Dokument-Nr. 2635

[Erzberger, Matthias]: Il Papa della pace ed il popolo tedesco – Risposta di un cattolico al libello: "Papa, Curia e guerra mondiale", 12. August 1918

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Al principio di quest'anno, pei i tipi dell'editore Saemann di Berlino, è uscito uno scritto dal titolo "Papa, Curia e guerra mondiale - Studio storico-critico di un Tedesco", il quale a chi non conosca esattamente le manifestazioni e l'opera del Papa e della Curia in questa guerra deve far l'impressione di una critica addirittura inoppugnabile di tutta l'azione di Benedetto XV a pro della pace.
Lo scritto, nonostante alcune intime contraddizioni, che certo non sfuggono a un lettore esperto, è redatto così abilmente che della efficacia voluta dall'autore sul gran pubblico non vi può esser dubbio. Giornali cattolici hanno: manifestato il giudizio che si potrebbe sbrigarsela definendolo senz'altro uno scritto tendenzioso. Definizione non ingiusta, ma sarebbe sbagliato pensare ad uno scritto confessionale tendenzioso della specie comune. Infatti l'autore sa nascondere così bene il lato confessionale dietro il sentimento patriottico che pure i cattolici possono essere indotti in errore. Il modo con cui l'autore si serve di citazioni da giornali cattolici per conferma delle sue pretese prove è quanto mai astuto onde la necessità di confutare a fondo, nella sua sostanza lo scritto. A questo compito si è sobbarcato, in una serie di articoli, usciti prima nella "Deutsche Kirchenzeitung" e adesso raccolti in volume, il prefetto del Collegio di San Giuseppe in Ehingen sul Danubio, Magnus Jocham.
Tre sono le accuse principali che l'anonimo Tedesco muove al Capo della Chiesa cattolica:
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1) il Papa, in tutto il suo modo di sentire, è maldisposto verso la Germania'e propenso, invece, all'Intesa,
2) il Papa, in tutta la sua operosità per lenire i noli della guerra, si è dimostrato parziale verso la Germania.
3) il Papa fa proposte di pace aite se tradotte in pratica costituirebbero la rovina del popolo tedesco.
Quanto alla nota del Papa per la pace del 1 agosto 1917 ecco il giudizio dell'anonimo autore: "Il Papa e il suo Segretario di Stato hanno violato gravemente i doveri della neutralità. Essi, in una manifestazione ufficiale, hanno fatto dichiarazioni non atte a promuovere la pace. Essi si son fatti, anzi, patrocinatori dell'Intesa."
Un esempio del metodo dell'anonimo autore il Jocham lo dà subito nel capitolo in cui si occupa della prima obiezione e cioè che "vincoli dommatici devono riuscire d'ostacolo alla esplicazione di una piena imparzialità". "Della religione e della Chiesa il Papa non può avere d'ufficio che una nozione strettamente circoscritta che lo mette in contrasto con una gran parte dei popoli belligeranti", scrive l'anonimo, che naturalmente deve ammettere che questa "gran parte" di non cattolici esiste in Inghilterra, Russia ed America, come nell'Impero germanico. Sennonché, addentrandosi nella sua esposizione, l'anonimo si dimentica della "gran parte" di non-cattolici negli altri popoli in guerra e prospetta le cose in modo come se tutto il rimanente del mondo fos-
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se cattolico-romano e solo l'Impero germanico si trovasse "per una gran parte" in contrasto confessionale con il Papa. Operando cosi insinceramente riesce facile all'anonimo autore di additare come violazione della neutralità e degli interessi tedeschi ogni espressione del Pontefice a difesa degli interessi cattolici o diretta a rintuzzare gli sforzi dei nemici della Chiesa.
Assai efficace è pure la confutazione del Jocham dell'accusa mossa a Benedetto XV di aver violata la neutralità nei riguardi del popolo tedesco con la sua allocuzione del 21 novembre 1915 nella quale si manifestò pure contro Lutero e Calvino. "Il nuovo Impero germanico fu, sin dalla sua proclamazione in Versailles, per la Curia romana, l'Impero protestante, la Potenza protestante per eccellenza in Europa", afferma l'anonimo, senza addurre una prova. E lo Jocham, dal canto suo, gli domanda: - Se la Curia avesse davvero della Germania un'idea simile, di chi la colpa? Non forse di quelli che nel Kulturkampf fornirono il modello della politica interna più sbagliata che la storia del mondo conosca, come ebbe a scrivere l'ex parroco cattolico Carl Jaensch, un giudice insospettabile? … Non forse di quelli che non si stancano di chiamare senz'altro il popolo tedesco il "popolo di Lutero"? Sino a tanto che s'insiste in questa denominazione non ve ragione di rimproverare alla Curia romana di scorgere nell'Impero tedesco il baluardo del protestantesimo in Europa". Nella allocuzione in parola il Santo Padre parlò, del resto, ad un tempo di Lutero e di Calvino. Non sarebbe stato dovere ai lealtà, volen-
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dosi ad ogni costo discorrere di violazione della neutralità, di sostener ciò pure nei riguardi, di quei popoli in cui i seguaci della dottrina di Calvino prevalgono?
L'anonimo (pag. 23), afferma ancora che nel domma cattolico domina anche oggi, un'"opinione intollerante sugli eretici e gl'infedeli". Ma lo Jocham dimostra che tale asserzione, non è sostenuta già con la dommatica cattolica ma con il diritto canonico. Un'altra prova di slealtà, giacché chi si rivela così esperto delle discipline cattoliche non può ignorare che il diritto canonico caratterizza solo affatto esternamente la posizione degli eretici e degli infedeli; che esso li chiama "scomunicati" solo perché così può meglio comprenderli nel suo schema che corrispondo allo sviluppo storico della Chiesa ed è quindi oggi ancora giustificato. Il diritto canonico non ha mai voluto, né vuole neppur oggi dare un giudizio morale sugli eretici. Questo giudizio dev'esser tolto dalla dommatica e morale cattolica, la quale condannino certo l'errore, ma lo stesso fa il protestantesimo. Il rispetto di se stessa impone da solo ad ogni confessione religiosa di definire per vero ciò che essa sostiene e di rigettare il contrario come falso. Del resto la dogmatica cattolica, come si può leggere in ogni catechismo, è del parere che tutti gli eretici, se sono profondamente persuasi che la loro fede sia la vera e adempiono, con zelo, la volontà di dio, possono appartenere alla invisibile comunione di tutti i Santi e divenire beati. Pure Papa Benedetto XV, in tutte le manifestazioni sulla pace mondiale, si è mostrato pervaso da questi generosi
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e davvero cattolici sentimenti. Lo Jocham cita qui un tratto dell'enciclica del 1 novembre 1914 e ricorda la nota del 1 agosto con la risposta data dal Cancelliere in nome dell'Imperatore e passa quindi a far notare altre contraddizioni in cui cade l'anonimo.
Il quale, per esempio, respinge a ragione l'affermazione della "Kölnische Vollkszeitung" (No. 641, del 17 agosto 1917) che "il Papa ha intrapreso la sua azione per la pace come sovrano neutrale, inviando una nota diplomatica ai capi degli Stati. Il passo per la pace del Papa è dunque un passo diplomatico neutrale, non un'azione ecclesiastica". L'anonimo consente, invece, a ragione, con il deputato dottor Traub che nella "Christliche Freiheit" (Nr. 36 del 6 agosto 1917) scrìsse: "Come capo della Chiesa cattolica internazionale il Papa ha certamente diritto di esortare i popoli alla pace. Non può essere indifferente alla Chiesa cattolica che i suoi seguaci si combattano aspramente per anni ed anni." L'anonimo si spinge anzi ancora più oltre ed ammette apertamente che: "In sé è affatto naturale che il Papa come "bonus pater familias", s'interessi della salute della Chiesa a lui affidata e ne sostenga gl'interessi dove e come può. Ma allora," domanda lo Jocham, "perché mai tanto rumore? Perché ripeter sempre il rimprovero della parzialità se il Papa sorge a difesa dei seguaci della "Chiesa a lui affidata" e "sostiene i loro interessi dove e come
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egli può?" 0 forse "cattolico" e "antitedesco" è tutta una cosa; gl'interessi della Chiesa cattolica sono senza altro in contrasto cogli interessi tedeschi? Dice l'anonimo: "Fra gl'interessi internazionali della Chiesa e i nazionali della patria per il tedesco, come tale, non esiste scelta. Per lui non v'è che una direttiva: La Germania sovra tutto. - Per il cattolico tedesco la cosa è meno semplice. In casi determinati egli può vedersi nella necessità di mettere d'accordo la coscienza nazionale con gli "imponderabili" della dipendenza religiosa."
Contro questa trita insinuazione che i cattolici tedeschi non possono essere sinceri cattolici o sinceri tedeschi, lo Jocham riafferma il diritto di ogni cattolico tedesco di respingerla da sé con sdegno, e sulla scorta di varie opportune citazioni dalla letteratura di guerra non cattolica egli dimostra che pure in essa si hanno tracce notevoli di "imponderabili di dipendenza religiosa."
Toccando, poi, della lettera del deputato Erzberger al "Westfälisches Volksblatt" pubblicata nella "Germania" del 29 luglio 1917, e nella quale era scritto, tra l'altro: "Legga, almeno, le manifestazioni per la pace di Sua Santità Benedetto XV e si capaciterà che la via da me battuta al Reichstag non solamente è quella che meglio giova alla patria ma quella che pienamente corrisponde alle manifestazioni di Sua Santità," lo Jocham ricorda il giudizio della "Kölnische Volkszeitung"
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rinfacciante al deputato Erzberger d'essersi rifugiato dietro il Papa. Questo giudizio non soddisfa l'anonimo, che scrive: "Anche se qui non si rivela il rapporto di ubbidienza dei cattolici verso il Papa, rimangono tuttavia sempre gl'imponderabili" della appartenenza ecclesiastica dei cattolici e i riguardi alla paternità spirituale del Papa." Sennonché, di fatto, il deputato Erzberger non si è punto "rifugiato dietro il Papa" ma ha dichiarato solamente che ciò che secondo la sua convinzione giova alla nostra patria corrisponde pienamente al tempo stesso, pure alle manifestazioni di Sua Santità. Né tale dichiarazione poteva avere delle cattive conseguenze per i cattolici tedeschi altro non essendo che un precorrimento della risposta del Governo germanico al Papa, risposta in cui il detto Governo manifesta "il vivo desiderio che per il bene del mondo intero l'appello del Papa sia coronato di successo." Ma anche, soggiunge lo Jocham, se il politico cattolico si fosse rifugiato dietro il Papa non sarebbe poi stato un delitto. A nessun cattolico ragionevole viene mai in mente di rimproverare a politici protestanti il loro continuo richiamarsi, nelle discussioni politiche, a Lutero e alla Riforma: perché dev'essere un delitto per un politico cattolico il richiamarsi al Papa?
Al Papa della pace, nel giudizio di protestanti tedeschi e specialmente di Fr. W. Foerster ("La gioventù, tedesca e la guerra mondiale"), come al "Papa della pace e la democrazia cristiana" lo Jocham dedica tre di-
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stinti capitoli del suo opuscolo sui quali, per brevità, non ci soffermeremo, come non c'indugeremo sui capitoli "Benedetto XV e l'entrata dell'Italia nella guerra" e "Benedetto XV e l'offerta di pace tedesca del 12 dicembre 1916". Daremo, invece, un cenno di ciò che lo Jocham scrive su "Benedetto XV e la guerra sottomarina tedesca".
L'autore del libro "Papa, Curia e guerra mondiale" insiste sempre sul fatto che Benedetto XV è circuito interamente dall'Intesa e influenzato per i suoi scopi con ogni mezzo. Nella questione della guerra sottomarina questi sforzi dell'Intesa raggiunsero senza dubbio il colmo e chi può negare che in tale questione anche i neutrali, per difendere i loro propri interessi, si adoperarono perché il Papa assumesse il contegno che l'Intesa esigeva assolutamente da lui? Che cosa si sarebbe detto in Germania se il Papa, non già cedendo alle pressioni dell'Intesa, ma a quella dei neutrali si fosse manifestato davvero pubblicamente contro la guerra sottomarina senza restrizioni? Noi crediamo che tutti i Tedeschi onesti si sarebbero rammaricati profondamente del giudizio del Papa, ma non gli avrebbero perciò negato il buon volere ma solo una nozione esatta della condizione delle Potenze centrali. In realtà, Benedetto XV non si è mai manifestato contro la guerra'sottomarina tedesca senza restrizioni. L'anonimo non si fa scrupolo, tuttavia, di sospettare di ostilità alla Germania Benedetto XV per il suo contegno nella questione in parola.
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Lo Jocham ribatte punto per punto le sue insinuazioni ed argomentazioni e conclude dicendo che i cattolici tedeschi devono essere grati al Papa per il suo atteggiamento rigorosamente neutrale, che proprio nella difficile questione della guerra sottomarina senza restrizioni ha avuto la più splendida conferma.
Va questo argomento passando a quello parallelo della guerra aerea lo Jocham scrive: "La stampa tedesca non ha cercato di giustificare azioni di guerra come incursioni d'aeroplani su città apèrte e impiego di gas deleteri con un nuovo diritto delle genti, ma dichiarandoli contromisure purtroppo necessarie a difesa delle violazioni del diritto internazionale commesse dai nemici. Che assalti dall'aria a luoghi fortificati non contraddicono al vigente diritto internazionale è chiaro e ovvio. La stampa tedesca volle e vuole, quindi, che il vecchio diritto delle genti, riposante su accordi fra tutti i popoli civili, sia mantenuto. Precisamente lo stesso volle e vuole Papa Benedetto XV, il quale, per esempio, nella guerra italo-austriaca, sollecitato a protestare contro il bombardamento aereo di città aperte, non potendo tacere, né, d'altra parte, violare la neutralità, trovò abilmente una via d'uscita pregando il Governo austro-ungarico ed insieme il Governo italiano di rinunziare affatto al getto di bombe per mezzo di aeroplani. Invano. Il Papa tornò a pregare e significa davvero - osserva lo Jocham, - stravolgere le cose l'affermare, come fa l'anonimo, che "il Papa s'intruse, con una serie di scritti di protesta, nelle faccende nel Comando militare austriaco." (pag. 40) È passando in rassegna le
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manifestazioni più note di Benedetto XV che, direttamente o indirettamente, hanno tratto alla guerra aerea, lo Jocham fa toccare con mano che il Papa, pure riguardo ad essa, si è mantenuto sèmpre fedele ai doveri, della neutralità. Assai opportunamente egli riferisce la risposta del Papa al discorso rivoltogli, nell'udienza di Capodanno 1918, del principe di Solofra a proposito del bombardamento aereo di Padova rilevando che a torto alcuni giornali non cattolici tedeschi, invece di badare alla, condanna generale contenuta nelle parole del Papa,mossero contro di lui l'accusa di essersi pronunziato contro le Potenze centrali. A torto, giacché qui come negli altri casi il Papa ha condannato solo l'oggettiva violazione del diritto delle genti, senza indagare da che parte fosse la responsabilità, senza dichiararsi per o contro uno dei gruppi belligeranti.
Nel penultimo capitolo del suo opuscolo lo Jocham si occupa dell'opera svolta da Benedetto XV per alleviare i dolori originati dalla guerra, in particolare di quanto egli ha fatto e fa per i prigionieri; per la popolazione dei territori occupati; per ottenere grazie e remissioni di pene; per venire in soccorso di regioni e popolazioni particolarmente colpite.
Nel suo appello per la pace del 1 agosto 1917 Benedetto XV aveva detto fra l'altro: "Già subito all'inizio del Nostro pontificato, in mezzo agli orrori della guerra spaventosa infuriante in Europa. Noi ci proponemmo di adoperarci di continuo per fare a tutti quanto più ben possibile, spassionatamente senza distinzione di naziona-
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lità e religione, proprio come il precetto universale dell'amor del prossimo e il supremo Ufficio spirituale affidatoci da Cristo c'impone." Ha il Papa attuato queste sue nobili e davvero disinteressate intenzioni? Secondo l'anonimo tedesco" sino a tanto che il materiale ufficiale non potrà esser tutto esaminato, sarà difficile di decidere a chi spetti il maggior merito in questa opera di carità." Tuttavia egli non si perita di affermare che il Cancelliere von Bethmann-Hollweg ebbe torto a rivolgere, nel suo discorso del 19 agosto 1915 al Reichstag, una parola di speciale ringraziamento al Papa per la sua azione filantropica, sopratutto per aver promossa la permuta dei prigionieri. L'anonimo non la mena buona neanche al deputato Erzberger che nel sue discorso del 2 novembre 1916, si restrinse a dimostrare la giustezza dell'affermazione del Cancelliere aver il Papa un merito particolarissimo in tutta l'azione per lenire i mali della guerra. La dimostrazione del deputato Erzberger, secondo l'anonimo, non sarebbe stata sufficiente, il suo discorso avrebbe contenuto una serie di inesattezze. - Quali?
Il deputato Erzberger parlò della generosa iniziativa del Papa per la permuta dei prigionieri di guerra non più idonei al servizio militare. È ciò inesatto? domanda lo Jocham. L'anonimo ammette che il Papa diede veramente il generoso suggerimento, ma ricorda che in verità il primo a promuovere la permuta fu il Consiglio federale elvetico cui "spetta, quindi, il maggior merito."
Sennonché - osserva lo Jocham - lo stesso Consiglio federale elvetico ebbe a dire: "Il nostro suggerimento fu accolto con simpatia, ma il regolamento delle singole questioni connesse con la permuta urtò contro non piccole
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difficoltà e timori. Noi abbiamo, perciò, veduto con piacere che mediante l'intervento della Santa Sede, la quale, con un suggerimento simile, si era rivolta, al principio del 1915" ai vari sovrani, è stato dato un forte impulso alla soluzione del compito umanitario." Dunque il suggerimento della Svizzera urtò contro "difficoltà e timori non lievi, "mentre il "forte impulso" del Papa fece sì che in un mese si giunse ad un accordo. A chi spetta, quindi, il merito principale? Di altre "inesattezze" del deputato Erzberger si occupa pure l'anonimo ma senza riuscire a provarle."
Alla metà di maggio del 1916 Benedetto XV fece riflettere alle Potenze belligeranti che i soldati da 18 mesi prigionieri e padri di almeno tre figli dovevano essere internati nella Svizzera: né senza successo. Ha osserva l'anonimo: "Il numero dei padri di famiglia tedeschi cui fu concesso il trasporto in Isvizzera, non ha oltrepassato, sin qui, i cento". Non vale, quindi, la pena di parlare di questo merito del Papa. Lo Jocham respinge però questo tentativo dell'anonimo ricordando che lo stesso Cancelliere von Bethmann-Hollweg indirizzò il 9 giugno 1917 una lettera al Papa proprio per congratularsi seco lui del suo nuovo successo e manifestargli la profonda gratitudine del Governo imperiale. Quale più inconfutabile condanna dell'anonimo di questa lettera e quale migliore conferma del giudizio del deputato Erzberger?
In un paragrafo a parte l'anonimo si occupa pure delle sollecitudini del Papa per la popolazione dei terri-
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tori occupati. Egli scrive: "Sulle sollecitudini del Papa per i disoccupati belgi trasportati in Germania abbiamo discorso già sopra." Ma così dicendo confessa da sé propria slealtà, - osserva benissimo lo Jocham. L'anonimo sa, infatti, che le premure del Papa per i disoccupati belgi rientrano nella assistenza di guerra di per sé neutrale, ma per poter accusare il Papa di parzialità, egli tratta di queste sue premure nel capitolo "Vaticano e condotta della guerra" dipingendole come una condanna di provvedimenti presi per necessità dalle autorità tedesche. Lo Jocham ricorda qui come si svolsero in realtà i fatti dall'autunno inoltrato del 1916, allorché l'amministrazione civile tedesca, nel Belgio si decise a trasferire, per determinate ragioni, in vari centri industriali della Germania, una parte della popolazione senza lavoro; critica quanto scrisse, purtroppo, il 14 gennaio 1917, la cattolica "Augsburger Zeitung", citata trionfalmente dall'anonimo, e giunge alla conclusione che solo una persona isterica può biasimare come parziali gli atti e parole del Papa. "Fa proprio vergogna che un tedesco come un tormentato da tremendi rimorsi di coscienza scorga in ogni manifestazione pontificia sempre e soltanto una condanna del proprio popolo, mentre ognuna di tali manifestazioni può altrettanto facilmente se non addirittura più facilmente, riferirsi al nemico."
E' noto che, nono stante il monito di Benedetto XV al popolo belga di "guardarsi, negli sforzi per ricuperare
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la perduta libertà, dall'intralciare l'opera delle autorità a pro dell'ordine pubblico e dall'aggravare così assai la situazione," si avverarono nel Belgio sempre nuovi casi nei quali il Tribunale militare tedesco fu costretto a emanare sentenze di condanna. In molti di questi casi i condannati si rivolsero al Papa per ottenere, con la sua intercessione, la grazia dalle autorità tedesche e spesso non invano. L'anonimo enumera queste grazie fatte ai Belgi e ad alcuni sudditi di altre nazioni nemiche e soggiunge: "Di intercessioni del Papa approdi sudditi delle Potenze centrali i giornali ecclesiastici non possono dir molto." A riscontro di dodici casi nei quali sudditi di popoli nemici furono graziati per l'intervento del Papa, egli pone solo tre casi a favore delle Potenze centrali, e pur ammettendo che l'atteso Libro giallo pontificio possa aumentare la lista di questi ultimi, egli non si perita dallo scrivere che le concessioni di grazia ottenute dal Papa andarono a favore specialmente di sudditi dell'Intesa. Per mettere in chiaro tutta la sua slealtà e leggerezze opportunamente, lo Jocham domanda qui all'anonimo se egli sappia in quanti casi Belgi condannati scontarono la pena senza che il Papa s'intromettesse" se egli conosca anche un solo caso in cui un suddito delle Potenze centrali, rivoltosi al Papa per mediazione, abbia ricevuto un rifiuto; infine, in quanti casi il Papa siasi adoperato approdi sudditi delle Potenze centrali, ma, nonostante ogni sforzo, senza risultato. E' innegabile, ad ogni modo, che il Papa s'in-
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tromise presso le autorità inglesi che appagarono il suo desiderio a favore del Comandante tedesco dell'"Emden", von Mueller. Il capitano von Mueller non è cattolico, sicché il suo caso dimostra di nuovo che il Papa "cerca davvero, continuamente, di fare a tutti il maggior bene possibile, spassionatamente, senza distinzione di nazionalità o di religione."
L'anonimo fa pure insinuazioni a proposito dei sussidi materiali largiti dal Papa. Egli sostiene che basta mettere a riscontro i vari sussidi resi di pubblica ragione per vedere che questi sussidi non vennero distribuiti indifferentemente ma secondo un piano determinato, con scopi prestabiliti." (Pag. 75) Ma, osserva lo Jocham, poté davvero il Papa prefiggersi un piano determinato, con scopi precisi, sulla distribuzione dei sussidi? Poté egli sapere di prima quali regioni sarebbero state maggiormente colpite dalle devastazioni della guerra e fatte quindi più bisognose di soccorso? La verità è che il Papa, non disponendo di troppi mezzi, non aspettò soltanto che si manifestasse il bisogno ma che gli abitanti delle regioni colpite si rivolgessero a lui per aiuto. L'anonimo sorvola consapevolmente su questo fatto per destare nel lettore l'impressione che il Papa sia stato completamente libero nella distribuzione dei sussidi, come, d'altra parte, egli cita la richiesta di aiuto della Prussia Orientale solo per suggerire l'idea che il Papa abbia concesso gli altri sussidi spontaneamente, quello, invece, alla Prussia Orientale solo dopo aver ricevuto dal Nunzio in Monaco di Baviera un diffuso rapporto.
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Né basta. L'anonimo osserva che la parte principale dei sussidi del Vaticano li ha avuti la Polonia. E lo Jocham: Forse che la Polonia non ne ebbe bisogno? Chi conosce davvero la cronaca della guerra mondiale sa che nella primavera del 1915, allorché avvenne la prima e maggiore elargizione pontificia, la Polonia aveva assolutamente bisogno di essa e che il vescovo principe di Cracovia dovette impiegarla sopratutto per lenire le sofferenze della popolazione civile nella Galizia devastata. In verità, dunque, il soccorso del Santo Padre fu diretto, allora, piuttosto alle Potenze centrali che ai loro nemici. Lo stesso deve dirsi delle somme assegnate dal Papa all'Armenia e alla Siria che fan parte del territorio delle Potenze centrali. E' peggio, dunque, che una menzogna l'affermare che l'"unico sussidio noto a favore delle Potenze centrali sono i 10.000 marchi dati per le province tedesche del Baltico." Messe in rilievo altre gravi insinuazioni dell'anonimo, lo Jocham conclude questo paragrafo affermando che ogni persona onesta deve ammettere che quanto il Papa larga per il Belgio, la Polonia, la Lituania, la Serbia, il Montenegro, l'Armenia, la Siria, giovò indirettamente alle Potenze centrali, giacché con queste sue donazioni egli tolse loro una parte notevole di peso. "Chi ha ancora senso di giustizia, non valuterà le benemerenze del Papa verso il popolo tedesco nel campo dell'assistenza di guerra solo pensando a ciò che il Papa ha effettivamente raggiunto mediante la sua mediazione, ma riconoscerà con gra-
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titudine pure ciò che il Papa cercò seriamente di ottenere senza riuscirvi, in tutto o in parte, perché i nostri nemici non si dimostrarono verso di lui accondiscendi come il Governo germanico… Il contenuto del discorso pronunziato dal deputato Erzberger il 2 novembre 1916 sull'assistenza di guerra del Papa, l'anonimo, non l'ha menomamente confutato; al contrario esso è stato confermato dalle fonti più competenti (es. il principe Schoenaich-Carolath) e dai documenti storici."
Nell'ultimo capitolo del suo scritto lo Jocham, sulla scorta della "Augsburger Postzeitung" del 10 aprile 1918, dice che l'autore o uno degli autori dello studio storico-critico, che non ha avuto il coraggio di scendere in campo a viso scoperto, è l'ex-gesuita conte Hoensbroech, ossia la persona meno adatta a scrivere un saggio sul Papato e la guerra mondiale. Inoltre lo Jocham fa notare che il libello da lui confutato è un lavoro ordinato dalla presidenza della Lega evangelica, come risulta dalla circolare pubblicata dalla "Schlesische Volkszeitung".
"Questa circolare fornisce anche la prova esterna inconfutabile che lo studio "Papa, curia e guerra mondiale" altro non è che un'opera tendenziosa di sobillazione confessionale. Per metter fine alla molesta "esaltazione del Papa i componenti, la presidenza della Lega evangelica commisero lo scritto rivolgendosi a uomini dai quali era da attendersi che avrebbero assolto prontamente l'incarico... Stranissimo è, però,che i signori committenti si sono vergognati di riconoscere apertamente
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lo scritto, che rinnegarono, anzi, colla scelta dell'editore e l'anonimità del compilatore, l'opera loro. Può un tale agire giovare davvero al bene della patria, come i signori sostengono? - No, ogni onesto tedesco, cattolico o non cattolico, deve, anzi, convenire con il giudizio di Friedrich Ritter von Lama il quale, nei "Duesseldorfer Tageblatt" del 26 aprile 1918, scrisse che lo studio storico-critico dell'anonimo tedesco è una macchia per la sincerità e serietà nazionale, che esso coopera con mezzi sleali a promuover l'odio contro il Papa, il cavo spirituale di 23 milioni di tedeschi cattolici, ed è la più grave violazione della tregua civile dal principio della guerra."
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], Il Papa della pace ed il popolo tedesco – Risposta di un cattolico al libello: "Papa, Curia e guerra mondiale" vom 12. August 1918, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 2635, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/2635. Letzter Zugriff am: 23.04.2024.
Online seit 13.07.2011.