Dokument-Nr. 1035
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro
Rorschach, 18. Juli 1919

Regest
Pacelli informiert Gasparri über einen Brief des Rottenburger Bischofs von Keppler, der ihm die Lage der katholischen Kirche in Deutschland nach der Novemberrevolution darlegt. Nach der Revolution hätten sich viele Menschen, auch Katholiken, dem Sozialismus zugewandt und es sei zu einer Welle von Respektlosigkeit und Widerspruch gegen die katholische Kirche gekommen. Der Zuspruch zum Sozialismus habe sich inzwischen abgeschwächt, aber eine moralische Verderbtheit sei nach wie vor in großen Teilen der Bevölkerung zu beobachten, gegen die auch keine schweren Strafen helfen würden. Die auffälligsten Erscheinungen seien Lethargie und eine ungewöhnliche Reizbarkeit. Daher sei eine direkte Kritik am Sozialismus nicht opportun, man müsse warten, bis die Menschen von selbst das Vertrauen verlören. Er hielte es für angebracht, wenn der Heilige Vater selbst ein ermutigendes Wort an das deutsche Volk richten und eine weltweite Enzyklika mit endgültigen Worten zum Weltkrieg und seiner Beendigung verfassen würde.
Betreff
Circa lo stato attuale della Chiesa in Germania
Eminenza Reverendissima,
In una recente visita fattami qui in Rorschach del Revmo P. Abate Primate D.  Fedele von Stotzingen O. S. B., avendo appreso che egli avrebbe avuto occasione d'incontrare nel Württemberg il pio e saggio Vescovo di Rottenburg, Mons.  von Keppler, lo pregai di voler manifestare a questo ottimo Prelato il mio desiderio di conoscere le sue vedute circa lo stato attuale della Chiesa in Germania e circa l'azione, che dai Vescovi e dalla Santa Sede potrebbe, a suo parere, essere convenientemente svolta al riguardo.
Ora appunto mi giunge una lettera del prelodato Mons. von Keppler su tale argomento, che credo opportuno di sottomettere all'Eminenza Vostra Reverendissima, riportandola qui appresso tradotta dal tedesco:
"Incoraggiato dal P. Abate Primate von Stotzingen, ardisco di proporre a V. E. alcuni pensieri circa lo stato del cattolicismo in Germania, e particolarmente nella mia diocesi.
La rivoluzione, scoppiata nel Novembre 1918, ha senza dubbio fortemente influito anche sulla popolazione cattolica. Qui pure si credette da molti che la fine della guerra dovevasi alla rivoluzione e che da questa poteva attendersi una pace mite ed un migliore avvenire.
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Così il socialismo guadagnò simpatie anche in circoli fino allora conservatori. Gli elementi indisciplinati, massime fra la gioventù cresciuta senza freno durante la guerra, stimarono giunto il tempo loro. Soldati tornati abbrutiti dal campo negarono obbedienza anche al sacerdote e provocarono disordini perfino nella casa di Dio, ove con esclamazioni, mormorii e rumori interrompevano il predicatore, che diceva cose a loro non gradite. Molti cattolici passarono al socialismo od almeno votarono per i socialisti. Io ho mandato una istruzione segreta al mio clero sui pericoli minaccianti e sui necessari provvedimenti, ed esso nell'insieme ha fatto il suo dovere con calma e fermezza. Dopo non lungo tempo la vita ecclesiastica in quasi tutte le parrocchie è tornata nella tranquillità e nell'ordine. I tumulti, che nel Württemberg ebbero luogo soltanto sporadicamente, non trovarono nella popolazione cattolica nè approvazione nè appoggio. Nelle contrade cattoliche la marea rossa discese a poco a poco; il numero dei voti riportati dai socialisti diminuì progressivamente. Numerose missioni per il popolo ebbero ottimo risultato, aumentò di nuovo la frequenza ai SS. Sacramenti, e soprattutto si manifestò una generosità, quale non si era vista mai in passato, per le Missioni, per l'Obolo di S. Pietro, per la Società di S. Bonifazio e particolarmente per le fondazioni di Messe pro defunctis.
Come, però, l'ordine pubblico e civile non è ancora affatto stabilito ed assicurato, così rimangono tuttora anche nel campo religioso ed ecclesiastico gravi mali da superare. Il rispetto verso l'autorità è notevolmente diminuito; la leggerezza morale si diffonde sempre più; la sfrenata cupidigia di ricchezze spinge a volgari frodi, a furti ed a rapine. La lotta contro questi ed altri difetti e vizi richiede tuttavia attualmente una speciale circospezione e prudenza. Con rigorosa severità e con aspri rimproveri e pene non si ottiene più quasi nulla; soltanto con molta pazienza, riguardo e mitezza si può ancora sperare un qualche buon esito.
Lo studio della psiche del popolo rivela due sintomi caratteristici: da un lato, una spaventevole apatia e letargia, la quale non reagisce quasi più anche dinanzi ai più straordinari avvenimenti; dall'altro, invece, una irritabilità morbosa, non appena lo si vuol scuotere da questa innaturale quiete e gli si vuol dire fortemente la verità.
Questi sintomi mostrano che tutto il mondo è profondamente malato e mortalmente stanco. Le inaudite calamità della guerra,
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la fame sofferta per anni, le terribili catastrofi, che hanno mandato in frantumi tutto l'ordinamento sino ad ora esistente, tutto ciò ha prodotto lo sfacelo fisico e psichico del popolo, e bisogna dargli tempo per guarire e ristabilirsi. Frattanto occorre riguardarlo come un malato grave, che non si può trattare con durezza, se non lo si vuol far cadere in parossismi febbrili ed in tremiti. Perciò non sarebbe, ad esempio, almeno nella mia diocesi, attualmente opportuna una polemica aspra contro il socialismo, sebbene si debba senza dubbio combatterlo indirettamente; da una lotta diretta invece è bene ora prescindere, tanto più che il popolo comincia da sè a perdere la fiducia nel socialismo, essendo divenuto sempre più manifesto non solo che esso non può mantenere le sue grandiose promesse, ma altresì che sinora non ha arrecato alla patria se non sventura e che al medesimo in prima linea si deve la tremenda pace imposta alla Germania.
La prossima Conferenza dei Vescovi dovrà molto riflettere, se all'Episcopato convenga di avventurarsi ad indirizzare nel momento presente una parola al popolo, o se non sia invece più saggio di rimandar ciò a tempo più opportuno. Vi sarebbe certamente molto da dire ed è possibile che da alcuni si attenda una direzione. Tuttavia l'Episcopato non può esporsi al pericolo che la sua parola o rimanga inascoltata per l'apatia del popolo o susciti in esso morbose eccitazioni, e nell' un caso come nell'altro nuoccia piuttosto che giovare.
Circa la questione, poi, se sia espediente che in questi tempi così foschi il Capo Supremo della Chiesa elevi Egli stesso la Sua voce, ardisco appena di pronunziarmi. Vorrei tuttavia sommessamente, per il caso che il Santo Padre volesse <si proponesse di>2 rivolgere la parola ai cattolici tedeschi, richiamare l'attenzione su due punti. A mio umile avviso, avuto riguardo alle condizioni psichiche del nostro popolo, dovrebbe ciò che Sua Santità intende dirci, – per quanto noi meritiamo rimprovero e punizione ed abbiamo bisogno di seri ammonimenti, – esser tuttavia mitigato con molto soave conforto ed amorevole incoraggiamento.
Sembra poi difficile di dare ai cattolici tedeschi quella istruzione, che essi soprattutto attenderebbero, se il Santo Padre parlasse loro nel momento attuale, cioè la risposta alla questione: quale atteggiamento debba tenersi di fronte alla rivoluzione ed al Governo che da essa è sorto. Lo schivare del tutto una tale questione od il limitarsi a trattarla solo con principi teoretici riuscirebbe impossibile non meno che il risolverla praticamente e pienamente. Sarebbe prematuro di obbligare in modo positivo i cattolici alla forma di Stato repubblicana, giacchè è ancora del tutto incerto se essa sarà stabile, e può nutrirsi ancora qualche speranza nel ristabilimento della Monarchia, per quanto
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non sarebbe consigliabile per ora che da parte del Clero venisse manifestata una simile speranza o fossero fatti tentativi a tal fine.
Se, tuttavia, può dubitarsi che una Lettera Apostolica ai cattolici della Germania sarebbe a proposito nell'attuale momento, mi sembrerebbe invece assai desiderabile e proficua un' Enciclica a tutto il mondo cattolico, la quale dicesse l'ultima parola sulla terribile guerra mondiale e, in continuazione dei sublimi pensieri della prima Enciclica del nostro Santo Padre, mostrasse a tutti, vincitori e vinti, il cammino verso la vera pace cristiana dei popoli".
Dopo di ciò, chinato umilmente al bacio della Sacra Porpora, con profondissimo ossequio ho l'onore di confermarmi
Dell'Eminenza Vostra Reverendissima
Umilissimo Devotissimo Obbligatissimo Servo
+ Eugenio Arcivescovo di Sardi
Nunzio Apostolico
1Protokollnummer rekonstruiert aus Protokollbuch.
2Hds. gestrichen und eingefügt von Pacelli.
Empfohlene Zitierweise
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro vom 18. Juli 1919, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 1035, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/1035. Letzter Zugriff am: 20.04.2024.
Online seit 04.06.2012, letzte Änderung am 29.09.2014.