Dokument-Nr. 2854

[Erzberger, Matthias]: Gli effetti del blocco nella popolazione tedesca. (Un memoriale del Ministero della Sanità), vor dem 06. August 1919

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Proporzioni della scarsità di viveri e dell'iponutrizione.
Le condizioni di nutrizione determinate dal blocco hanno avuto per conseguenza un'enorme diminuzione della forza di lavoro e un indebolimento generale della salute delle masse, che si manifesta soprattutto nell'accresciuta morbosità e mortalità nonché nella impressionante diminuzione delle nascite.
La Commissione scientifica interalleata per il vettovagliamento assodò, secondo un rapporto pubblicato dal Ministero francese dei Consumi, che il fabbisogno di calorie in un organismo umano del peso medio di 70 chilogrammi e che lavora otto ore al giorno è di 3.300; quantità questa che può esser ridotta transitoriamente a 3.000 calorie senza nocumento della salute. – La medesima Commissione constatò che il quantitativo di grassi di cui il corpo umano ha bisogno è di 75 grammi al giorno.
Tenendo ora presenti i valori di calorie che possono essere distribuiti alla popolazione tedesca coi generi alimentari razionati, si vede che già nell'autunno del 1916 (con 1.344 calorie di viveri razionati) era subentrata una mancanza di 1.656 calorie, cioè a dire più della metà del quantitativo indispensabile, anche se per la quantità di calorie si prendessero per norma quelle 3.000 che, a detta della Commissione per
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il vettovagliamento, il corpo umano può sopportare solo temporaneamente senza nocumento della salute. Nell'estate del 1917 le calorie rappresentate dai viveri razionati diminuirono ancora e scesero a 1.100; ad una terza parte soltanto, cioè, di quel quantitativo normale indispensabile. Contemporaneamente anche il quantitativo quotidiano di albumina negli alimenti veniva ridotto alla metà della quantità necessaria (30 grammi). Il fabbisogno medio di calorie del nutrimento è sceso in tal modo al quantitativo necessario ad un bambino normale dai 2 ai 5 anni per mantenerlo in vita. – In questi calcoli si deve tener conto, è vero, che il fabbisogno di calorie preso per norma, e cioè 3.300 o 3.000, vale per un adulto che lavora. Se tuttavia si prendono in considerazione i vari gradi e le varie età nella popolazione tedesca e si viene ad avere che il fabbisogno quotidiano individuale è in media, secondo il materiale che sopra, di sole 2.280 calorie invece che con 3.300 si ha altresì che il quantitativo di 2.280 calorie non vien coperto nemmeno per la metà dai viveri che sono a disposizione di ogni individuo.
Dai calcoli statistici sul consumo dei singoli generi alimentari, le seguenti constatazioni son molto caratteristiche per la diminuzione del nutrimento della popolazione: il pane è diminuito sensibilmente durante la guerra non solo qualitativamente a causa dell'abburattamento della farina ad alta percentuale, ma anche perché la stessa quantità è stata ridotta durante la guerra alla metà di quella consumata in tempo di pace. Il consumo carneo scese da 1.050 grammi a 135 grammi a
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testa alla settimana; quello del burro, dei grassi vegetali e dell'olio da 20 a 7 grammi al giorno. I grassi animali consumati in larga misura in tempo di pace e la cui quantità non può esser stabilita con cifre, mancano completamente; dimodochè dinanzi al quantitativo dichiarato dalla Commissione per l'approvvigionamento delle vettovaglie dichiarato indispensabile al nutrimento umano, non vi sta in verità che una quantità corrispondente ad un decimo.
b) Conseguenza della iponutrizione:
Una delle conseguenze più impressionanti e più visibili della denutrizione è la forte emaciazione che ha per conseguenza una diminuita forza di resistenza contro le malattie. Si nota inoltre una fortissima diminuzione della resistenza fisica ed intellettuale, nonché un danneggiamento della forza di volontà e dello stato d'animo, un ritardo della riconvalescenza dopo la malattia ed un aumento straordinario della mortalità fra i vecchi.
1.  Aumento del numero dei decessi.
Secondo calcoli esatti fatti dall'Ufficio delle statistiche si è potuto assodare che le cifre della mortalità rivelano solo negli ultimi anni di guerra un grande aumento dinanzi agli ultimi anni di pace. Esse ammontavano nel 1915 a circa 9 ½%, nel 1916 a circa il 14% di quelle del 1913. Negli anni 1917/18 l'aumento nei decessi causato dagli effetti del blocco della fame è notevolissimo: nel 1917 l'aumento dei decessi è di 32, nel 1918 del 37% dei
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decessi dell'anno di pace 1913. Il numero delle vittime del blocco ascende, secondo ricerche sicure, alla cifra tonda di 763.000 negli anni 1915 fino al 1918.
L'enorme cifra dei decessi in seguito a grippe con complicazione di polmonite che si ebbero verso la fine del 1918 (150.000) non è compresa in questo calcolo, sebbene sia assolutamente fuor di dubbio che anche qui trattasi per la maggior parte di vittime del blocco della fame, perché lo stato di denutrizione progressiva aveva preparato buon terreno al propagarsi della malattia, aveva indebolito talmente l'organismo dei colpiti dal male, che per la maggior parte moriron più in seguito alla debolezza che a causa della malattia la quale sarebbe stata vinta con una nutrizione migliore.
Con tutto questo materiale statistico si è potuto fare un calcolo e giudicare approssimativamente a quanti ammontino i danni per il patrimonio nazionale dovuti alla perdita di tutte queste vite umane, se si calcola a 1.500 marchi la resa annuale del singolo.
I danni derivatine sono stati calcolati prendendo in considerazione l'età, la probabile durata della vita dei bambini, sottratte le somme necessarie per la loro educazione, ecc. ascendere a 1, 11 miliardi per l'anno 1915; a 1, 88 miliardi per il 1916; a 2,54 miliardi per il 1917; a 2,87 miliardi per il 1918. Sia dunque la somma complessiva di miliardi 8,40 di marchi rappresentante i danni subiti negli anni 1915/18.
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1.  Aumento del numero dei decessi dovuti alle singole malattie.
Un'idea chiara del regresso generale della sanità popolare dovuto alle difficoltà di nutrimento si ottiene leggendo le statistiche sull'aumento dei casi di morte dovuti a malattie infettive, preso speciale riguardo alla tubercolosi, alle malattie delle vie respiratorie e alle febbri puerperali.
Dal materiale esistente risulta un aumento dei casi di morte per
tubercolosi
di più del doppio durante gli anni di guerra. Ora si pensi che i casi di morte dovuti a questa malattia più delle altre diffusa, erano in continua diminuzione prima della guerra. In 380 località dalle quali ci è pervenuto un completo materiale statistico, la mortalità per tubercolosi durante gli anni di guerra ha raggiunto in complesso 84.998 casi di più che nell'ultimo anno di pace. Questa cifra si riferisce dunque a soli 3/8 di tutta quanta la popolazione della Germania; la vera cifra dei casi di morte per tubercolosi è naturalmente molto più alta. Ora è noto quale grande influenza abbia la nutrizione appunto nel decorso delle malattie di tubercolosi. La mancanza di grassi specialmente compie un'azione funesta. E' vero che si debbono prendere in considerazione anche altri fattori, come per esempio la mancanza di abiti gravi determinante raffreddori e costipazioni; mancanza pure dovuta agli effetti del blocco commerciale. Col peggioramento delle malattie preesistenti terminate in una gran parte di
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casi con la morte, furono creati innumerevoli focolari d'infezione, perché la tubercolosi costituisce, come è noto, al suo ultimo stadio, un pericolo d'infezione specialmente grave che favorisce straordinariamente il propagarsi del morbo. In tal modo sono stati distrutti non soltanto i successi dei lavori per combattere la tubercolosi, nonché le misure profilattiche per evitarne la propagazione, ma ne sono derivati altresì gravissimi svantaggi economici. I grandi capitali impiegati nel passato per combattere la tubercolosi sono stati spesi invano, mentre i nuovi casi di malattia portano seco grandi spese per la cura, il trattamento e l'alloggio dei malati, nonché una grande diminuzione di ricchezza per la loro inabilità al lavoro.
Malattie degli organi respiratori.
Il materiale esistente è stato tolto soltanto dalla prima metà del 1918; non prende in considerazione, dunque, nemmeno i casi di morte per l'epidemia del grippe che cominciò soltanto verso la fine del 1918. Il numero dei casi di morte dovuti a queste malattie ammontò nel 1913 a 46.026, nel 1917 a 61.569 e nella prima metà del 1918 a 33.514 casi. L'aumento dei decessi ammontò, quindi, nel 1917 a 15.543 dinanzi all'ultimo anno di pace, e nel 1918 a 21.002, se i decessi di tutto l'anno si calcolano ascendere al doppio di quelli avutisi nei primi sei mesi. L'aumento complessivo dei decessi per malattie agli organi respiratori giunge, quindi, a 45.790 negli anni 1914 fino al 1918, cioè a dire in media circa 9.160 all'anno; tenuto presente, come abbiam detto, che anche queste cifre valgono solo per 3/8 del-
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la popolazione di tutto l'Impero.
Oltre ai fattori già nominati nelle indicazioni sul diffondersi della tubercolosi bisogna prendere in considerazione le circostanze seguenti che favoriscono in modo speciale il diffondersi del morbo:
il dover far coda, cioè, davanti ai negozi a qualsiasi stagione; calzature insufficienti, penuria di combustibile e, quindi, locali mal riscaldati e conseguente affollamento in una sola stanza, ciò che favorisce straordinariamente il propagarsi delle infezioni.
Nel trattamento e nella cura dei malati si fa sentire inoltre dolorosamente la mancanza dei medicinali necessari.
Febbri puerperali.
Allo stesso modo delle due malattie succitate anche le febbri puerperali hanno domandato in tempo di guerra un numero di vittime che è andato sempre crescendo di anno in anno. I decessi che su 10.000 parti in tempo di pace ammontavano a 21, 9, salì gradatamente a 36, 74 nella prima metà del 1918. Anche da questo si vede chiaramente che l'enorme aumentare dei decessi si deve ricercare nello stato di cose determinato dal blocco. Non solo gli organismi indeboliti dalla continua iponutrizione non possono resistere alle conseguenze delle infezioni, ma in seguito alla grande penuria di disinfettanti è impossibile prendere le necessarie misure profilattiche.
Oltre che in seguito alle malattie infettive suddette anche la cifra della mortalità per le
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malattie del pericardio e renali, nonché i decessi fra i vecchi, hanno raggiunto proporzioni impressionanti.
3.  Aumento dei casi di malattia.
L'insufficiente nutrimento non ha soltanto, come risulta dal grande aumento della mortalità, influenzato sfavorevolmente il decorso delle malattie, ma ha aumentato grandemente anche la cifre delle medesime. La prima cosa che risalta maggiormente agli occhi è la forte emaciazione comune a quasi tutti gli individui. Insieme alla carne spariscono i pannicoli adiposi nei quali sono avvolti gli organi interni, come intestini, reni, ecc. ciò che determina sovente un abbassamento dei medesimi con tutte le loro conseguenze (ernie inguinali, invaginazione dell'intestino, prolassi, abbassamento dei reni, reni mobili ecc.) L'ematopoiesi viene, come si comprende egualmente, a soffrire per l'insufficiente nutrizione, e l'oligoemia si rivela con tutte le sue funeste conseguenze. Anche le malattie cutanee trovano buon terreno per l'insufficiente dietetesi [sic] della pelle causata dalla grande penuria di grassi e collegata ad una cattiva igiene per la mancanza di sapone; dimodoché le malattie della cute, come la scabbia, la sicosi e la foruncolosi, sono andate sempre più propagandosi. Sul grave decorso e sul forte aumento dei nuovi casi di tubercolosi abbiamo già parlato; lo stesso dicasi dei casi di cancro, i quali per la cattiva nutrizione attuale prendono un decorso più maligno che non in tempo pace, determinando più violente malattie alla vescica e specialmente allo stomaco e agli intestini. Colera nostras e casi di dis-
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senteria hanno assunto di quando in quando carattere epidemico ed in molti luoghi han fatto strage della popolazione. Specialmente gravi e frequenti si rivelano le infezioni dello stomaco e degli intestini determinate dalla cattiva qualità dei cibi. Ascessi allo stomaco e al ventre sono stati sfavorevolmente influenzati dal cibo di guerra: lo stesso dicasi delle affezioni della tiroide. In modo veramente pauroso si son propagati poi i casi edomatosi, rivelatisi in cifra straordinaria specialmente negli stabilimenti chiusi nelle grandi città e nelle zone industriali. La generale debolezza fisica ha avuto per conseguenza un indebolimento del miocardio, il quale ha un'azione funesta sul decorso di tutte le malattie e che conduce spessissimo alla morte dopo operazioni di per sé stesse riuscitissime. Le probabilità che i convalescenti possano ristabilirsi in salute dopo gravi malattie divengono tanto più difficili quanto più dura il blocco, poiché la cura dei malati è resa oltremodo difficile per la quasi totale mancanza di tutto ciò che ad essi urgentemente occorre.
4. Diminuzione delle nascite.
La straordinaria diminuzione delle nascite durante la guerra si deve pure in grandissima parte alle difficoltà di nutrimento determinate dal blocco. Le mancate nascite nella sola Prussia negli anni 1914/17 furono 1.431.510 desunte dal numero delle nascite dei quattro anno precedenti; la cifra media annuale delle nascite nei primi quattro anni di guerra diminuì di 357.878 dinanzi ai quattro anni precedenti
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di pace. Nel 1918, anno di cui non possediamo ancora completo materiale statistico, le cifre mostrano un ulteriore regresso ancor più rimarchevole, e lo stesso sarà per la maggior parte del 1919. Le mancate nascite negli anni 1914/1919 ammontano in Prussia a 2.555.010 e a 4.093.000 per tutto quanto l'Impero. Ora se anche noi prendiamo in considerazione soltanto una quarta parte delle mancate nascite e calcoliamo i danni economici determinate da esse a causa del blocco, veniamo ad avere che, in base ai calcoli di cui abbiam fatto cenno più sopra, il patrimonio nazionale ha perduto almeno otto miliardi e mezzo di marchi.
5. Diminuzione della forza di lavoro nella popolazione .
Per poter calcolare fino a che grado è diminuita la forza di lavoro umana durante la guerra, basta pensare alla perdita di peso che non ha risparmiato nessuno. Ora, se si pensa che, in tempo di pace, la media degli uomini aveva un peso normale, bisogna desumerne che la perdita generale di questo peso abbia determinato una perdita generale di tutte le forze. È vero che, in tempo di pace, non mancavano individui che possedevano un peso superiore al normale e al necessario, ed anche che la forza normale non veniva totalmente sfruttata, ma anche ciò considerando non siam lontani dal vero se si fa ascendere a un buon 40% la diminuzione della forza del lavoro in tempo di guerra dinanzi alla forza di lavoro in tempo di pace. I calcoli fatti per conoscere la perdita del patrimonio nazionale dovuta a questa diminuzione di forza fisica, nonché all'aumento delle mercedi causato dal
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caroviveri, danno la somma totale di 32 miliardi di marchi di danni.
c) Conseguenze della mancanza di certi medicamenti, sostanze per medicazioni, gomma, ecc.
Tanto nella cura dei malati come nell'allevamento dei bambini la mancanza di medicamenti e di materie indispensabili si è fatta dolorosamente sentire durante la guerra. Anzitutto le sostanze disinfettanti, che sarebbero state tanto necessarie per la profilassi delle malattie succitate, poi gli eccipienti, le droghe, soprattutto il chinino, la cocaina e il mentolo; sostanze di medicazione e tutti gli articoli di gomma indispensabili per la cura dei malati e la cui mancanza ha reso oltremodo difficile un trattamento proficuo dei malati. Nell'allevamento dei bambini dolorosissima è soprattutto la mancanza dei poppatoi di gomma per i quali non fu possibile trovare un surrogato usabile. Ne son derivati continuamente disturbi numerosissimi nella nutrizione, i quali hanno influenzato sfavorevolmente lo sviluppo dei bambini. Mancava inoltre e manca tuttora qualsiasi ricostituente, vino compreso. Che l'assenza di tutte queste sostanze ha avuto per conseguenze danni rilevantissimi, è più che naturale; in questo caso non è però possibile offrire delle date statistiche.
d) Conseguenze della mancanza, di stoffe per abiti ecc.
Delle 400.000 tonnellate di grassi e di olii adoperate in pace per usi tecnici, già nei primi anni di guerra si dovette distogliere dal loro scopo originario tutto ciò che poteva essere utilizzato per la nutrizione del popolo, dimodoché la fabbricazione del sa-
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pone dev'essere ridotta all'estremo minimo compatibile coll'igiene. Le piccole consistenze in grassi rimaste per la saponificazione dovettero essere allungate con surrogati di poca o nessuna efficacia. Si confezionò una certa polvere di sapone contenente il 4% di grasso, ed un sapone che ne conteneva il 20%, distribuiti alla popolazione dapprima nella quantità di 250 grammi, poi, e più precisamente dal gennaio 1918, nella quantità di 125 grammi di polvere di sapone e 50% di sapone solido consistente per tre buone parti di creta, a testa e per mese. Conseguenza di tale penuria fu la propagazione di malattie dovute alla sporcizia, come dissenteria e tifo, e delle malattie della cute ed infettive di cui abbiamo già parlato, le quali andarono sempre più aumentando a causa della biancheria insufficientemente lavata e non disinfettata.
Si aggiunga a tutto ciò la estrema penuria delle più indispensabili stoffe per abiti! Ben spesso non si poté far fronte nemmeno ai casi più disperatamente gravi.
La popolazione, il cui bisogno di calorico [sic]era grandemente cresciuto in seguito alla denutrizione e che, per sovrappiù, non aveva nemmeno il modo di provvedersi abiti gravi, ebbe a soffrire ancora per la mancanza crescente di combustibile. I prezzi per gli abiti, anche di quelli che si potevano ottenere soltanto con la tessera, crebbero talmente che soltanto alla popolazione ricca era possibile di procurarsene. La mancanza di calzature ha obbligato molta gente non abituata, a camminare scalza, ciò che ha determinato infreddagioni, costipazioni, ecc.; come, in generale, le suddescritte conseguenze del blocco han causato un gran numero di malattie e di decessi.
[224r] e) Necessità di buona nutrizione per la popolazione affamata a causa del blocco
Da uno studio su questo tema sul Consigliere segreto di medicina, professor dottor Rubner, togliamo quanto appresso: Terminata la guerra e ritornati tempi normali è assolutamente necessario creare più rapidamente che sia possibile uno stato di cose che valga a sanare i danni della iponutrizione. L'unico metodo per riportare la nazione, in quanto all'igiene, ad uno stato com'era prima della guerra, è quella di procedere ad una nutrizione abbondante in grande stile. Quando si potesse provvedere a procacciare i mezzi, sia per quantità che per qualità, sufficienti per una buona nutrizione, i danni verrebbero sanati col tempo. Certo: le dannose conseguenze delle privazioni d'ogni sorta, sofferte per lunghissimi anni, e la propagazione delle malattie infettive dovute all'anormale stato igienico delle cose anch'esso dovuto alla guerra, soprattutto della tubercolosi, rimangono in tutta la loro immensa tragicità.
Per determinare un graduale ritorno del peso perduto e delle forze, non basta ridare al corpo le quantità di cibi ricchi di albumina come prima della guerra; ma queste quantità devono essere molto più grandi. Quanto più ricco di albumina sarà il cibo, tanto più rapidamente si giungerà al compenso; quindi cibi poveri di albumina come si consumano generalmente nelle grandi città, non sono adattati per togliere di mezzo la iponutrizione. Il ritorno alla carne sarebbe uno dei principali fattori sulle vie da prendersi im-
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perrocchè soltanto la carne porta al corpo albumina sufficiente e una certa quantità di grasso. Se si suddivide la perdita di peso, che vogliamo ammettere sia del 20%, nel 15% di albumina e nel 5% di perdita di grasso, dato il differente modo di nutrirsi per la durata necessaria e riacquistare le forze e il peso di prima, si hanno le prospettive seguenti: 1) Chi si nutrisse di pane, cereali ed altri generi alimentari poveri di albumina avrebbe bisogno di 1.097 giorni per riacquistare le forze e il peso, cioè a dire più di tre anni. Questo metodo deve essere subito escluso come disadatto perché richiede un tempo troppo lungo. a) Ritornando alla nutrizione com'era prima della guerra, per quanto si tratta di cibi animali e vegetali, sarebbero necessari 294 giorni, durata questa che potrebbe essere abbreviata, aumentando il contenuto d'albumina nelle vivande; in tal caso, però, le quantità di albumina da ingerirsi dovrebbero essere tanto grandi, che è assolutamente impossibile procurarle. Si tratta di più di cinquanta milioni di uomini che hanno impellentissimo bisogno di nutrirsi bene, essendo giunti al limite massimo di debolezza. La quantità di proteina che bisognerebbe procurare sarebbe di circa 306.000 tonnellate, quella del grasso di 131.000 tonnellate: queste quantità corrisponderebbero a 2.000.000 di tonnellate di carne, ossia a 6 milioni di manzi.
Se si rinuncia a questa nutrizione di sola albumina e di grassi e si ricorre ai cibi consueti in tempo di pace, si ha una spesa molto minore poiché anche i vegetali e i latticini contengono pure albumina sebbene in molto minor quantità. Ma questi cibi che si possono calcolare ascendere a 500.000 fino a 600.000 tonnellate, non sono sufficienti, corrispondendo essi a meno di un terzo della quantità necessaria. A queste spese
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si dovrebbero aggiungere quelle per l'acquisto della carne, del lardo e di altri generi alimentari.
Una nutrizione ricostituente richiede quantità molto più grandi di grasso e di albumina di quelle richieste da una nutrizione ordinaria, poiché qui si tratta di ricostituzione e non, come in tempi normali, di mantenere l'organismo umano ad un grado normale. Il fabbisogno reale di albumina si calcola ascendere a 277.200 tonnellate, quello di grasso a 131.000 tonnellate; grassi e albumina, calcolati a 6 fino a 10 marchi il chilo, verrebbero a rappresentare l'enorme spesa di più che 3 miliardi e mezzo di marchi.
Un quadro approssimativo di quello che si deve ridare al corpo perché raggiunga il suo peso normale si ha dal calcolo seguente: La cifra degli uomini che hanno gravemente sofferto per la mancanza di alimento è di circa 50 milioni. Calcolato che tutti questi denutriti pesino in media 52 chili a testa, si ha un peso complessivo di 2.600.000 tonnellate. La perdita di peso avutasi durante la guerra è all'incirca di un quinto, ossia di 520.000 tonnellate. Se per riacquistare il peso perduto è necessaria una quantità da tre a quattro volte maggiore, il fabbisogno ammonterebbe a 1.560.000 fino a 1.768.000 tonnellate di derrate alimentari che abbiano all'incirca il medesimo valore della carne.
f) Necessità di ricostruire il patrimonio zootecnico
A causa della mancata importazione di biade e profende per il bestiame, nonché di animali da macello dall'estero, il patrimonio zootecnico del
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paese ha subito una tale depauperazione ciò che produce una estrema mancanza di carne, grasso, latte, pelli e di altre materie animali. E' oltremodo urgente che si proceda alla rigenerazione delle mandrie nel più rapido modo possibile, specialmente all'aumento delle consistenze in quanto a suini, vacche lattifere ed equini. Il parco suini che ascendeva nel 1913 a 25,65 milioni di capi, era sceso nel settembre 1918 già a 10, 87 milioni. La grande penuria di carne induce alla strage di animali giovani e annutoli e persino lattonzoli, ossia di animali che hanno un peso molto più piccolo che in tempo di pace. Le disponibilità bovine di 20, 9 milioni nel settembre 1918, erano scese a 18, 5 milioni nel 1919, cioè a dire dell'11,6%. In quanto al peso dei giumenti nel momento della macellazione, vale quello che si è detto per i suini. Oltre a ciò si nota una impressionante diminuzione di latte che ha una influenza deleteria sulla produzione della forza. Anche il parco equino è stato fortemente falcidiato dalla guerra.
I danni complessivi derivati al patrimonio nazionale per la diminuzione delle consistenze zootecniche, ammonta a circa 2, 8 miliardi di marchi. Per risparmiare e ricostituire le consistenze zootecniche è assolutamente ed urgentemente necessaria l'importazione di biade e di profende, soprattutto di animali da latte e da macello, perché altrimenti non vi è alcuna possibilità di rimediare ai danni della iponutrizione. Se si considerano le spese necessarie per far fronte a questa importazione si ha che la somma
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complessiva dei danni del patrimonio nazionale sale a circa 4 miliardi di marchi.
Riassumendo brevemente quanto abbiamo esposto nel presente rapporto, si viene ad avere questo quadro:
Il blocco ha costituito un mezzo di lotta nel quale risulta chiaramente la volontà dei nostri nemici di vincerci non solo militarmente ed economicamente, ma di distruggere le radici della nostra forza nazionale.
Essi hanno fatto tutto quanto era nelle loro forze di fare per togliere a noi e ai nostri figli anche il puro necessario per la vita più meschina, mediante misure che suonano scherno a qualsiasi senso di umanità.
Compendiando ancora una volta i danni economici causatici dal blocco si hanno le cifre seguenti desunte dai calcoli che sopra:
I. Uccisi dal blocco della fame 763.000 uomini della popolazione civile 8.400 miliardi di marchi
II. Un'enorme cifra, impossibile a fissarsi di uomini ammalati in seguito agli effetti del blocco della fame
III. 4 milioni di mancate nascite, di cui un milione circa in seguito al blocco della fame 8.400 miliardi di marchi
IV. L'intiera popolazione indebolita di circa il 40% nella sua forza di produzione 32.000 miliardi di marchi
trasporto 48.800 miliardi di marchi
V. Spese necessarie per toglier di mezzo l'iponutrizione 3.500 miliardi di marchi
VI. Spese necessarie per la ricostituzione del patrimonio zootecnico 4.000 miliardi di marchi
Danni complessivi della forza nazionale germanica, più di 56.300 miliardi di marchi
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], Gli effetti del blocco nella popolazione tedesca. (Un memoriale del Ministero della Sanità) vom vor dem 06. August 1919, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 2854, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/2854. Letzter Zugriff am: 29.03.2024.
Online seit 04.06.2012, letzte Änderung am 20.01.2020.