Dokument-Nr. 8014

[Erzberger, Matthias]: Il diritto elettorale uguale e la Dieta prussiana, 18. Mai 1918

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Indice.
1. Il diritto elettorale vigente in Prussia.
2. Il disegno di legge presentato dal Governo sulla base del diritto elettorale uguale.
3. Come fu accolto il disegno di legge proposto dal Governo.
4. Il diritto elettorale uguale in prima lettura e nella Commissione.
5. Il diritto elettorale uguale in seconda e in terza lettura.
6. Le probabilità di riuscita per il diritto elettorale uguale.
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1. Il diritto elettorale vigente in Prussia.
Il processo elettorale vigente per i deputati della seconda Camera prussiana consiste in questo: che i cittadini aventi diritto a voto, detti in Prussia "Urwähler" (elettori primari, primi elettori) non eleggono direttamente il deputato ma i cosiddetti "Wahlmänner" (delegati elettori); i quali, alla loro volta, procedono alla elezione dei deputati. Gli elettori primari vengono divisi in tre classi, secondo le imposte dirette governative da essi pagate; e cioè in modo che su ogni classe ricade una terza parte della somma totale delle imposte di tutti gli elettori primari in un collegio primario (Urwahlbezirk); sia che questo collegio comprenda un solo comune sia che ne comprenda diversi. La prima classe è formata di tanti elettori primari, a cominciare dai più gravati di imposte, quanti ne bastano per raggiungere il primo terzo delle imposte totali pagate dal collegio al Governo; la seconda classe si compone di quegli elettori primari che, sempre decrescendo in misura delle tasse pagate, sono necessari per raggiungere il secondo terzo; la terza classe comprende il grosso degli elettori meno gravati d'imposte, le cui somme versate al Governo raggiungono il terzo della somma totale.
Per spiegarci meglio ricorreremo ad un esempio pratico. In una circoscrizione elettorale (Urwahlbezirk) ove sono 1.500 elettori, le imposte governative dirette pagate dal complesso di tutti i cittadini elettori ammontano a
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21.000 marchi. Le liste elettorali vengono compilate non per ordine alfabetico ma per ordine numerico; vengono aperte, cioè, coll'elettore che paga le più grandi imposte e finiscono con quello che paga meno di tutti. Gli elettori che, a cominciare dall'alto, formano il primo terzo della somma totale (ossia 7.000 marchi) appartengono alla prima classe; quelli che, giù giù, sono necessari per formare il secondo terzo, vengono iscritti nella seconda classe; e il grosso, i rimanenti, che pagano il terzo terzo, formano la terza classe. Se il primo terzo di tutte le imposte viene coperto, per esempio, dalle prime 20 persone della lista elettorale, queste 20 persone sono quelle che formano la prima classe; la seconda classe può essere formata da 480 persone, tante necessitandone per coprire il secondo terzo delle imposte; alla terza classe apparterrebbero le altre 1.000 che pagano complessivamente il terzo terzo della somma complessiva.
Ma l'ingiustizia viene ora, e consiste in questo: che ogni classe, qualunque sia il numero dei componenti, procede successivamente alla nomina di un numero uguale di delegati elettori i quali procedono alla loro volta, come abbiamo detto, alla elezione definitiva del deputato.
Per ogni 250 anime di ogni comune o coscrizione elettorale può essere scelto soltanto un delegato elettore. Se un collegio elettorale conta 5.250 anime, i delegati, elettori saranno 21, cioè a dire 7 per ogni classe. I 7 delegati elettori della prima classe rappresenteranno così – per rimanere nei limiti del nostro esempio pratico – 20 persone; i 7 delegati elettori della seconda classe rappresenteranno 480 elettori e i 7 della terza classe ne
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rappresenteranno 1.000.
Questo processo elettorale si basa sul principio che l'influsso sulla vita statale dev'essere regolato non secondo le teste ma secondo il beneficio recato allo Stato.
Ora, siccome questo beneficio viene rappresentato generalmente dalle imposte, le quali, alla loro volta, si regolano secondo il possesso e il patrimonio, ne consegue che il suffragio elettorale viene a rivestire un carattere plutocratico; cioè a dire: dà al possesso e al patrimonio un'influenza sproporzionata sull'elezione dei deputati, e, quindi, sulla conformazione della legislazione e sul controllo dell'amministrazione rispetto ai circoli popolari economicamente più deboli.
2. Il disegno di legge presentato dal Governo sulla base del diritto elettorale uguale.
Già prima della guerra i partiti borghesi miravano a surrogare col diritto elettorale uguale questo suffragio non più corrispondente al modo di sentire moderno; ma i molti tentativi per introdurre, in via di mozioni, il voto elettorale generale, diretto, uguale e segreto, nella Dieta prussiana, fallirono sempre contro la resistenza della Dieta stessa.
La guerra che non ha mancato di produrre i suoi più profondi effetti in tutti i rami della vita pubblica e privata dei popoli, ha rinforzato enormemente anche in Prussia la coscienza generale del popolo in quanto all'uguaglianza; non solo per quel che riguarda i sacrifici ma anche i diritti politici. Ampi strati sociali, consideran-
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do gli enormi sacrifici sopportati per la patria da tutto il paese senza eccezione alcuna, e specialmente dalle classi inferiori, reputano ormai fuor di luogo negare al popolo una base uguale per la partecipazione alla vita politica. È straordinariamente caratteristico per l'alto intendimento che la Corona ha per questo sviluppo – il quale in tempo di guerra ha raggiunto un significato tutto speciale, – l'avere il Re di Prussia dichiarato solennemente nel suo messaggio pasquale del 1917 che "dopo l'immane sforzo compiuto da tutto il popolo germanico in questa terribile guerra, non vi è ormai più posto in Prussia per il diritto elettorale diviso per classi" e incaricato il Ministero di Stato prussiano di presentare un progetto di legge sulla riforma del diritto elettorale, che proponga la elezione diretta e segreta dei deputati. Nel luglio 1917 un secondo rescritto del Re stabilì che il progetto di legge per le elezioni dei deputati alla Dieta avesse per base il diritto elettorale uguale.
Una proposta di riforma, basata sul principio del voto elettorale diretto uguale e segreto, fu presentata, allora, anche dal Governo di Prussia alla Dieta prussiana perché deliberasse su di essa. Il punto più importante del disegno di legge è il § 3 il quale dice: "Ogni elettore dispone di un voto".
3.  Come fu accolto il disegno di l e gge presentat o dal Governo.
Data la preponderanza che, nei rapporti di politica interna, il latifondo e l'industria capitalistica hanno in
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Prussia, grazie appunto al diritto elettorale esistente, era da aspettarsi che l'iniziativa della Corona e il disegno di legge del Governo avrebbero urtato contro un'aspra resistenza dei circoli interessati. Nella stampa si svolse fra la Destra e la Sinistra, una discussione vivissima nella quale da una parte si lodava l'iniziativa della Corona nell'interesse della vita statale prussiana e della Monarchia rilevando la necessità e la giustizia del diritto elettorale uguale; dall'altra, dalla destra, si faceva, invece, sfoggio di qualsiasi argomento per veder di dimostrare che il suffragio uguale avrebbe portato ad un radicale democratizzamento della Prussia e che era, quindi, da rigettarsi.
Il diritto elettorale uguale non è una cosa nuova in Germania. Esso esiste già per l'elezione dei deputati al Reichstag; oltre a ciò in tutti gli Stati della Germania meridionale compresa 1'Alsazia-Lorena e in tre Stati della Germania centrale. Laddove si procedette a riforme elettorali, queste portarono sempre nella Germania del sud al voto generale, diretto, uguale e segreto; mentre nella Germania centrale e settentrionale il solo voto segreto e diretto fu il risultato delle riforme. Col voto uguale non sono state fatte cattive esperienze. Il Re di Prussia, dando egli stesso l'iniziativa per l'introduzione del voto uguale anche in Prussia deve essere partito dal giusto riconoscimento che le riforme, quando vengono concesse a tempo opportuno, hanno coi loro effetti sulla Monarchia tendenze piuttosto conservatrici che non radicali. Una Monarchia, alla testa di uno Stato nel quale i vari strati della Società hanno il medesimo influsso sulla le-
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gislazione, è più saldamente ancorata nel popolo di quella sulle diversità politiche delle classi sociali, fonte continua di scontentezza.
Il Centro che, qual partito del popolo, ha sempre difeso fin dal 1873 l'introduzione del diritto elettorale uguale, accolse con simpatia il disegno di legge presentato dal Governo, considerato che il suffragio uguale corrisponde alle giuste pretese di quella parte della popolazione che si compone di operai, mestieranti, contadini e impiegati, e che forma il grosso del partito del Centro. Come abbiamo detto, già nel 1873 la frazione del Centro presentò nella dieta prussiana una mozione intesa a che fosse usato anche in Prussia nelle elezioni per la Dieta il metodo usato per le elezioni al Reichstag. Lo stesso fu fatto nel 1907; e i capi della Frazione non tralasciarono mai, in una lunga serie di dichiarazioni ufficiali, di manifestare il loro costante desiderio in questo senso. Orbene: dato il significato che la questione del suffragio uguale veniva a rivestire in tutto il popolo durante la guerra, era logico e naturale che il Centro perseverasse nella via seguita da lungo tempo, e si adoperasse perché questa benedetta legge passasse una buona volta. Prima della guerra, forse, un voto elettorale plurimo, avrebbe potuto bastare, ma oggi non più. Il rigetto del diritto elettorale eguale avrebbe potuto significare per il Centro il pericolo di scissione. Impegnandosi per la realizzazione del messaggio reale, il Centro non fa che seguir il comandamento della propria conservazione. Ciò facendo esso non tralascia assolutamente di prendere in considerazione la possibilità che, col voto uguale, la Dieta venga ad es-
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ser democratizzata. Ma questa possibilità è stata grandemente esagerata dagli avversari del diritto elettorale uguale, tanto in seno dello stesso partito del Centro quanto fuori di esso. Gli interessi della Chiesa Cattolica e del Cattolicismo non sono, purtroppo, garantiti del tutto nemmeno col diritto elettorale esistente delle tre classi. La miglior prova è questa: che il Kulturkampf si scatenò sotto l'insegna del diritto elettorale diviso per classi. Tanto meno un suffragio plurimo rappresenterebbe una protezione assoluta per la Chiesa cattolica. Del resto equivarrebbe al rilascio di un certificato di povertà alla Chiesa cattolica e al Cattolicismo in Prussia, se si riputasse atta o meno a proteggerla, questa o quella forma di suffragio elettorale. La miglior protezione per il Cattolicismo è un partito del Centro, compatto; e, in prima linea, il Centro nel Reichstag; astrazion fatta, si capisce, dalla vitalità del Cattolicismo nel popolo. Ma il Centro prussiano ha, oltre a ciò, e come vedremo in seguito, preso in considerazione la possibilità di certi effetti democratici, ed ha fatto di tutto perché gli interessi della Chiesa Cattolica rimangano al sicuro, senza che venga a soffrirne il principio del diritto elettorale uguale.
4. Il suffra gio uguale nella prima lettura e nella Commissione.
Nella sua qualità di Presidente dei Ministri in Prussia, il Cancelliere dell'Impero, conte Hertling, raccomandò caldamente alla dieta nella prima lettura l'accettazione del progetto di legge presentato dal Governo e ri-
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guardante il diritto elettorale eguale. Egli disse che il sistema elettorale in uso sin qui, non era, ormai, più possibile, considerati i profondi cambiamenti avvenuti nel corso degli ultimi 50 anni nella composizione della grande compagine popolare prussiana. Si rivolse specialmente ai conservatori, rilevando che, se avessero accettato il disegno di legge presentato dal Governo, avrebbero recato un gran servizio alla patria.
Le prime mosse dei vari partiti, scoperte dai primi discorsi dei relativi oratori, diedero quel quadro che tutti si aspettavano, inteso il tono dei dibattiti della stampa che quelle mosse avevan preceduto. I conservatori si mostrarono subito recisamente contrari. Lo stesso dicasi dei liberali nazionali. Il Centro, invece, i democratici progressisti e i socialisti si schierarono in difesa del progetto di legge. Il parere del Centro fu precisato come appresso, dal Deputato che parlò in nome della frazione:
"Io sono incaricato di dichiarare, qual risultato di minuziose deliberazioni, che una parte dei miei amici è pronta a votare per il diritto elettorale uguale. Quell'altra parte dei miei amici vuole, prima di decidersi definitivamente, attendere il risultato delle discussioni nella Commissione…Comunque, la cosa procederebbe con maggior facilità, se noi potessimo aver la completa sicurezza che anche in tempi in cui comandasse la democrazia sarebbe garantita protezione sufficiente anche agli interessi culturali. Così dicendo io non intendo pronunciar la sentenza di morte del disegno di legge, ma di ri-
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levar soltanto che noi dobbiamo espressamente attenderci dalla Commissione il responso: se e quali garanzie son contenute già nel disegno di legge; oppure se e quali garanzie, anche mantenendo integralmente il diritto elettorale uguale, possono ancora essere accolte nel progetto di legge."
In seno alla Commissione furono discusse particolareggiatamente tutte le questioni aventi relazione col diritto elettorale uguale. Si vide allora subito che i conservatori non eran disposti ad accettare nessun compromesso; che, anzi, erano per un suffragio per classi, cioè per un processo elettorale diametralmente opposto al suffragio uguale, e presentarono, infanti, anche una mozione in questo senso. Il medesimo punto di vista fu scelto dai conservatori liberali. I liberali nazionali eran d'opinioni diverse; i democratici progressisti e i socialisti appoggiavano il diritto elettorale uguale, e così pure il Centro, pur riservandosi il suo parere definitivo. Ma i voti del Centro, dei democratici progressisti, dei socialisti e di una parte dei liberali nazionali non bastarono per vincere contro la maggioranza dei conservatori e dell'ala destra dei liberali nazionali. Passati alla votazione, il progetto di legge sul suffragio uguale non solo venne rigettato ma fu accettata una mozione di parte conservatrice sul diritto elettorale plurimo, accordante ad ogni elettore un voto basico (Grundstimme) ed un voto supplementare da concedersi o meno a seconda dell'età dell'elettore, il numero dei suoi figli adulti, del suo patrimonio, dei suoi proventi, della sua facoltà d'acquisto, istruzione, ecc. ecc.; un processo elettorale insomma,
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essenzialmente posto su base plutocratica.
La medesima sorte del diritto elettorale uguale l'ebbe una mozione del Centro, la quale, come aveva accennato l'oratore del Centro nella prima lettura, domandava si fissassero costituzionalmente i diritti delle Chiese e il carattere confessionale delle scuole pubbliche, e che il cambiamento dello Statuto non potesse aver luogo che se votato da una maggioranza di due terzi di tutta la Camera. I quattro punti della mozione del Centro erano questi:
I. Aggiungere il seguente Capoverso 2 all'articolo 14 dello Statuto:
"I diritti riconosciuti nelle leggi vigenti alla Chiesa evangelica e cattolico-romana, riguardo ai suoi rapporti collo Stato, vengono garantiti".
II. Aggiungere allo Statuto il seguente articolo 15:
"La Chiesa evangelica e cattolico-romana, nonché ogni altra società religiosa, rimane in possesso degli Istituti, lasciti e fondi destinati all'esercizio del culto, istruzione e beneficenza. Rimangono fermi anche i sussidi dello Stato stabiliti per legge o previo accordo."
III. Aggiungere il seguente Capoverso all'articolo 26 dello Statuto:
"Il carattere confessionale delle scuole popolari pubbliche vien garantito corrispondentemente alle prescrizioni dei §§ 33 e 42 della Legge del 28 luglio 1906 sul mantenimento delle scuole popolari pubbliche."
IV. Dare la seguente forma all'articolo 107 dello Statuto:
"Lo Statuto può esser cambiato in via ordinaria della legislazione, ma per qualsiasi mutamento
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delle prescrizioni del Titolo II "Dei diritti dei Prussiani" è necessaria in ogni Camera una maggioranza di due terzi."
Questa mozione del Centro, fu, come abbiamo detto, respinta con 35 voti contro 9. I membri della Commissione del Centro si trovarono isolati; anche i conservatori – da cui ci si sarebbe dovuti attendere che approvassero la mozione – la respinsero, e questo perché essendo nemici irriconciliabili del diritto elettorale uguale, non vogliono sentir parlar nemmeno di garanzie contro probabili effetti del suffragio. Oltre a ciò i conservatori svolgevano una tattica tutta loro propria. Sapendo che alcuni membri del Centro avrebbero votato il diritto elettorale uguale solo a patto di certe garanzie, respinsero la mozione per obbligare questi deputati a schierarsi dalla loro parte.
Il diritto elettorale uguale in seconda e in terza lettura.
L'opinione pubblica diede subito e giustamente la colpa alla cocciutaggine dei Conservatori e all'ala destra dei liberali nazionali per il rigetto del diritto elettorale uguale nella Commissione. Dopo questo preludio tutti ritennero che la votazione in seduta plenaria avrebbe preso un ben altro aspetto. Si contava sulla possibilità che grazie alla conversione di un sufficiente numero di liberali nazionali, si sarebbe ottenuta una maggioranza per il diritto elettorale uguale.
Il Governo non si è lasciato sfuggire mai l'occasio-
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ne per dichiarare e tornare a dichiarare che insisteva sul diritto elettorale uguale. Come in prima, cosi anche in seconda lettura il Cancelliere incitò la Camera a non sottrarsi al dovere di concedere al Paese il diritto elettorale uguale domandato a gran voce, e precisò il parere del Governo riguardo a varie mozioni. Disse esser la deliberazione della Commissione altrettanto inaccettabile per il Governo come la mozione dei liberali nazionali – la quale proponeva di aggiungere al Voto basico (Grundstimme) di ogni elettore altri due voti supplementari, regolati dall'età e dalla indipendenza economica dell'elettore; – e si richiamò alla inconciliabilità dell'elemento plutocratico contenuto in queste mozioni col principio del diritto elettorale uguale proposto dal Governo. Il Cancelliere disse fra l'altro:
"Un diritto elettorale plutocratico che misuri i diritti politici dalla misura del patrimonio e dei proventi, sia questo direttamente o indirettamente, non è più possibile oggi nel nostro popolo, in considerazione dei cambiamenti operatisi nei rapporti finanziari ed economici, in considerazione ancora del grado dell'istruzione politica di cui gode il nostro popolo. Il Governo, quindi, non può accogliere il concetto di un suffragio plutocratico. Non si può trattare dunque che del diritto elettorale generale ed uguale, circoscritto nel progetto di legge. Signori Deputati! II diritto elettorale uguale deve essere mantenuto in massima. Io prego Lor Signori di osservare come in tutti gli Stati moderni la vita politica e sociale sia regolata a questo fine; come in un gran numero degli Stati moderni questo intento sia
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già raggiunto, e come in molti Stati vada molto al di là del progetto di legge a Loro presentato. Non è possibile, Signori, a lungo andare, che la Prussia si sottragga a questo movimento ampio e radicale; che alla Prussia soltanto venga negato il diritto elettorale uguale.
È ben possibile procedere a certe garanzie per toglier di mezzo quelle temute conseguenze troppo grandi che potessero risultare da un diritto elettorale generale ed uguale. Nello stesso disegno di legge sono enumerate ed esposte siffatte garanzie; altre possono essere decise. Vi sono in preparazione – come apprendo – mozioni che vogliono introdurre altre garanzie di questo genere: il Governo è pronto ad esaminarle con serietà e con benevolenza. Infatti il Governo, che si è posto il compito di far passare la legge sul diritto elettorale uguale, è fermamente risoluto nel contempo di far tutto ciò che è necessario per evitare più che sia possibile i temuti effetti deleteri che il diritto elettorale uguale potesse produrre. Io non dubito che questo scopo sarà raggiunto.
Signori Deputati, è oltremodo desiderevole [sic] che oggi e presto noi veniamo ad una decisione. La vita pubblica, anche se non sempre si rivela apertamente, si aggira oggi, nella coscienza di quasi tutto il popolo, intorno a questo fulcro: alla questione, cioè, del diritto elettorale uguale."
In queste parole del Cancelliere dell'Impero e Presidente dei Ministri del Regno di Prussia, era espressa la ferma volontà del Governo di far passare il disegno di leg-
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ge sul diritto elettorale uguale. Parlando nello stesso senso il Cancelliere aveva dichiarato poco prima ai capi delle maestranze che avrebbe sostenuto il progetto di legge fino all'ultimo. Le sue allusioni a certe mozioni in preparazione riguardanti garanzie, si riferivano in prima linea alle mozioni del Centro, ripresentate poi dallo stesso partito in forma ampliata.
In quanto al rapporto fra Stato e Chiesa, la mozione del Centro, nuovamente formulata, corrispondeva nel senso alle proposte fatte in seno alla Commissione. Soltanto il punto I prese la seguente forma:
All'articolo 14 dello Statuto viene aggiunto il seguente capoverso 2:
"Le attribuzioni e i proventi spettanti alle Chiese evangeliche e cattolico-romane in base all'attuale ordinamento giuridico dei rapporti fra Stato e Chiesa, vengono durevolmente mantenuti."
Un'altra nuova mozione domandava che mutamenti nella delimitazione dei collegi elettorali o nella distribuzione dei deputati sui collegi stessi, fossero votati da una maggioranza di due terzi di tutta la Camera. Ecco i motivi per i quali il Centro si decise di estendere le richieste fissate nel punto IV della sua mozione nella Commissione:
La suddivisione dei collegi elettorali in Prussia ("Wahlbezirke" da non confondersi coll'"Urwahlbezirk-Gemeinde" ossia coi comuni o collegi nei quali gli elettori primari procedono alla elezione dei delegati elettori) origina dall'anno 1860. In questo tempo furon formati i collegi, o, meglio ancora, le circoscrizioni elettorali, in base al numero della popolazione di quel tempo, e ogni
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circoscrizione ebbe un deputato per ogni 100.000 abitanti. In quel tempo la Prussia era uno Stato eminentemente agricolo, ma l'immenso sviluppo delle industrie negli ultimi decenni determinò un continuo affluire della popolazione dalle campagne alle città e nei centri industriali che crebbero ben presto in modo enorme. Orbene: a questi mutamenti non ha tenuto dietro un corrispondente nuovo ordinamento nei rapporti del numero della popolazione e del numero dei deputati nelle circoscrizioni elettorali. Abbiamo così all'epoca presente che circoscrizioni elettorali in centri industriali e nelle grandi città eleggono quello stesso piccolo numero di deputati che fu accordato nel 1860 in base alla popolazione di quel tempo. Le circoscrizioni elettorali di campagna, invece, mantengono il medesimo numero di deputati anche se la popolazione è diminuita. A questo modo risultano sproporzioni di questo genere: la circoscrizione elettorale di Potsdam 11, con 410.111 abitanti, manda alla Camera un solo deputato come la circoscrizione elettorale di Hildesheim 4, che conta appena 45.000 abitanti. Ciò significa uno straordinario svantaggio della popolazione urbana ed industriale nella sua rappresentanza politica in confronto alla popolazione rurale.
Per rimediare a questo inconveniente, il disegno di legge presentato dal Governo prendeva in considerazione l'aumento di un deputato nei 12 più grandi collegi elettorali, e stabiliva inoltre che se gli abitanti di una circoscrizione elettorale superavano anche di poco, secondo l'ultimo censimento generale, i 250.000 si dovesse aggiungere un nuovo deputato per ogni nuovo gruppo di 250.000 abitanti anche se alle prime cifre. (In tal modo una circo-
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scrizione che avesse per esempio 251.000 fino a 500.000 avrebbe 2 deputati. N. d. tr.) I partiti di sinistra, però, non vedono di buon occhio una simile ripartizione; essi vorrebbero mettere a base del nuovo ordinamento la cifra degli abitanti e stabilire un rapporto fra deputati e abitanti. Il Governo, però, condivide su questo punto l'opinione del Centro e dei partiti di destra; che, cioè, in tale questione non è il numero delle teste che deve decidere il numero dei deputati, sibbene paese e popolazione. Una Camera fortemente democratizzata mirerebbe, molto probabilmente, a far vincere il principio del numero dei deputati basati sul numero delle teste, colla conseguenza che l'elemento democratico urbano verrebbe ad ottenere una preponderanza straordinaria su quello conservatore rurale. Ora, per toglier di mezzo una volta per sempre questa eventualità, il Centro presentò la mozione che la divisione delle circoscrizioni elettorali, come è stata proposta dal Governo, possa esser mutata solo dietro volere di due terzi della maggioranza di tutta la Camera. Tutto ciò abbiam creduto opportuno di dire, per render più comprensibili le ragioni e che hanno indotto il Centro a presentare le sue mozioni sulle garanzie.
E passiamo ora alla votazione in seconda lettura. Il diritto elettorale uguale fu rigettato con 235 voti contro 283. Votarono contro i conservatori, i conservatori liberali, l'ala destra dei liberali nazionali, e 15 deputati del Centro. Di questi 15 deputati del Centro soltanto 5 hanno origine borghese; gli altri 10 son tutti membri dell'aristocrazia (onorevoli: von dem Hagen, conte Henckel von Donnersmark, barone von Loe, barone von Reitzen-
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stein, conte Spee, i due conti Strachwitz, barone von Wolff-Metternich, conte von Zieten e conte Droste zu Vischerin). Al contrario la grande maggioranza dei membri del Centro, l'ala sinistra dei liberali nazionali, i democratici progressisti e i socialisti votarono per il diritto elettorale uguale. Il tracollo fu dato dal contegno dell'ala destra dei liberali nazionali; se i liberali nazionali avessero votato compatti per il disegno di legge, questo sarebbe stato accettato con 216 voti contro 202. Invece del diritto elettorale uguale fu accettato il deliberato della Commissione riguardante un diritto elettorale plurimo, ossia la nota mozione di parte conservatrice; al contrario, la medesima sorte del disegno di legge l'ebbe la mozione dei liberali nazionali sul voto basico coll'aggiunta di due voti supplementari; infine le mozioni del Centro sulle garanzie. Per motivi tattici anche questa volta i partiti di destra lasciarono il Centro solo, sebbene il Ministro prussiano degli Interni avesse dichiarato – esprimendosi nel senso delle parole pronunciate dal Cancelliere dell'Impero e presidente dei Ministri in Prussia, e qui poco avanti riportate:
"Il Governo sarebbe probabilmente pronto ad entrare nel terreno di queste cosiddette garanzie se esse potessero assicurare il passaggio della riforma nel suo insieme in un modo accettabile per il Governo".
I conservatori credevano, respingendo una seconda volta le mozioni delle garanzie presentate dal Centro, di indurre questo a non accettare il disegno di legge sul diritto elettorale uguale. Forse vi ha contribuito anche il punto di vista protestante che la sola Chiesa cattolica
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potesse trarre giovamento dalle mozioni del Centro. È vero che questo non lo disse nessun oratore di parte conservatrice, ma ci furono vari organi conservatori che lo stamparono chiaro e tondo, per esempio riguardo alla mozione riguardante la garanzia degli istituti, lasciti e fondi delle Chiese, da fissarsi nello Statuto. Questi organi rilevarono che ciò sarebbe stato di grandissimo significato per la Chiesa cattolica, perché una tale prescrizione avrebbe garantito l'esistenza, per esempio, delle scuole conventuali, anche nel caso che "la loro soppressione fosse stata desiderevole [sic] per lo Stato ed il popolo"; prescrizione che non può aver valore per la Chiesa protestante essendo i suoi istituti in possesso dello Stato o dei comuni. Si rilevò inoltre che, mentre gli Ordini o Congregazioni, quali istituzioni della Chiesa cattolica, sarebbero stati messi al sicuro dalla mozione, lo stesso non potevasi dire per i diaconati evangelici perché istituzioni private, dimodoché il risultato della mozione sarebbe stato questo: che la Chiesa evangelica non ne avrebbe tratto giovamento alcuno, mentre quella cattolica si sarebbe rinforzata dinanzi allo Stato in modo da non poterne prevedere le conseguenze.
Questi dubbi, avanzati da parte protestante contro l'efficacia delle mozioni del Centro, mostran meglio di tutto come il diritto elettorale diviso per classi, tanto caro ai conservatori, non rappresenti assolutamente una protezione per gli interessi cattolici, e, d'altra parte, che le mozioni presentate dal Centro sono atte a tutelare benissimo gli interessi della Chiesa cattolica.
Il quadro esterno della votazione in terza lettura fu il seguente:
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Il diritto elettorale uguale fu respinto nuovamente con 236 voti contro 185, ma furon respinte altresì questa volta, con 220 voti contro 191, la mozione dei conservatori che domandava il diritto elettorale plurimo; con 338 voti contro 75 la mozione dei liberali nazionali sul voto basico e sui voti di supplemento debitamente modificata; infine le mozioni del Centro sulle garanzie. Ciò non pertanto il Centro può guardare con soddisfazione alle due ultime votazioni e considerarle come un successo, imperocché non solo tutti i membri della frazione del Centro votarono per le mozioni delle garanzie, ma anche i liberali nazionali, una gran parte dei conservatori liberali ed i polacchi. In questa terza lettura la minoranza era talmente ingrossata dinanzi alla maggioranza che con pochi voti di più dei conservatori liberali le garanzie del Centro sarebbero state accolte nel disegno di legge. Un altro secondo successo del Centro consiste in questo: che fu accettata una nuova mozione del Centro la quale domandava che ogni cambiamento nello statuto dovesse essere votato da due terzi della Camera in due votazioni, alla distanza per lo meno di 21 giorni l'altra dall'altra [sic]. Accettata questa mozione veniva a perdere il suo valore l'altra relativa alle circoscrizioni elettorali. Oggi non si tratta che di stabilire una maggioranza per ancorare nello statuto il rapporto vigente fra Stato e Chiesa.
In quanto alla votazione sul diritto elettorale uguale, il Centro, sebbene fossero state rigettate le garanzie, votò per il diritto elettorale uguale, a patto che si raggiungesse in quarta lettura un accordo sulle garanzie stesse. È vero che i voti del Centro non riuscirono, così, a
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procurare una maggioranza al disegno di legge; tuttavia fu di grande significato che questa volta non si trovasse più, una maggioranza per il diritto elettorale plurimo.
Come dopo ogni rigetto del disegno di legge presentato dal Governo e contenente il diritto elettorale uguale, così anche questa volta la pubblica opinione domandò ad una voce che il Governo sciogliesse la Dieta. Pensatori sereni sono però d'opinione che il progetto di legge prosegua attraverso la via costituzionale della legislazione, e questo molto più perché le speranze in un accordo per il diritto elettorale uguale non sono assolutamente escluse dopo il risultato della terza lettura che ha rivelato un certo desiderio d'accomodamento dei vari partiti. Molto più che il Vice-presidente del Ministero di Stato prussiano fece, dopo la votazione in terza lettura, la seguente dichiarazione:
"Il Governo di Stato insiste oggi più che mai sul diritto elettorale uguale, ed è deciso di impiegare qualsiasi mezzo costituzionale pur di giungerne a capo. (Vivi applausi a sinistra e al Centro.)
È, nello stesso tempo, d'opinione, che la Camera dei Signori, qual fattore egualmente competente della legislazione, emetta il suo parere su una questione così importante per tutta quanta la nostra vita statale e costituzionale; molto più che il nuovo ordinamento della stessa Camera dei Signori forma una parte essenziale della riforma progettata. La Camera dei Signori dovrà occuparsi dunque del progetto di legge. Se, seguita la via legislativa ordinaria e, contrariamente all'attesa del Governo di Stato, ciò non dovesse condurre in un'epoca stabilita all'accettazione
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definitiva del diritto elettorale uguale, avrà luogo lo scioglimento della Camera in un'epoca che il Governo di Stato riterrà, secondo il suo dovere, opportuna avuta considerazione dello stato di guerra (Vivi applausi a sinistra e al Centro)."
6. L e probabilità di riuscita per il diritto elettorale.
Secondo la costituzione, trascorse tre settimane, si deve procedere ancora una volta alla votazione nella forma di una terza lettura. Se in questa terza lettura vengon votati dei cambiamenti si dovrà procedere ad una votazione successiva trascorsi che sieno altri 21 giorni. Dopodiché il progetto di legge va alla Camera dei Signori, ossia alla prima Camera prussiana. Quando l'accordo non è stato raggiunto nella Camera dei Deputati, non è escluso che la Camera dei Signori accetti, sotto certe condizioni, il diritto elettorale uguale. Naturalmente vi sono politici molto esperienti [sic] i quali non credono affatto che la Camera dei Signori abbia ad agire cosi. Essendo state rigettate in terza lettura tutte quante le nozioni relative al progetto di legge, ed essendosi venuto a formare così un certo vuoto, sarebbe molto spiacevole per i partiti della Camera dei Deputati di ricevere il diritto elettorale uguale dalle mani della Camera dei Signori ricondotto allo stato primitivo. È questo un motivo che fa ritenere possibile a certi circoli della Camera dei Deputati il tentativo di giungere ad un accordo. Un secondo motivo è il seguente: lo scioglimento della Dieta, nel caso che anche la Camera dei Signori rigettasse il progetto, toccherebbe assai spiacevolmente la Dieta stessa. L'incondizionata risoluzione
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del Governo di voler introdurre il diritto elettorale uguale, e lo scioglimento della Dieta, sicuro se le cose non prenderanno una piega diversa, formano due pressioni potenti atte a determinare un accordo.
Il quale si dovrà riferire anzitutto alle mozioni del Centro sulle garanzie, per le quali i liberali nazionali votarono compatti già in terza lettura. Il Governo si era già dichiarato pronto a mettersi sul terreno delle mozioni del Centro. Forse il punto di vista dei conservatori, sin qui negativo, può darsi subisca un qualche cambiamento fino alla quarta lettura, ed è d'altra parte dubbio che i democratici progressisti e i socialisti lascino cadere il diritto elettorale uguale per avversare le garanzie culturali domandate. I tentativi d'accomodamento non saranno infruttuosi anche riguardo alle garanzie politiche. In quasi tutti gli Stati della confederazione son previsti una maggioranza di due terzi per i cambiamenti dello statuto.
Il punto più importante dell'accordo sarà la questione se e fino a che punto sarà possibile introdurre nuove garanzie sulla base del carattere antiplutocratico. Sembra che il voto sull'età previsto nella mozione dei liberali nazionali abbia probabilità di formare una tale base di discussione. Il Centro acconsentirebbe; gli sembrano solo troppo avanzati i limiti d'età proposti di 50 anni poiché, come è noto, la mortalità della popolazione operata ha un limite più basso; dimodoché bisognerebbe abbassare questo termine per togliere al voto dei vecchi almeno l'apparenza di una garanzia plutocratica. Il secondo voto proposto nella mozione dei liberali nazionali, os-
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sia il voto sulla residenza, non ha probabilità, quindi, di trovare una maggioranza. Infatti non sta nella volontà del singolo di insistere nella sua residenza in un comune, visto che per il grosso della popolazione, specialmente per gli operai, ma ancora per sacerdoti, impiegati, ingegneri, tecnici e mercanti, diviene spesso una necessità, cambiare di domicilio; una necessità imposta da circostanze economiche o dallo stesso lavoro. Del resto già la prescrizione del soggiorno di un anno nei comuni o nei collegi elettorali per ottenere diritto al voto, prevista nel disegno presentato dal Governo, rappresenta già una garanzia. I tentativi d'accomodamento si estenderanno, quindi, non solo alle garanzie culturali e politiche, ma, in prima linea, ai voti da concedersi ai vecchi; e non è escluso che si giunga realmente ad un accordo; che si crei, cioè, una maggioranza pronta a votare a certe condizioni il diritto elettorale uguale.
Il Centro che ha rappresentato una parte importantissima in tutta la questione del suffragio, anche nei tentativi di accomodamento ha preso l'iniziativa per far passare il diritto elettorale uguale che il partito del Centro ritiene una imprescindibile necessità dei tempi e un atto di giustizia, e questo senza che i beni culturali vengano a trovarsi in pericolo. La frazione del Centro ha dimostrato ancora una volta di essere unita e compatta.
Essa ha, infatti, sostenuto unita, ad eccezione del piccolo gruppo succitato, il diritto elettorale uguale, ed ha così provato di saper benissimo che nel popolo sta la sorgente della sua grandezza e della sua forza. Essa ha votato compatta – sempre ad eccezione di pochi deputati – la
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mozione conservatrice sul diritto elettorale plurimo, e l'ha fatta cadere. Adesso riprende in mano il suo compito storico, qual è quello di farsi intermediaria fra i partiti per accordare le richieste del popolo cogli interessi statali e i postulati della protezione dei beni culturali e ecclesiastici.
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], Il diritto elettorale uguale e la Dieta prussiana vom 18. Mai 1918, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 8014, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/8014. Letzter Zugriff am: 29.03.2024.
Online seit 13.07.2011.