ad
"appoggiare ogni proposta di pacifico accomodamento che risulti
42r
conciliabile con gl'interessi capitali del popolo
tedesco. I mezzi speciali per conseguire questo scopo non vengono accennati: com'è giusto,
dato che si voglia pensare anzitutto a indurre i contendenti a venire a patti. E a chiunque
pensi che le forze d'impulsione morali nella vita del mondo non siano una chimera, una
fantasia, i periodi della Nota sulla forza morale del diritto, da sostituirsi alla violenza
delle armi, e l'affermazione che soddisfacenti condizioni d'esistenza e un rifiorimento
della società umana non sono possibili che con la prevalenza delle energie morali, devono
riuscire oltremodo graditi. La Germania ha compiuto omai, dinanzi a Dio e alla storia,
quanto era in lei per il ristabilimento della pace. Oggi non è ancora possibile prevedere se
l'azione del Papa sarà coronata da pieno successo. Ciò dipende interamente dalle circostanze
che possono esercitare influenza decisiva sul giudizio e la volontà dei nemici. Vale anche
qui il detto di Plinio, scolpito in Roma sulla tomba di Adriano VI., l'ultimo Papa
tedesco: "Quanto importano le circostanze in cui è costretta a palesarsi la capacità anche
dell'uomo più valente." Degne di consenso sono pure le parole scritte, tempo addietro, sul
papato nella guerra mondiale da una rivista non cattolica ("Nord und Süd"): "Se il Vaticano
pubblicherà un Libro bianco sulla sua opera durante la guerra, il mondo riconoscerà con
immensa gratitudine l'attività instancabile di Benedetto XV. per alleviare le miserie e
i dolori di questa tremenda fra tutte le guerre e per dimostrarsi fedele successore di colui
che fu l'amico più sollecito di tutti gli 42v
affaticati e gli
affranti."Il deputato progressista Conrad Haussmann, in un articolo intitolato "La Nota-risposta tedesca" mette nella "Frankfurter Zeitung" in risalto innanzi tutto il fatto che con l'approvazione dell'Imperatore e del Comando Supremo dell'esercito, nella seduta del Consiglio della corona dell'11 settembre, alla politica del Governo svolta in armonia con la"risoluzione" della maggioranza del Reichstag è stato ricostituito l'accordo fra i pubblici poteri. La politica del Governo germanico si delinea chiaramente nella Nota in parola. Essa si fonda esplicitamente ed oggettivamente sul terreno della politica propugnata dal Reichstag il 19 luglio u. s. Anzi si spinge ancora più in là accogliendo, in principio, l'idea di un disarmo generale, cosa di particolare importanza in bocca del Governo di Berlino, giacché rinsalderà la fede nella volontà della Germania di pervenire ad una pace senza secondi fini. Il giudizio della storia sulla Nota dipenderà specialmente dall'eco che essa avrà nel mondo, ma anche se questo eco nei paesi dell'Intesa sarà stentata o discorde, il mondo non tarderà a scoprire sino a che punto l'esitare è ispirato da tattica e da ostacoli sentimentali non ancora sormontati. Più importante che l'eco'di Roma e di Pietrogrado sembra al Haussmann quella degli Stati Uniti, e non tanto l'ufficiale, quanto la privata. Wilson ha già dovuto lottare contro un vento contrario aumentante di forza, e, da settimane, contare perfino con la possibilità di un mutamento di direzione del vento. Per Londra e Parigi un dar giù dell'umore in
43r
Nuovayork significherebbe assai, giacché l'Intesa è
tenuta su, da un anno, soltanto dalla speranza nell'America. La politica di Wilson ha
incontrato l'opposizione di molti intelligenti Americani, che occorre appoggiare, né ciò si
può meglio che con una politica chiara, leale, conseguente. Se il sincero tentativo della
Germania sarà respinto con l'esposizione di condizioni inaccettabili per i negoziati
preliminari, bisogna pure far luce nel mondo. La Germania stringe oggi ancora nelle mani la
sua spada tagliente e non l'abbasserà mai ingenuamente. Bisogna attendere con calma e
fermezza lo svolgersi delle correnti dell'opinione pubblica all'estero cui tocca rispondere.
Non devesi perder la pazienza per ogni parola irosa di giornali nemici guerrafondai. Se in
Germania voci private si levano contro la politica del Governo la cosa non è poi così
nociva. Tali voci non fanno che dimostrare la serietà e la sincerità del contegno e del
progresso politico della Germania. Il programma della politica estera è omai ufficialmente
stabilito per la maggioranza della rappresentanza nazionale e per il Governo dell'Impero. La
maggioranza del Reichstag, che fu spinta da puro amor di patria e senso della realtà, a
mettersi per una via chiara e assennata, contribuirà all'attuazione di questa politica.
Nella prossima votazione essa crescerà ancora. Nei riguardi della politica interna,
l'accaduto costituisce una mossa da governo costituzionale e parlamentare. Il Haussmann
desidera che questo non rimanga un bel caso isolato, ma che venga considerato come una prova
della necessità di dare alla 43v
vita politica della Germania
un nuovo impulso. Il fondamento per la politica odierna, fu messo in luglio dal Parlamento.
La deliberazione del 19 luglio ha spianato la via all'azione posteriore. Senza, il
chiarimento ottenuto per mezzo di una pubblica votazione del Parlamento tanto il passo del
Governo, come quello del Papa non avrebbero potuto compiersi sopra una solida base. La
maggioranza ha potuto sopportare con calma gli attacchi appassionati cui è stata fatta
segno. Essa, infatti, ha reso, come ora si rivela, un gran servigio allo Stato. Il vantaggio
del fronte unico di tutti i fattori legali è grande. Questo fronte è compatto. Se l'estero
crede di poter ostinarsi a non cedere dovrà fare i conti con una difesa ed una risolutezza
"magnifiche come nel primo giorno della guerra".In un articolo intitolato "La forza del diritto" l'ex-segretario di Stato dottor Bernhard Dernburg, richiamandosi alla domanda di garanzia rivolta da Wilson al popolo nella sua risposta al Papa, ha scritto che la risposta della Germania contiene la prova che l'intero popolo tedesco, rappresentato dai suoi eletti, è d'accordo con essa. A questa Nota della Germania si dovrà concedere un posto particolare nella storia dei documenti diplomatici giacché essa la fa finita, per la prima volta, con "la diplomazia segreta". Essa è stata compilata con la collaborazione dei rappresentanti di tutti i grandi partiti del Reichstag e rispecchia quindi la volontà del Bundesrat, del Governo e del popolo. Le Note di Wilson non hanno nemmeno per sogno una base di tanta autorità.
44r
La Nota della Germania non dice nulla
sulle singole proposte del Papa, ma con l'esplicita menzione della "risoluzione" del
19 luglio, lascia intravedere che pure queste proposte sono state bene accolte.
Bernhard Dernburg avrebbe, desiderato tuttavia un accenno del Belgio. Egli dice, si, che la
Germania vuole una pace per via d'accordo e che, naturalmente, quest'accordo deve
raggiungersi simultaneamente su tutte le questioni, sicché non è possibile, stralciarne una,
come quella della restaurazione e dell'indipendenza del Belgio, per trattarla
arbitrariamente a parte. Si sarebbe però evitata una perdita di tempo se la Nota avesse
detto che la Germania non combatte per il Belgio cui vuole lasciare il suo diritto nei
limiti segnati da una pace per via d'intesa. Per il rimanente Dernburg giudica la Nota un
ottimo documento, ne mette in luce lo spirito di sincerità e di buona volontà, come pure il
carattere non ambiguo delle sue parole. Convincente e legittima gli sembra l'accenno
all'amore per la pace del popolo tedesco e del suo Imperatore. Il Dernburg giudica che il
valore precipuo della Nota risieda nell'approvazione di domande che si dissero già
pacifistiche e sulle quali il Governo germanico non si era, sin qui, pronunziato. Come
quella degli Stati Uniti anche, la Nota della Germania ammette che un nuovo spirito deve
regnare in futuro nelle relazioni dei popoli. Il Dernburg si compiace in particolar modo del
riconoscimento della forza morale del diritto. Non esiste, infatti, nel mondo, forza
maggiore del diritto. Sua base è la morale e il sentimento di responsabilità degli individui
e dei popoli: 44v
cose non materiali, di natura trascendente. A
lungo andare non v'è potenza che si possa opporre alla coscienza intima del diritto della
società umana. La condizione di cose che la Germania si attende dall'insediarsi del nuovo
spirito promette d'essere duratura. La forza però è necessario sostegno del diritto. Essa lo
difende dagli attacchi che l'umano egoismo non cesserà di tentare a suo danno. Il nuovo
assetto del mondo deve essere fondato quindi sulla forza unita degli Stati civili emanante
dal nuovo spirito per la prevalenza del diritto. Tanto per il Papa che per i due Imperatori
e per Wilson il mezzo per assicurare questa prevalenza è la procedura arbitrale, la cui
rimessa in onore, garantita dalla forza unita della civiltà, costituisce il primo compito
dell'avvenire. Non importa tanto che si negozi, al modo antico, una pace che appiani i
contrasti e a cui si aggiungano, poi, quasi come ornamento, disposizioni sull'arbitrato per
i casi futuri. Praticamente ciò non va, dato il numero stragrande delle questioni di diritto
pubblico e privato sollevate dalla guerra mondiale e che non possono risolversi con un
protocollo di pace. Possibile è soltanto determinare i criteri direttivi: i particolari
dovranno occupare per anni ed anni i tribunali arbitrali. La casa in cui, in avvenire, la
società delle nazioni deve abitare occorre anzitutto edificarla. L'organamento
dell'arbitrato e le sue sanzioni devono occupare il primo posto; le regole devono venir
fissate e gli attori obbligati. La Nota tedesca non concepisce l'arbitrato come
un'istituzione-commedia. La procedura arbitrale obbligatoria si avvia alla pratica
45r
attuazione che sola può permettere ad un paese in
cattiva posizione geografica come la Germania, di discutere con serietà e fiducia sulla
riduzione degli armamenti di terra e di mare. Alla forza non si può rinunziare se non si è
sicuri che il diritto, che deve prenderne il posto, abbia solide radici. Dopo che Governo e
Parlamento si sono, nella Nota, pronunziati senza reticenze a favore delle idee fondamentali
dei sostenitori della pace, bisogna esigere che la gran massa del popolo venga illuminata
sull'utilità della procedura arbitrale. La proposta del Papa è un documento di valore etico
straordinario come quella che condanna lo stato immorale dei popoli e la distruzione delle
razze con tutti i fenomeni concomitanti nel campo della morale pubblica e privata. Il
vantaggio di simili documenti è di manifestare ed eccitare i medesimi sentimenti. Alla
conclusione della pace dovrassi pensare soprattutto alle esigenze della morale e non a
quegli stati di fatto e condizioni materiali su cui sembra che il mondo sia presentemente
incardinato. Quanto più la Germania si dimostrerà energica in questo punto tanto più essa
potrà sostenere con successo le sue richieste, giacché in questa lotta, data la piega ormai
presa dalle cose, chi vincerà moralmente vincerà anche meglio e più sicuramente. – Questo
articolo dell'ex-ministro Dernburg è comparso nel democratico "Berliner
Tageblatt"."Smobilitazione degli spiriti" intitola Friedrich Meinecke, professore di storia all'Università di Berlino, un articolo pubblicato nella liberale "Frankfur-
45v
ter Zeitung" e nel quale egli, prendendo le
mosse dal fatto che la guerra odierna, da una guerra di Stati è degenerata in una guerra di
popoli e di civiltà, sostiene che pure quanto ai sentimenti e agli ideali occorre attuare,
per così dire, una smobilitazione se si vuol giungere di nuovo ad una vera e durevole pace
mondiale. La Germania, che per la prima ha sollevata la questione umana della pace, dovrebbe
promuovere pure ciò senza curarsi se troverà ascolto e comprensione. È anzi dovere di
manifestare i nuovi convincimenti acquistati in questa guerra per agevolare il graduale
ravvicinamento degli inimicati spiriti dei popoli. La Germania è diffamata dai nemici che la
gabellano per il paese in cui fiorisce il culto della forza brucale e nel quale la guerra è
ritenuta un'istituzione benefica e bene accetta. Ai filosofi e agli storici del nuovo Impero
si è rimproverato di aver rinnegato gli antichi ideali d'umanità tedeschi, di aver
contribuito, con le loro dottrine del superuomo, della politica che non ammette altro
fattore che la forza, e dell'egoismo di Stato, ad avvelenare l'anima del popolo tedesco e a
scatenare la guerra mondiale. Ma proprio la scienza storica tedesca può sostenere con
tranquilla coscienza di aver cercato unicamente di comprendere i fatti storici nella loro
realtà scoprendo il gioco degli egoismi di Stato, degli inevitabili conflitti d'interessi e
della loro logica conseguenza, le guerre. Gli storici tedeschi hanno quindi agito come ogni
altro storico serio dei paesi nemici, e non hanno motivo alcuno di mutar strada. La lotta
per la potenza fra Stati e nazioni non può sopprimersi: anche
46r
il più vivo bisogno di pace dei popoli oggi così
fomentati non metterà fine ad essa. Nondimeno, – e qui il Meinecke si addentra nel suo tema
– anche il pensatore più freddo deve oggi riconoscere che dopo le trasformazioni e le
esperienze della guerra odierna sta forse per sorgere una nuova era nella vita dei popoli e
degli Stati, una nuova, era in cui la lotta per la potenza prenderà altre forme e un
carattere più mite e tranquillo. Il Meinecke ricorda qui il periodo della restaurazione, un
secolo fa, nel quale pure sembrò che si aprisse per i popoli un'era di pace. Ma il pacifismo
conservatore predicato allora dalla Santa Alleanza ai popoli non fu schiette, sicché, quando
i popoli manifestarono oltre il bisogno di pace anche quello di libertà, si trasformò in
cupa e feroce repressione. Il Meinecke si domanda se non forse anche il pacifismo
democratico di Wilson, di questo "Metternich alla rovescia" non sia poco genuino. Egli crede
sincere le ideologie di Wilson, ma soggiunge che è il proprio della natura anglo-sassone che
con la fede nella propria missione sia fusa intimamente l'istinto di dominio di una razza
già per lo straordinario favore della sue posizione geografica tentata ad aspirare il
predominio nel mondo. La Germania si accosta quindi con tutta la necessaria prudenza, con
tutte le riserve che le esperienze storiche e psicologiche le consigliano al campo dei
disegni, delle speranze e dei sogni concernenti una futura Lega di pace dei popoli, i
tribunali arbitrali internazionali, il disarmo, la libertà dei mari garantita da trattati
ecc. La Germania può però anche procedere con passo sicuro su
46v
questa via giacché al disopra degli egoismi nazionali
riconosce altresì la forza e la necessità delle idee universali; dei diritti e dei doveri
imprescrittibili dell'umanità; della comunanza di spirito e di cultura, sempre rifiorente,
della famiglia dei popoli che dall'occidente cristiano è omai penetrata in tutto il mondo.
Questa famiglia di popoli si differenzia e s'individua in sempre nuove lotte attraverso le
quali però si ricostituisce creando nuove sintesi tra nazionalità e umanità. Secondo il
Meinecke i segni dei tempi dicono che, dopo la pace, alla guerra dei popoli subentrerà una
formidabile lotta degli spiriti, lotta da combattersi solo nel seno dei singoli popoli, fra
i rappresentanti delle correnti nazionalistiche e sciovinistiche, dei sentimenti d'odio e di
vendetta, da una parte, e dei fautori della conciliazione degli ideali nazionali e umani
dall'altra. Ogni popolo, anche la Germania, devo scontare, così, per suo conio, la sua parie
di colpa. Che lo spirito pangermanistico, per la inaudita tensione di forze richiesta dai
Tedeschi per la difesa dell'esistenza della Germania, abbia trovato, in questa guerra, tanti
nuovi seguaci è spiegabile, ma non c'è dubbio che dopo la guerra non sarà più così. L'idea
pangermanistica ha avuto la missione di richiamare l'attenzione dei Tedeschi sui pericoli
della loro posizione mondiale e sui futuri compiti politici della Germania nel mondo. Tale
compito essa lo ha però assolto già da un pezzo. A molti uomini capaci e valorosi essa è
certo di conforto durante la guerra, ma un così tangibile ideale non occorre per adempiere
il proprio dovere verso la pa-47r
tria. La ferma decisione di
fare l'estremo possibile per difendere l'integrità, l'onore e la sicurezza della patria può
e deve scaturire anche da fonti diverse è più pure. La pace da conseguirsi combattendo deve
divenire maestra di più vera e ragionevole arte di Governo e costringere i sognatori a
guardare in faccia la realtà. La speranza che a questa guerra terrà dietro un lungo periodo
di pace si fonda non soltanto sul bisogno di riposo di tutti i popoli ma anche
sull'esperienza fatta che la guerra non può più in avvenire considerarsi senz'altro come un
mezzo acconcio di continuazione della politica per l'appagamento di determinate necessità
vitali del singolo Stato. Data l'odierna profonda concatenazione degl'interessi politici ed
economici dei grandi popoli, ogni guerra fra loro è naturale che tenda a trasformarsi in una
conflagrazione mondiale. Ripetendosi una guerra simile si tornerebbe a fare, in misura anche
più terribile, l'esperienza odierna, e cioè che la guerra si confuta da se stessa. Essa,
infatti, non può provocare più decisioni definitive e radicali. La coalizione materialmente
più grande e più formidabile che la storia ricordi non è riuscita a vincere quella
relativamente piccola delle Potenze centrali. Ciò è avvenuto, a prescindere dalla forza di
resistenza morale, per l'inaudito sviluppo della tecnica moderna. Poiché ad ogni arma
d'attacco se ne può contrapporre una nuova, il maggior peso della massa può venir sempre
compensato. Similmente il blocco contro la rifornitura di materie prime non può avere
importanza decisiva giacché per ogni materia prima mancante si riesce a trovare un
succe-47v
daneo più o meno equivalente. Si può dire, dunque,
che la gara della tecnica è ad un tempo, efficace ed inefficace: efficace pure per il debole
difensore, inefficace per l'assalitore e per la politica giacché al termine di una simile
guerra non rimane altro che riallacciare il filo tagliato dalla spada. Il lato deplorevole
di questa massima capacità tecnica è che tutta la forza fisica e spirituale delle nazioni si
concentra nell'opera di reciproca devastazione e distruzione. Solo la riflessione e la
ragione dei popoli e dei loro duci può arrestare questo crescendo senza fine. Il Meinecke
non intende abbandonarsi a sogni di pace eterna ma crede sia dovere della presente
generazione il contribuire, col pensiero e coll'azione, all'opera di componimento dei
contrasti fra i popoli per via di pacifica intesa e di organiche istituzioni. Si deve
riconoscere che nel pensiero dei pacifisti, allo stato odierno delle cose, esiste un
nocciolo utilizzabile che va sfruttato. Sin qui si ebbe la convinzione che tutti i trattati
conclusi a favore della conservazione della pace dipendessero troppo del buon volere dei
popoli e non costituissero quindi un serio equivalente delle garanzie reali. Queste garanzie
non devono mancar mai, giacché altrimenti l'equilibrio delle forze, che ora screditano la
guerra come strumento della politica, verrebbe subito a cessare. Questo equilibrio delle
forze, che si manifesta ora quale risultato della guerra e di tutta l'evoluzione storica
moderna, può e deve dare origine anche ad un nuovo buon volere dei popoli che sia capace di
dare una più valida sanzione ed infondere una 48r
maggiore
autorità alle idee pacifistiche. I fatti reali soltanto come i sentimenti non possono mai
ottener ciò. Solo se la penetrazione nella realtà è elevata a massima morale e nella sfera
dell'ideale può fecondare la vita.Oltre che con la penna molte persone eminenti hanno manifestato a voce, in grandi riunioni, il loro giudizio sulla risposta della Germania. Noi citiamo qui soltanto i discorsi che il deputato Erzberger ha tenuto nella Germania meridionale. In quello di Ulm (24 settembre) dinanzi a migliaia di persone, egli distinse queste tre pietre miliari sul cammino della pace: il 19 luglio ("risoluzione" del Reichstag); il 15 agosto (Nota del Papa); il 19 settembre (risposta della Germania alla Nota del Papa). Per quest'ultima il Governo germanico merita gratitudine, unanime approvazione e appoggio senza riserve. La risposta è degna veramente di un popolo che ha compiuto gesta mirabili. Erzberger chiamò la Nota "la più nobile risposta agli sgarbi plebei di Wilson," e rilevò che lo spirito di essa è il prodotto dell'adesione del Governo alla manifestazione per la pace del Reichstag. Consapevole della sua forza, la Germania, con questa risposta, è tornata a dirsi pronta ad una pace per via d'accordo e di accomodamento. L'umanità intera deve essere grata al Governo germanico per aver dato il primo passo sulla via d'una simile pace. Quanto alla sua efficacia all'interno la Nota può costituire la base di una nuova tregua civile essendo il risultato dell'accordo del Governo con la rappresentanza nazionale e con il popolo. Nel campo della politica estera esso spiana la via alla pace per via d'intesa, che fa sperare in una du-
48v
revole
riconciliazione dei popoli. Dopo il discorso di Erzberger venne approvato dai presenti un
ordine del giorno esprimente il più profondo e sincero ringraziamento a Sua Santità per i
suoi nobili sforzi diretti al conseguimento di una pace giusta e duratura, e il pieno
consenso alla dignitosa risposta del Governo.29. 9. 1917.