Dokument-Nr. 302
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro
München, 15. November 1918

Regest
Pacelli berichtet über die Revolution in Bayern. Entscheidende Voraussetzungen für die Ereignisse des 7. und 8. November 1918 seien der psychische Zustand der Massen und der Soldaten, das Vorbild Russlands und die Infiltration der Armee mit sozialistischer Propaganda gewesen. Niemand hätte die Revolution so früh erwartet. Die Sozialdemokratische Partei, die Unabhängige Sozialdemokratische Partei und die Freien Gewerkschaften hatten am 7. November eine Friedensdemonstration organisiert, anlässlich derer die zwei Parteichefs eine Rede zur Abschaffung der Monarchie hielten. In der Menschenmenge befanden sich auch Kurt Eisner und Ludwig Gandorfer, die zu einer Revolte aufriefen und die Menge zu den Kasernen führten, wo alles verwüstet, die Offiziere entwaffnet und geschlagen sowie die Ausrüstung geplündert wurde. Bald wurde ein Arbeiter- und Soldatenrat gegründet, der das Telegrafen- und das Telefonamt, den Hauptbahnhof und die Gebäude der öffentlichen Verwaltung beschlagnahmte. Am nächsten Tag veröffentlichten die Zeitungen die Nachricht, Bayern sei zu einer sozialdemokratischen Republik geworden und die Dynastie der Wittelsbacher gestürzt. Im besetzten Landtag fand die erste Sitzung des provisorischen Parlaments statt, im Verlauf derer Johannes Hoffmann zum Vizepräsidenten und Staatsminister für Kultus ernannt wurde, während ein gewisser Steiner, einfacher Arbeiter und Soldat und zwei Wochen zuvor aus der Haft entlassen, die Leitung der Polizei erhielt. Kurt Eisner rief sich selbst zum Ministerpräsidenten und Staatsminister des Äußerns aus, und zwar mit der Begründung, er verkörpere das Symbol der Revolution. Was für Pacelli vollkommen zutrifft, denn dieser sei Atheist, Radikalsozialist, unversöhnlicher Propagandist, Busenfreund russischer Nihilisten und noch dazu galizischer Jude. Er sei letztendlich das Sinnbild, das Programm, die Seele der Revolution, die das religiöse, politische und soziale Leben in Bayern gefährde. Die neue Regierung erklärte zwar, keinen neuen Kulturkampf zu wollen, nach Ansicht Pacellis aber nur, um die Bevölkerung momentan nicht aufzuregen. Die Katholiken versuchen, einen Ausweg zu finden, und verteidigen ihre Freiheit durch ihre Zeitung "Bayerischer Kurier" und die Arbeitervereine. Während die Zeit der Monarchie definitiv vorbei zu sein scheint, denn der König habe die Offiziere sogar vom Treueid entbunden, bleibt jegliche Voraussicht anhand der schwierigen Lage unmöglich. Unmittelbar nach den Ereignissen hat sich das bayerische Diplomatische Corps in der Nuntiatur zusammengefunden und beschlossen, jegliche Anerkennung der neuen Regierung zu vermeiden. Pacelli erreichte für alle den freien Personenverkehr. Da das Telegrafenamt die Chiffren Pacellis zurückgewiesen hatte, musste Schioppa sich zum Ministerpräsident begeben, wurde aber erst am nächsten Tag durch Einschaltung eines vorherigen Regierungsangestellten empfangen, während Soldaten, Arbeiter und Frauen aus dem Volk, die wenig vertrauenerweckend aussehen, freien Zugang haben. Schioppa konnte das Recht auf Zusendung von chiffrierten Telegrammen und geschlossener Korrespondenz über Bern – jedoch ohne diplomatische Garantien – erlangen. Nichtsdestotrotz bleibt Pacelli der Meinung, es sei gegen die Würde eines Apostolischen Nuntius, irgendwelche Verhandlungen mit Kurt Eisner anzubahnen.
Betreff
La rivoluzione in Baviera1
Eminenza Reverendissima,2
La rivoluzione in Baviera è scoppiata rapida come un fulmine.3 Gli stessi capi rivoluzionari non credevano (tutto lo fa supporre) che avrebbero trionfato in quella tragica notte dal 7 all'8 Novembre. Essi tentarono un colpo di mano. Specularono sullo stato psicologico delle masse assetate di pace, affamate di pane, stanche dopo quattro anni di inauditi sacrifizi. I soldati potevano essere il braccio forte della rivoluzione. Sotto il peso di una disciplina resa anche più ferrea per le esigenze della guerra, anch'essi, tormentati da lunghe e penose privazioni, erano esca facile al terribile incendio.
A queste condizioni psicologiche deve aggiungersi l'esempio della Russia e la propaganda socialistica nell'esercito. Queste possono indicarsi come le cause remote della rivoluzione. Fu un calcolo sbagliato quello di credere che gli eccessi, in cui aveva degenerato la rivoluzione russa, fossero un esempio salutare pei rivoluzionari degli altri paesi. Quelli che per gli uomini d'ordine erano stragi, rapine e massacri,
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per gli uomini, i quali sognavano e lavoravano per la rivoluzione, erano avvenimenti che li incoraggiavano e li spingevano verso la realizzazione dei loro truci ideali. La propaganda socialistica poi nelle file dell'armata era stata così larga e continua, che non poteva mancare di portare i suoi effetti.
Tuttavia (per quanto l'orizzonte fosse assai fosco) che in Baviera per la prima e così presto scoppiasse una simile bufera nessuno poteva prevedere e nessuno lo 4 previde.
Per le ore 3 del giovedì 7 corrente il partito socialista e le Associazioni libere operaie avevano preparata una grande dimostrazione a favore della pace, ricorrendo in quel giorno l'anniversario della Rivoluzione russa. Affine di celebrare in questa occasione la unione dei socialisti con gli indipendenti (sinistra dei socialisti) parlarono in quel giorno oratori dei due partiti. Naturalmente gli indipendenti proposero un ordine del giorno radicale, che andava dalle provvidenze sociali per gli operai e soldati all'abdicazione del Kaiser ed alla rinunzia del Kronprinz.
Già durante i discorsi e la dimostrazione, che ne seguì, i soldati si agitavano fra la folla <(la quale>5 fu computata a parecchie centinaia di migliaia di persone), e tale agitazione militare era capitanata dal pubblicista Kurt Eisner e dal Deputato
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Gandorfer. Gli animi si erano accesi, la calma si andava perdendo, i tumulti minacciavano. Dopo avere urlato "abbasso" al Re ed al Kaiser sotto il Palazzo della Residenza fino a tarda ora, i capi rivoluzionari vollero tentare il colpo. Soldati e folla si avviarono verso le caserme. Quello che ivi successe non è descrivibile. Tutto fu devastato, rubato fra la sommossa senza freni e senza limiti della soldataglia. Gli ufficiali costretti a fuggire, disarmati e percossi, obbligati a strappare dal berretto la coccarda nazionale, che già tutti i soldati avevano tolta e buttata via. Nessun battaglione, nessuna compagnia, nessun soldato della guarnigione (come mi disse il giorno dopo l'ex-Ministro degli Esteri von Dandl) rimase fedele al Suo Re. Così fu che, formatosi tumultuosamente, nei locali di una birreria, un primo consiglio di soldati ed operai, esso poté impossessarsi del telegrafo, del telefono, della stazione centrale ferroviaria e di tutti gli edifizi delle pubbliche amministrazioni. Ed intanto durante l'intiera nottata fu un interrotto [sic] sparare di fucili, di mitragliatrici, di bombe a mano, delle quali i soldati si erano impadroniti nelle caserme, saccheggiando tutti i depositi di munizioni. La lotta più tragica si svolse all'Hotel "Bayerischer Hof" in vicinanza del Ministero degli Esteri. I soldati dimostranti nella strada credettero che dalle finestre dell'albergo fosse partito un colpo spa-
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rato da un ufficiale. In preda alla pazzia più bestiale cominciarono a tirare colpi di mitragliatrici sull'albergo ed ad invaderlo nella maniera più minacciosa. Si dovette al sangue freddo del proprietario dell'albergo stesso se non successe una carneficina.
Nondimeno la popolazione in quella notte, se non aveva potuto dormire tranquillamente, credette in generale che conflitti tra la polizia ed i dimostranti avessero provocata la continua fucileria. Invece Monaco, svegliatasi la mattina dell'8 corrente, fu sorpresa dalla notizia dei giornali che la Baviera era diventata una Repubblica sociale democratica.
Infatti nella storica notte i rivoluzionari si impadronirono del Landtag ed ivi costituirono un Consiglio provvisorio di operai, soldati e contadini, proclamando la Baviera repubblica democratica e sociale e decaduta la Dinastia dei Wittelsbach.
Nella mattinata, nella gran sala delle sedute del Landtag fu tenuto il parlamento provvisorio e costituito il Ministero, di cui Kurt Eisner si proclamò Presidente e Ministro degli Esteri; Vice Presidente e Ministro dei culti il deputato Hoffmann, mentre gli altri portafogli furono assegnati per acclamazione ad altri fra i più noti rivoluzionari e la direzione della polizia all'operaio e semplice soldato
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Steiner, uscito due settimane innanzi dal carcere per delitti politici.
Quando Kurt Eisner ritenne per sé la presidenza del Ministero disse che lo faceva, perché la sua persona era il simbolo della rivoluzione. Aveva ragione. Schizzare la persona di lui è sintetizzare quello che la rivoluzione in Baviera veramente rappresenta. Ateo, socialista radicale, propagandista implacabile, amico intimo dei nichilisti russi, capo di tutti i movimenti rivoluzionari di Monaco, imprigionato non so quante volte per reati politici, e per di più ebreo galiziano, Kurt Eisner è la bandiera, il programma, la vita <anima>6 della rivoluzione, che si è scatenata in Baviera e che ne minaccia la vita religiosa, politica e sociale. Si racconta che nella prima seduta segreta l'Eisner abbia esclamato: "Adesso bisogna finirla coi preti". Gli altri Ministri trovarono che il momento non è ancora arrivato. Ed infatti la tattica dei rivoluzionari si esplica per ora a non urtare il sentimento della popolazione. Fanno credere che daranno piena libertà di culto, che non vi sarà un altro Kulturkampf, che le coscienze saranno rispettate. E frattanto il nuovo Ministro dei culti è un Protestante e noto anticlericale.
Grazie a Dio, i cattolici bavaresi già hanno preso posizione. L'organo dei cattolici di Monaco il "Bayerischer Kurier" in un articolo esplicito ed energico ha dichiarato
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che i cattolici non provocheranno disordini, ma, fidando nelle promesse di libertà del Governo rivoluzionario, pretendono questa libertà per la religione, per le scuole, per l'esercizio del culto e difenderanno a spada tratta i diritti ed i beni della Chiesa.
Le associazioni operaie cattoliche in una solenne riunione hanno affermato lo stesso programma. L'Episcopato si consulta a vicenda per stabilire una linea di condotta unica ed energica. Il Centro non dorme. Il clero, gli Ordini religiosi cercano di salvarsi e salvare i loro diritti e le loro proprietà. La catastrofe è però immensa e tutto fa temere che giorni tristissimi si avvicinino per la Chiesa cattolica in Baviera. L'opinione generale è che gli uomini, che stanno al potere, non potranno rimanervi a lungo. Tutti sperano nelle elezioni per l' Assemblea Nazionale, tutti vi si preparano. Ma chi non sa che le elezioni son fatte dal Governo, il quale ha nelle mani il potere? La Monarchia sembra tramontata per sempre, tanto più che il Re ha sciolto gli ufficiali dal giuramento di fedeltà, e che con la Monarchia bavarese sono tramontate l'una dopo l'altra tutte le Case Regnanti in Germania, cominciando da quella degli Hohenzollern. L'avvenire si presenta incerto e pericoloso. Il bolscevismo, l'anarchia, la fame, il ritorno disordinato delle truppe dal fronte, la mancanza per
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queste di alloggi, di lavoro, di pane, di vesti, delle cose di prima necessità, sono altrettanti gravissimi problemi, che ingombrano l'ora presente, sicché l'occhio spaurito non può andare al di là dell'oggi. E come oggi stanno le cose, solo la Misericordia di Dio può salvare la Chiesa cattolica in Baviera.
Per completare questo rapporto scritto con cuore addolorato e commosso, dico che7 a<A>8 ll'indomani della proclamazione della Repubblica il Corpo diplomatico (formato di soli tedeschi e del Ministro d'Austria) si radunò presso di me <il Nunzio di Monaco>9 per una conferenza circa l'atteggiamento da tenere verso il nuovo Governo. Fu deciso unanimamente di astenersi da qualunque atto che potesse apparire come un riconoscimento del Governo medesimo. Tuttavia fui pregato di chiedere per tutti il permesso di libera circolazione; cosa che fu ottenuta.
Il giorno dopo, avendo gli Uffici telegrafici cominciato a rifiutare i miei telegrammi in cifra, l'Uditore Mons. Schioppa <della Nunziatura>10 si recò presso il Ministro Presidente. Dopo un'ora di anticamera fra i domestici, mentre soldati, operai e donne del popolo di apparenza poco rassicurante avevano libero accesso dal menzionato Ministro, l'Uditore non fu ricevuto. Dovette ritornare l'indomani e a stento, mercé l'intervento del Capo Sezione (impiegato dell'antico Governo) poté ottenere per la
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Nunziatura il permesso <(o meglio il riconoscimento del diritto)>11 pei telegrammi cifrati e per la corrispondenza chiusa indirizzata al Rappresentante Pontificio a Berna, sebbene senza corriere e senza garanzie diplomatiche. Il contegno del Signor Eisner fu tanto poco incoraggiante, che sarebbe del tutto contrario alla dignità di un Nunzio Pontificio trattare con lui.
Chinato umilmente al bacio della Sacra Porpora, con sensi di profondissima venerazione ho l'onore di confermarmi
di Vostra Eminenza Reverendissima
Umilissimo Devotissimo Obbligatissimo Servo
+ Eugenio Arcivescovo di Sardi
Nunzio Apostolico12
1Betreff hds. durchgestrichen, vermutlich vom Empfänger.
2"Eminenza Reverendissima," hds. durchgestrichen, vermutlich vom Empfänger.
3"La rivoluzione in Baviera è scoppiata rapida come un fulmine." hds. durchgestrichen, vermutlich vom Empfänger.
4"lo" hds. gestrichen, vermutlich von Pacelli oder Schioppa.
5"(la quale" hds. eingefügt von Pacelli.
6"vita" hds. gestrichen und "anima" hds. eingefügt von Schioppa.
7"Per completare questo rapporto scritto con cuore addolorato e commosso, dico che" hds. durchgestrichen, vermutlich vom Empfänger.
8"a" gestrichen und "A" eingefügt, vermutlich vom Empfänger.
9"di me" hds. gestrichen und "il Nunzio di Monaco" hds. eingefügt, vermutlich vom Empfänger.
10"Mons. Schioppa" hds. gestrichen und "della Nunziatura" hds. eingefügt, vermutlich vom Empfänger.
11"(o meglio il riconoscimento del diritto)" hds. eingefügt von Pacelli.
12"Chinato umilmente al bacio della Sacra Porpora, con sensi di profondissima venerazione ho l'onore di confermarmi di Vostra Eminenza Reverendissima Umilissimo Devotissimo Obbligatissimo Servo + Eugenio Arcivescovo di Sardi Nunzio Apostolico" hds. gestrichen, vermutlich vom Empfänger.
Empfohlene Zitierweise
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro vom 15. November 1918, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 302, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/302. Letzter Zugriff am: 28.03.2024.
Online seit 02.03.2011, letzte Änderung am 20.01.2020.