Dokument-Nr. 2808

[Erzberger, Matthias]: I precedenti della sottoscrizione della pace in Germania, vor dem 15. Juli 1919

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Dopo che i Governi alleati ed associati ebbero rigettato le controproposte germaniche al progetto di trattato di pace degli alleati, concedendo la sola garanzia di alcune facilitazioni secondarissime, e dopoché ebbero fissato un termine brevissimo (fino al 23 giugno) per la decisione del Governo tedesco, questi veniva a trovarsi dinanzi alla questione nuda e cruda di accettare o di rigettare il trattato di pace, e di addossarsi in quest'ultimo caso dinanzi al proprio popolo la immane responsabilità per una nuova guerra. La pubblica opinione, almeno per quel tanto che si rivelò nella stampa, si era divisa in due campi: una parte agitava per la sottoscrizione senza riserva, l'altra per il rigetto puro e semplice. Per una firma senza riserve subentrarono anzitutto i socialisti indipendenti, mentre Destra e Democratici facevano propaganda per il rifiuto a sottoscrivere. I socialisti maggioritari e il Centro non si erano, per motivi tattici, vincolati alla questione della firma; ma anche in questi partiti l'opinione era tutt'altro che unanime.
Anche il Gabinetto venne a trovarsi diviso in due campi dalla questione del firmare o non-firmare. Specialmente i democratici propugnavano energicamente il rigetto. Ora, considerata la collaborazione politica di essi col Centro, sale alle labbra la naturale domanda per qual ragione i democratici abbiano voluto prendere un'attitudine speciale nella questione della pace. La spiegazione può esser questa: che il capo della delegazione della pace a Versailles, conte Brockdorff-Rantzau, molto vicino ai democratici, si era insieme con tutta la delegazione pronunciato per il rigetto del trattato. Il contegno dei democratici trova in parte
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la sua giustificazione nella circostanza che essi han fatto tale professione di idealismo pacifistico che oggi dinanzi alla rovina del medesimo, hanno creduto doveroso trarre le necessarie conseguenze della loro disillusione. Avendo dunque deciso i democratici di rigettare il trattato di pace, ne risultò una crisi di gabinetto. L'atmosfera di crisi aumentò ancora perché il presidente dei ministri, Scheidemann, si era vincolato pubblicamente per la inaccettabilità del trattato di pace degli alleati. Avendo poi anche altri ministri creduto di non poter sottoscrivere la pace di violenza dell'Intesa, venne a mancare nel Gabinetto una maggioranza disposta all'accettazione.
La situazione nella stampa e nel Gabinetto stesso era, dunque, molto confusa, mentre le difficoltà si rivelarono tanto più grandi in quanto che la decisione doveva esser presa in un tempo relativamente brevissimo.
Primo e urgentissimo compito risultò esser questo: soppesare le probabilità di un rigetto e quelle di un'accettazione. È merito del ministro Erzberger aver determinato una chiarificazione nella ponderosa questione. Erzberger era d'opinione, e la sua opinione difese strenuamente in seno al gabinetto che il rigetto del trattato di pace avrebbe costituito un rischio immenso tanto per la politica estera quanto per quella interna. Quale sarebbe stata la situazione, se si fosse rifiutata la firma del trattato di pace?
Gli alleati avrebbero continuato a marciare
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in Germania. Lo stato di guerra sarebbe ricominciato immediatamente con la denunzia di tre giorni dell'armistizio. Il bacino della Ruhr, così indispensabile alla Germania per il suo approvvigionamento di combustibile, sarebbe stato invaso. Possibilissimo anche che gli alleati si fossero aperto un corridoio da Francoforte sul Meno a Praga, sperando così uno staccamento fra la Germania del nord e quella del sud. Il blocco sarebbe stato inasprito. I paesi neutrali avevan già ricevuto dagli alleati istruzioni, per il caso del rigetto del trattato da parte della Germania, intese a sbarrare qualsiasi importazione o esportazione dalla e verso la Germania. La popolazione tedesca maschile atta alle armi sarebbe stata portata via prigioniera. I Polacchi avrebbero invaso il territorio dell'est. Le requisizioni delle truppe d'occupazione avrebbero preso una misura dura e sconfinata. La Germania sarebbe risultata un caos determinato dalla mancanza generale di vettovaglie di merci e di materie grezze. Popoli d'oriente e d'occidente avrebbero allagato il paese e la carestia dei viveri sarebbe divenuta insopportabile per la popolazione indigena. L'occupazione del bacino della Ruhr e la mancanza di carbon fossile avrebbe determinato in poche settimane il più completo sfacelo dei traffici e la fame nelle più grandi città. Mancando le notizie dalle varie parti del paese le autorità si sarebbero vedute nell'impossibilità di lavorare, e tutta la grande macchina dello Stato si sarebbe arrestata. La mancanza di viveri e di merci dell'uso quotidiano avrebbe determinato un fulmineo e mostruoso rialzo dei prezzi; il denaro avrebbe perduto comple-
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tamente il suo valore. Per paura del terrorismo bolscevistico molti elementi borghesi sarebbero passati, come in Russia, nelle braccia dell'estrema sinistra. La più cruenta guerra civile che immaginar si possa avrebbe infuriato nelle più grandi città specialmente a Berlino. Oltre a ciò la nuova Repubblica avrebbe, come tale, corso un gravissimo pericolo. Gli alleati avrebbero tentato indubbiamente di negoziar la pace con singoli Stati della Confederazione, invece che coll'Impero. I singoli Stati, anche se animati della miglior volontà e fedeltà verso l'Impero, non avrebbero potuto sottrarsi alle sollecitazioni degli alleati non foss'altro che per ottener da essi facilitazioni. Se la Germania avesse voluto arrestare una tale catastrofe avrebbe dovuto chiedere ancor un'altra volta l'armistizio, quindi la pace, sottoscrivere infine condizioni ancor peggiori delle presenti. Qualsiasi elemento borghese sarebbe sparito dal Governo e la sorte della civiltà e della Chiesa sarebbe stata suggellata definitivamente dal dominio bolscevistico.
Questi punti di vista parlarono eloquentemente a favore della sottoscrizione e servirono di guida per l'atteggiamento dinanzi al problema della sottoscrizione stessa. Ora, siccome alcuni ministri del Gabinetto si eran vincolati, come abbiam detto, nel rifiutare la firma al trattato di pace, era necessario comporre un nuovo ministero. Si ebbero così le dimissioni di tutto il Ministero Scheidemann. Il Presidente della Repubblica, Ebert, incaricò l'attuale Ministro del Lavoro, on. Bauer, di comporre il nuovo Gabinetto. Il quale, per l'uscita del Presidente dei Ministri, Scheidemann, del ministro democratico, Dernburg (finanze), Gothein (Tesoro), Preuss
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(Interni), Conte Brockdorff-Rantzau (Esteri), e del socialista dottor Landsberg (Giustizia), risultò composto come appresso:
Bauer, Presidente del Consiglio
Erzberger, Finanze e Vicepresidente del Consiglio
Müller, Affari Esteri
Dottor David, Interni
Dottor Meyer, Tesoro
Giesberts, Poste e Telegrafi
Wissel, Economia
Schlicke, Ministro del Lavoro
Schmidt, Consumi
Dottor Bell, Trasporti
Noske, Guerra
Il Ministero della Giustizia rimane per ora vacante.
Di questi ministri Bauer, Müller, David, Wissel, Schlicke, Schmid [sic] e Noske, appartengono al Partito socialista, mentre Erzberger, Mayer [sic], Giesberts e Bell appartengono al Centro.
Questo Gabinetto formato esclusivamente di membri del Partito socialista e del Centro si dichiarò subito in principio pronto all'accettazione della pace ma non d'una pace senza riserve. Il più grande impedimento per l'accettazione nell'opinione pubblica della Germania consisteva nell'articolo 231 del trattato il quale motiva colla colpevolezza della Germania allo scoppio della guerra i gravami imposti alla Germania stessa, nonché negli articoli 227 fino al 230 coi quali gli Alleati si riservano di domandare la consegna dell'ex-Imperatore e di alcune eminentissime personalità tedesche. Una maggioranza per l'accettazione della pace si poté ottenere soltanto sulla base che la Germania
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sottoscriveva energicamente protestando contro la pace di violenza e solo cedendo alla forza.
Il 22 giugno (una domenica) ebbe luogo quella memorabile seduta dell'Assemblea Nazionale nella quale si votò sull'accettazione o sul rigetto della pace. Socialisti e Centro avevano presentato una mozione invitante l'Assemblea Nazionale ad autorizzare il Governo a sottoscrivere la pace. La mozione fu accettata con 237 voti contro 138 e 5 astenuti. La votazione si ebbe coi voti del Centro, dei socialisti maggioritari, dei socialisti indipendenti e di alcuni deputati del partito democratico. In base a tale votazione fu telegrafata subito la seguente nota a Versailles coll'incarico ai delegati tedeschi di rimetterla immediatamente a Clemenceau:
Il Governo della Repubblica Tedesca, dal momento che gli furono rese note le condizioni di pace dei Governi alleati ed associati, non ha lasciato menomamente in dubbio che, d'accordo con tutto il popolo tedesco, non può che riconoscere queste condizioni essere in crassa contradizione colla base accettata come impegnativa dalle Potenze alleate ed associate da una parte, e la Germania dall'altra, prima della conclusione dell'armistizio.
Esso, richiamandosi a questa base di diritto pattuita fra le due parti contraenti, ed esponendo francamente lo stato di cose in Germania non ha lasciato nulla d'intentato per giungere ad un immediato scambio orale d'opinioni, affine di ot-
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tenere una mitigazione delle condizioni insopportabilmente dure, tale da rendere possibile al Governo della Repubblica germanica l'accettazione senza riserve del trattato di pace e di garantirne l'esecuzione.
Questi tentativi del Governo della repubblica germanica, fatti nell'interesse della pace mondiale e della riconciliazione dei popoli, son fatti dinanzi all'irretimento con cui i Governi alleati ed associati persistono nelle loro condizioni. Arrendevolissime controproposte della Delegazione tedesca hanno trovato ascolto solo in singoli punti. Le facilitazioni concesse diminuiscono soltanto in piccolissima parte la durezza delle condizioni. I Governi alleati e associati hanno, anzi, con un ultimatum che decorre il 23 giugno, posto il Governo della Repubblica tedesca davanti al bivio di sottoscrivere il trattato ad esso sottoposto, o di rifiutare la firma. Per quest'ultimo caso un popolo completamente inerme verrebbe minacciato dell'imposizione forzata delle condizioni di pace richieste e dell'aumento dei gravissimi pesi.
Il popolo tedesco non desidera la ripresa della cruentissima guerra, ma vuole sinceramente una pace durevole. Dinanzi al contegno dei Governi alleati ed associati non possiede in mano altra forza che quella di appellarsi al diritto eternamente inalienabile della vita indipendente dei popoli; diritto che spetta anche al popolo germanico come a tutti gli altri del mondo.
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Il Governo della Repubblica tedesca non può accrescere autorità a questo sacro diritto del popolo tedesco, col far uso della forza. Esso non può che sperare in un appoggio nella coscienza del mondo.
Nessuna Nazione e nemmeno le Potenze alleate ed associate possono pretendere dal popolo germanico che esso approvi con intima persuasione uno strumento di pace, in forza del quale membri vivi e vitali del corpo della Germania vengono amputati senza interrogare le popolazioni di cui si tratta, vien violata durevolmente la sovranità statale germanica e imposti al popolo insopportabili gravami economici e finanziari.
Se il Governo della Repubblica tedesca ha dato infine ordine ai suoi plenipotenziari di sottoscrivere i patti degli Alleati colle seguenti riserve, ciò non ha fatto di sua libera volontà. Il Governo della Repubblica germanica dichiara solennemente che il suo contegno si deve spiegare nel senso che esso cede alla forza, deciso di risparmiare una nuova guerra al popolo tedesco, che indicibilmente ha sofferto e tanto soffre, di evitare lo smembramento e la fine della sua unità nazionale coll'occupazione di nuovo territorio della patria, di scongiurare una guerra civile con nuovo spargimento di sangue, una fame ancor più orribile alle donne e ai bambini nonché un più lungo e spietato martirio dei prigionieri di guerra. Il popolo tedesco si attende che, in considerazione degli enormi gravami che deve assumersi, a cominciare dal 12 luglio tutti i prigionieri di guerra e civili
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siano restituiti alla patria, mediante trasporti ininterrotti e nel più breve tempo possibile. La Germania ha restituito in soli due mesi tutti quanti i suoi prigionieri.
Il Governo della Repubblica tedesca si impegna colla presente di accettare, per mezzo della firma dei suoi plenipotenziari, le condizioni di pace imposte alla Germania. Esso vuole però esprimersi in questo momento solenne con una chiarezza che non conosce riguardi, per opporsi sin dal principio al rimprovero di insincerità che potesse esser mosso oggi o più tardi alla Germania. Le condizioni imposte sorpassando la misura di quello che la Germania potrà sopportare. Il Governo della Repubblica germanica si vede quindi obbligato a dichiarare di dover avanzare le debite riserve e di declinare qualsiasi responsabilità per nuovi inasprimenti che potessero venire imposti alla Germania qualora l'impossibilità di eseguire le condizioni dovesse rivelarsi anche portando al massimo sforzo possibile la resa del patrimonio e delle energie tedesche.
La Germania pone, oltre a ciò, la più grande importanza nella dichiarazione che essa non può accettare l'articolo 231 del trattato di pace, il quale domanda dalla [sic] Germania di riconoscersi quale "unica autrice " della guerra, e che la sua firma non si estende dunque a quest'articolo. Ne resulta senz'altro che la Germania deve anche rifiutare la motivazione dei gravami impostile, colla scusa di una colpevolezza esclusiva a torto ascrittale.
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Molto meno può un tedesco conciliare colla sua dignità e col suo onore l'accettazione e l'osservazione di imposizioni, specialmente gli articoli 227 fino al 230, coi quali si domanda dalla [sic] Germania di consegnare alle Potenze alleate ed associate perché li giudichino, membri del popolo tedesco, accusati delle Potenze alleate ed associate di aver violato leggi internazionali e commesso azioni contro gli usi della guerra.
Il Governo della Repubblica tedesca protesta inoltre energicamente contro la spogliazione di tutto quanto il possesso coloniale e contro la motivazione che nega durevolmente alla Germania la qualità di colonizzatrice, sebbene tutto il contrario sia la verità come lo comprovano in modo inconfutabile le osservazioni della Delegazione di pace tedesca alle condizioni di pace.
Il Governo della Repubblica tedesca suppone che i Governi alleati e associati preferiscano che esso abbia parlato francamente, sia per ciò che riguarda la sua buona volontà, sia per quello che si riferisce alle sue riserve. In considerazione della situazione forzata in cui il popolo tedesco viene a trovarsi in seguito alle pretese degli Alleati; situazione tragicamente dura che nessun popolo conobbe mai nella storia del mondo più opprimente e sanguinosa; e basandosi sulla promessa formale dei Governi alleati e associati, contenuta nel loro memorandum del 16 giugno 1919, crede d'essere in diritto di rivolgere ai Governi alleati e associati la seguente sua giusta richiesta, nella speranza che i Governi alleati e associati vogliano considerare le dichiarazioni di cui
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appresso, quale parte essenziale:
"Entro un termine di due anni, a datare dal giorno della sottoscrizione, i Governi alleati e associati sottoporranno il presente trattato al Consiglio Supremo delle Potenze, come è previsto nell'articolo 4 della Lega dei popoli, allo scopo di sottoporlo a nuovo esame. I delegati tedeschi godranno di fronte a detto Consiglio Supremo di tutti i diritti e prerogative degli altri rappresentanti delle Potenze contraenti del presente contratto.
Detto Consiglio deve decidere sulle condizioni del presente trattato, che pregiudicano i diritti del popolo tedesco di disporre di sé, come pure sulle prescrizioni, colle quali s'impedisce il libero sviluppo economico della Germania, quantunque essa debba godere di eguali diritti in questo campo."
Il Governo della Repubblica tedesca presenta la dichiarazione che sopra per mezzo del plenipotenziario da esso fissato per la firma del trattato di pace, ambasciatore von Haniel, e concede la sua approvazione alla dichiarazione richiesta con lo scritto del 16 giugno 1919 nella forma seguente:
"Il Governo della Repubblica tedesca è pronto a firmare il trattato di pace, senza però con ciò riconoscere che il popolo tedesco è autore della guerra e senza assumere l'obbligo della consegna secondo gli articoli 227 al 230."
Il Governo tedesco poteva attendersi che, in seguito all'accettazione tedesca d'accondiscendere a tutti gli obblighi contenuti nel trattato di pace i Go-
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verni alleati e associati avrebbero accettata la dichiarazione, o, nella peggior ipotesi, l'avrebbero lasciata passare tacitamente. In caso di accettazione tacita il popolo tedesco avrebbe riconosciuto la prova che gli Alleati avrebbero rispettato l'onore tedesco e che non avrebbero fatto uso del diritto d'estradizione. In tal modo sarebbe stata rispettata l'opinione pubblica in Germania e nei paesi alleati. Gli Alleati avrebbero avuto la soddisfazione d'aver inserito tali articoli nel trattato, l'opinione pubblica tedesca si sarebbe tranquillizzata in seguito all'accettazione tacita di detta protesta. Questa presupposizione non era infondata, poiché il Ministro di Stato Erzberger aveva ottenuto da intermediari alleati, se non l'assicurazione, almeno la presa in considerazione, che gli Alleati non avrebbero fatto uso degli articoli concernenti la consegna. Siccome per giungere ad una tale soluzione s'erano dovute superare le maggiori difficoltà, si pensava tanto nel Gabinetto, quanto nell'Assemblea Nazione [sic] che da parte loro gli Alleati avrebbero accettato la nota tedesca, tanto più che si era ceduto alla forza delle circostanze.
La nota di risposta di Clemenceau, giunta lo stesso giorno nelle ore avanzate della notte da Versailles in cui si respingevano le riserve tedesche e si pretendeva dal Governo tedesco l'accettazione incondizionata o la repulsa del trattato di pace, fece a Weimar l'effetto d'un colpo di folgore.
Il giorno seguente alle 7 di sera spirava il termine fissato. Era necessario quindi, giungere al più presto a una nuova soluzione. I partiti che lo stesso giorno s'eran dichiarati per la firma con riserva, si trovarono come il Governo di fronte a una situazione completamente nuova. Il Gabinetto, che s'era
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adunato d'urgenza nella notte sul 23 giugno, minacciava di sfasciarsi. Non era possibile, però, prendere una decisione <senza>1 prima interpellare il Centro e il Partito socialista. Il giorno appresso si conferì cogli altri partiti. Il Partito socialista era disposto a compiere l'ultimo grave sacrificio e ad accettare la pace senza riserve. Nel Centro si manifestarono tendenze non lievi per rifiutare, a tali condizioni, la firma. In tal caso non sarebbe stato possibile ottenere una maggioranza per la pace, cosicché l'avanzata degli Alleati era certa. Una conferenza coi socialisti indipendenti e anche coi partiti di destra ebbe per risultato che né i socialisti indipendenti, in caso d'accettazione, né la destra, col rifiuto della pace, si dichiararono pronti a costituire il Governo. La rinuncia al Governo dei partiti che ora formano il Gabinetto, avrebbe significato, quindi, per la Germania il caos. Il Centro non volle perciò sottrarsi a una responsabilità così immensa. Una questione d'importanza capitale era questa: l'attitudine delle truppe. Gli ufficiali delle truppe governative, radunatisi a Weimar, dichiararono che colla firma della pace senza riserva, gli ufficiali e le truppe non avrebbero mantenuto al Governo la loro fiducia. Una diserzione delle truppe avrebbe privato il Governo di qualsiasi appoggio e l'ordine mantenuto con tanta fatica sarebbe completamente cessato. Il pericolo era tanto maggiore inquantoché il Ministro della guerra Noske, in cui le truppe ripongono la massima fiducia, aveva manifestato il proposito di dimettersi dal
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Gabinetto. Occorsero sforzi grandissimi per indurre Noske a non rinunciare in quell'ora tanto grave per la patria, a cooperare in comune. La decisione del Ministro della guerra di rimanere nel Gabinetto fece un'impressione favorevole sui generali delle truppe del Governo, i quali, di fronte alla probabilità dello sfacelo completo all'interno della Germania nel caso che le truppe governative si fossero sciolte, decisero di restare al loro posto. D'importanza decisiva, sia per il Centro che per l'opinione delle truppe del Governo, fu il telegramma del Quartiermastro generale del Comando Supremo dell'esercito diretto al presidente della Repubblica, Ebert, in cui si dichiarava che una resistenza militare era senza speranza e che il Ministro della Guerra doveva assumersi la corresponsabilità per la conclusione della pace. Noske doveva spiegare in un proclama pubblico la necessità di concludere la pace e pretendere da ogni ufficiale che, anche colla firma della pace, egli, nell'interesse della salvezza della Germania, sarebbe rimasto al suo posto e avrebbe compiuto il suo dovere di fronte alla patria. Le truppe allora si sarebbero serrate intorno a lui impedendo così ogni movimento rivoluzionario all'interno, come pure ogni combattimento esterno alla frontiera orientale. Il Gabinetto si decise la mattina del 23 giugno dopoché si era giunti a un'intesa col Centro, col partito socialista e coll'esercito, per la firma della pace.
Nel pomeriggio, alle 3, ebbe luogo una seduta dell'Assemblea Nazionale, in cui si votò sempli-
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cemente se l'autorizzazione concessa nella mattinata al Governo per la conclusione della pace, aveva valore anche adesso. La maggioranza dell'Assemblea Nazionale rispose affermativamente. In tal modo fu creata la possibilità di far dichiarare, per mezzo del delegato tedesco a Versailles, al presidente dei Ministri Clemenceau, che la Germania era pronta ad accettare il trattato di pace degli Alleati tal qual era. Alle 6 di sera giunse la conferma a Weimar che gli Alleati erano in possesso della dichiarazione tedesca. Con ciò veniva distolto il pericolo dell'avanzata in Germania degli Alleati e il pericolo di una nuova guerra.
È superfluo affermare che detta seduta dell'Assemblea Nazionale fu la più triste che mai una rappresentanza di popolo tedesca abbia avuto. Con grave dignità i deputati che parlarono in nome dei partiti che rifiutavan la firma, dichiarono [sic] che i loro partiti ammettevano senz'altro che i partiti e i deputati favorevoli alla firma della pace agissero in conformità alla loro coscienza. I deputati piangevano. Il presidente dell'Assemblea Nazionale, Fehrenbach, terminò il suo discorso di chiusura con voce soffocata dai singhiozzi colle parole che Iddio misericordioso volesse tenere la Sua mano protettrice sulla povera Germania.
Il Centro e il partito socialista formano oramai il Governo. All'opposizione si trovano i democratici, la destra e l'estrema sinistra. Non riuscì facile al Centro il sobbarcarsi solo col partito so-
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cialista al peso del Governo. Se il Centro v'aderì, non lo fece che per evitare il caos che avrebbe minacciata la cultura e l'unità dell'Impero, la Chiesa e lo Stato, qualora non si fosse costituita una maggioranza per la firma della pace. In tal caso sarebbe scomparso dal Governo e chi sa per quanto tempo, qualsiasi elemento borghese. La Germania avrebbe ottenuto un Governo formato di socialisti indipendenti o comunisti. Mettendosi il Centro a disposizione del Governo, non fece altro che trarre le conseguenze della sua responsabilità dinanzi al popolo tedesco formando una garanzia contro la rovina all'interno.
Bisogna aggiungere che il Ministro delle finanze, Erzberger, quale personalità dirigente della politica di pace e del Gabinetto è esposto agli attacchi più furiosi da parte dei partiti di destra e di certi circoli di ufficiali. Furono scoperti dei piani per attentare alla sua vita. La campagna iniziata contro di lui dai partiti di destra continua con uguale intensità. Egli sopporta i pericoli che lo minacciano colla coscienza d'aver fatto del suo meglio pel bene del popolo tedesco e nella speranza che il popolo tedesco riconosca bentosto che fu meglio cedere alla violenza brutale degli Alleati, che andar incontro, col rifiuto della firma, a maggiori miserie.
1Masch. eingefügt.
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], I precedenti della sottoscrizione della pace in Germania vom vor dem 15. Juli 1919, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 2808, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/2808. Letzter Zugriff am: 19.04.2024.
Online seit 04.06.2012, letzte Änderung am 13.08.2012.