Dokument-Nr. 8620

[Erzberger, Matthias]: La "Risoluzione" di pace del Reichstag, il Centro e il Partito della Patria, 17. Oktober 1917

Quando, il 19 luglio, si procedette nel Reichstag tedesco, da parte del Centro, del Partito socialista e del Partito democratico progressista, alla votazione di quella mozione che si dichiarava per una pace d'accomodamento e contro acquisti territoriali colla forza, nonché contro violazioni economiche dopo la guerra, tutti quanti i membri della frazione del Centro, ad eccezione di 5, votarono la mozione stessa, accettata, come si sa, anche dai democratici progressisti e dai socialisti. La famosa "risoluzione" era divenuta così un fatto positivo. La frazione del Centro al Reichstag poté, per intima persuasione, appoggiare compatta o quasi la "risoluzione" suddetta, corrispondendo essa al concetto politico della frazione in quanto alle possibilità della futura pace; e perché, considerata dal lato etico, rende giustizia al principio cristiano dell'accomodamento fra i popoli.
La "risoluzione" del Reichstag fu applaudita dalla stampa del Centro. Il 23 e il 24, la Commissione del partito del Centro tenne a Francoforte sul Meno le sue sedute, alle quali erano stati invitati ad assistere i membri della frazione del Centro al Reichstag, i membri della presidenza dell'Associazione degli Agostini e quelli dell'organizzazione della stampa tedesca cattolica. La commissione del Centro approvò il contegno della frazione del suo partito e si dichiarò analogamente per una pace dell'accomodamento e dell'intesa.
Votata la "risoluzione", i pangermanisti ed i conservatori iniziarono subito un fuoco tambureggiante contro la maggioranza del Reichstag e contro la sua deli-
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berazione. Una energica agitazione contro la pace d'accomodamento, cominciò il suo lavoro nella stampa e nelle riunioni. Non rifuggendo da qualsiasi mezzo possibile e immaginabile si tentò di discreditare nel popolo la mozione accettata dal Reichstag, chiamandola la "risoluzione della fame e delle rinunce" intesa a privare il popolo tedesco del prezzo delle sue vittorie e a scavargli la fossa. Sulla maggioranza parlamentare si rovesciò un vero uragano d'ingiurie e di attacchi: i capi-partito furono chiamati traditori e persino agenti del nemico. Specialmente l'on. Erzberger venne a trovarsi proprio nel centro dello stomachevolissimo uragano di attacchi personali. Lo scopo di questa agitazione era evidente: esso mirava a seminar zizzania, dubbi e scissioni tra gli elettori e gli amici dei partiti borghesi del Centro e dei liberali. Le discussioni nella Commissione del Bilancio del Reichstag essendo state confidenziali, – discussioni che precedettero la nota "risoluzione", – correvano di bocca in bocca e nella stampa le voci più sensazionali, abilmente sfruttate dall'agitazione pangermanistica all'intento di presentare i capi dei partiti della maggioranza nel paese come gente che aveva esercitato una critica malfondata e pessimistica della situazione bellica. Sembra che tale agitazione riponesse più che altro le sue speranze nei circoli del Centro, perché qui v'era la buona occasione di tener desti i contrasti fra i princìpi conservatori e del rispetto dell'autorità dei cattolici, e la "risoluzione" chiamata la conseguenza di una politica rivolta a sinistra. Si ricorse anche al mezzo di presentare la manifestazione della Commissione del Partito del Centro
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come una sconfessione della "risoluzione" del Reichstag, e costruire così un contrasto fra la frazione del Centro al Reichstag e la grande massa dei partigiani del Centro nel paese. Non senza un fine calcolo, quest'agitazione sperava di trar frutti del suo lavoro appunto nei circoli del Centro. È noto che il Centro non si compone, come la maggior parte di tutti gli altri partiti, di gente unilateralmente interessata sia nel campo politico che economico, ma le più svariate classi sociali, professioni e condizioni, si incontrano sul terreno di quella opinione che il Partito del Centro propugna e difende. Si aggiunga a tutto ciò che il Partito del Centro ha dovuto combattere per decenni per la sua legittimazione nazionale che ha perfettamente raggiunto; che, però, le vicende storiche del Centro si rispecchiano nei circoli del Centro stesso in quanto che si osserva in essi la tendenza a voler esagerare il carattere nazionale, per timore di non essere considerati nazionali abbastanza. Si deve prender, quindi, in considerazione che la frazione prussiana del Centro, nella Dieta eletta in base al suffragio per classi, va d'accordo, in molte quistioni della legislazione, colla destra, ossia coi liberali nazionali e i conservatori. L'agitazione pangermanista approfittò di questa circostanza per presentare agli elettori del Centro come abominevole un preteso blocco del Centro coi partiti liberali. Naturalmente non si tratta che di un tentativo con mezzi inadatti e di una azione tendenziosa di carattere superficialissimo. Il Centro, non pensa di allearsi durevolmente e in tutte le questioni con i partiti di sinistra. Ma un partito come il Centro vuol compire e compie un la-
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voro positivo, deve, naturalmente, nel suo atteggiamento in Parlamento, appoggiarsi a questa o a quella parte che fa al caso suo. Così il Centro formò una maggioranza or colla destra, or colla sinistra, or con frazioni dei partiti stessi; dando in tal modo la prova del suo diritto non solo, ma della necessità della sua esistenza. In quanto alla politica pacifista il Centro va d'accordo coi partiti della sinistra, ritenendo questa sia la sola possibile perché il partito stesso possa contribuire efficacemente alla conclusione della pace. In tutte le questioni di politica interna riguardanti l'ordine, la politica scolastica, religiosa, ecc., il Centro si conserva la più assoluta indipendenza nella linea additata dalle sue tradizioni. Questo lo sanno benissimo i pangermanisti; tuttavia ogni mezzo è buono ad essi pur di creare confusione nei circoli del Centro.
La grande massa degli elettori del Centro non si è lasciata prendere nella rete tesa dei pangermanisti. Questo fatto depone a favore dei sani intendimenti degli aderenti del Centro e della disciplina che regna nel partito, molto più che – e fu questa indubbiamente una trascuratezza dei partiti della maggioranza – il Centro non fece molto, – bisogna pur confessarlo – per mettere al corrente del suo agire il corpo elettorale, almeno appena votata la "risoluzione" del Reichstag. La situazione era la seguente: nelle discussioni sulla "risoluzione" di pace il ragguaglio fu, come abbiam detto, assolutamente insufficente; molto più che le prime notizie corse avevano carattere sensazionale. Il pubblico dovette attenersi a quello
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che le veniva da sorgenti non certo irreprensibili. La situazione di assoluta confusione, venutasi così a creare, fu abilmente sfruttata dagli avversari della "risoluzione" per imbrogliare l'opinione pubblica e portare il dubbio negli elettori della maggioranza. I partiti della maggioranza lasciarono dapprima che l'agitazione si svolgesse indisturbata, sicuri della giustezza del loro modo di vedere, senza procedere subito ed energicamente ad una vasta agitazione in senso contrario. Se, come abbiam detto, l'agitazione pangermanistica non poté metter subito piede saldamente nei circoli del Centro lo si deve fortunatamente alla chiara coscienza della gran massa degli elettori aver i loro capi battuto la giusta via, anche se certi circoli conservativi assai zelanti si davano la pena con ogni mezzo per far credere il contrario.
Ben presto si ebbero in Germania, da parte di vari gruppi locali e associazioni del Centro, manifestazioni di fiducia e di approvazione per la "risoluzione" del Reichstag. Alcune di queste manifestazioni si dissero apertamente favorevoli al deliberato della Commissione del Partito del Centro a Francoforte sul Meno, ciò che voleva dire lo stesso, perché la Commissione che sopra si era pronunciata, come abbiam detto, al pari della frazione del Reichstag, per una pace d'accomodamento, anche se non aveva espresso formalmente che questa pace d'accomodamento doveva escludere acquisti territoriali colla forza e qualsiasi violazione politica od economica. Comunque, non si può toglier di mezzo l'impressione che in qualche caso, nel quale fu deliberata una manifestazione di fiducia
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per la Commissione del Partito del Centro, gli appartenenti al Centro lo fecero sotto l'impressione dell'agitazione pangermanista, la quale, come è noto, costruì un contrasto fra la "risoluzione" del Reichstag e quella della Commissione del Partito del Centro. Nei circoli del Centro rispettivi, si poneva evidentemente valore in questo: che le conseguenze logiche tratte dalla pace d'accomodamento come aveva fatto la "risoluzione" del Reichstag, non venissero formalmente espresse. Per toglier di mezzo qualsiasi dubbio sull'accordo positivo fra la "risoluzione" del Reichstag e quella della Commissione del Centro, anche la Frazione del Centro al Reichstag dichiarò pubblicamente che tutti i deputati componenti la frazione stessa che avevano votato la "risoluzione" di pace del 19 luglio, approvarono anche la deliberazione della Commissione del Centro, non scorgendo in essa nessun contrasto col loro punto di vista adottato votando la "risoluzione" di pace al Reichstag. Questo accordo effettivo aveva sempre esistito. Se poi alcuni circoli del Centro, localizzati, in vero dire, tutti nella Germania occidentale, mostrarono la tendenza di volersi tener discosti dalla "risoluzione" del Reichstag approvando la sola deliberazione della Commissione del Centro mostrando così in forma più blanda il loro contrasto coi pangermanisti, ha certamente esercitato un influsso sul loro contegno la "Kölnische Volkszeitung" che da qualche tempo raggruppa intorno a sé tutti gli scontenti che sono nel Centro, come sono, naturalmente, in qualsiasi altro partito, e prende dinanzi alla "risoluzione" di pace del Reichstag, approvata dalla stragrande maggioranza del Partito, un contegno ambiguo, o, per lo
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meno, barcameneggiante. È colpa di questo giornale se gli organi pangermanisti lo portano ad esempio come un giornale condividente il loro punto di vista, e citano le sue argomentazioni con soddisfazione più o meno grande e gongolano e van propalando che il Partito del Centro si è scisso. Per quanto una simile interpretazione della parte rappresentata dalla "Kölnische Volkszeitung" sia completamente erronea pure il fatto che il nazionalismo fa suo questo giornale che molti ritengono l'organo dirigente del Centro tedesco, contiene materia di disorientamento per l'opinione per tutti gli appartenenti al Partito del Centro. Si può esser, quindi, lieti che il corso preso dalla "Kölnische Volkszeitung" – o meglio il corso oscillante nella politica di pace – sia stato riconosciuto per tempo dai capi del Centro; e che la rappresentanza pubblicista della politica ufficiale del partito sia sfuggita dalle mani di questo giornale per passare in quelle del secondo grande giornale del Centro "Germania", coadiuvato efficacemente nella Germania del sud dalla "Augsburger Postzeitung". È sintomatico che i luoghi, i quali hanno fatto opposizione più o meno cauta alla politica ufficiale pacifista della Frazione del Centro al Reichstag, vengano a trovarsi specialmente nel cerchio di vendita e d'influenza della "Kölnische Volkszeitung". Vogliamo dire: Colonia anzitutto e Düsseldorf. Se anche si può spiegare perché nella Germania occidentale si è più disposti che altrove ad una politica annessionistica basta pensare che nel caso di un'irruzione nemica, appunto quelle province verrebbero a soffrire più di qualsiasi altra parte dell'Impero – tuttavia, sia per motivi generali di politica paci-
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fica, sia in omaggio alla disciplina del partito, non vi è scusa alcuna per la "Kölnische Zeitung" molto più che la maggioranza del popolo tedesco è d'opinione che la pace avvenire non debba essere conclusa sulla base della politica annessionistica. Che cosa si deve dire all'apprendere che la "Kölnische Volkszeitung" propugna l'annessione del bacino carbonifero francese di Longuy e Briey, e, qual organo dirigente del Centro, apre, proprio dopo l'appello pontificio della pace, le sue colonne a storici cattolici per farsi mallevatrice della loro politica basata sulla pura forza delle armi? Questo modo d'agire nasconde in sé il pericolo della perdizione. In circoli nei quali sta molto a cuore la pace e la compattezza del Centro, ci si è domandati spesso come è che la "Kö1nische Volkszeitung" ha potuto decidersi a manifestare un tale contegno. Per dovere di relatori dobbiam dire che in ampi circoli si fa ricadere la colpa sul Cardinale von Hartmann. Con apprensione notiamo che i fogli pangermanisti scorgono nella "Kölnische Volkszeitung" la loro sorgente per far credere essere i cattolici tedeschi discordi nella questione di pace. Questa apprensione aumenta, se si osserva che la "Kölnische Volkszeitung" vien secondata da alcuni piccoli giornali delle province occidentali, e che anche alcune personalità appartenenti al Partito del Centro non trovano altra via migliore, per documentare questa loro appartenenza, che mettendosi in aperto contrasto colla politica ufficiale di pace propugnata dal Centro stesso. Sintomaticamente si tratta di pochi scontenti, i quali non hanno alcun rapporto colle masse degli elettori del Centro e quindi nessun influsso su di esse. Comunque, non ridonda
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certo a beneficio del Centro, dei cattolici tedeschi e nemmeno della Chiesa cattolica, se questi scontenti menano una lotta personale nient'affatto obiettiva contro le personalità dirigenti la politica ufficiale del Partito.
Che in verità non si tratta – sia riguardo alla "Kölnische Volkszeitung" sia riguardo alla fronda contro la Frazione del Reichstag e la sua politica pacifista – che di un sintomo periferico incapace di influenzare in qualsivoglia modo la compagine centrale del Partito, l'abbiamo visto in occasione del sorgere e dell'agire del neo-fondato "Partito tedesco della Patria". Il quale è una creazione pangermanista, risultato dalla situazione determinatasi il 19 luglio coll'aggruppamento dei partiti, dopo la votazione sulla famosa "risoluzione" della pace. I conservatori videro subito di trovarsi dalla parte della minoranza; ma non vollero tuttavia abbandonare la speranza di raggiungere i loro intenti; molto più che, specialmente dopo l'appello pontificio, avevano compreso chiaramente che il Governo avrebbe praticato insieme al Reichstag la politica dell'accomodamento. Fu per questo che si ebbe la fondazione del partito che sopra, nato coll'intento principale di sfasciare la maggioranza del Reichstag servendosi del pretesto dell'unione di tutti i tedeschi patriotti, e di determinare scissioni in senso [sic] ai partiti della maggioranza stessa. Fu iniziata allora un'agitazione in grande stile, colla stampa e colle riunioni; un'organizzazione veramente grandiosa fu stesa, come una fitta rete, su tutto il paese, dalle città popolose ai villaggi più remoti, per confondere gli aderenti alla "risoluzione" del Reichstag ed i partiti che per essa avevan votato. Il
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"Partito della Patria" lavora principalmente con un lungo programma che manda a tutti i giornali del paese, perché lo pubblichino, naturalmente dietro pagamento a un tanto la parola. Questo programma, servendosi della maschera della neutralità politica del partito e del suo disinteresse in quanto alla politica interna, invita tutti i Tedeschi a propugnare compatti una pace dettata colla forza e ad entrare nelle file del "Partito della Patria" servente – a detta sua – soltanto a questi fini. Si tratta, in altre parole, del tentativo di organizzare alla grande la lotta contro la pace d'accomodamento votata nella "risoluzione" del Reichstag dal Centro, dai democratici progressisti e dai socialisti. Non era necessario essere specialmente addentro nelle cose dei pangermanisti, per riconoscere subito che la lancia foggiata dal "Partito della Patria", combattendo come fa il pensiero d'accomodamento, si sarebbe rivolta col medesimo impeto contro l'appello del Pontefice. E, in verità, negli articoli lusingatori del "Partito della Patria", nella stampa pangermanista, si son trovati più volte passi nei quali si scongiurano i cattolici di non lasciarsi guidare da "riguardi internazionali"; e se anche il senso di questi scongiuri non è sempre formalmente espresso, tuttavia l'accenno alla "internazionale rossa, oro e nera" dice chiaramente che la lotta del "Partito della Patria" è diretta contro tutti quei princìpi che, nel cattolicesimo, tendono di per se stessi ad un accomodamento dei popoli, e di cui il Papa si è fatto annunziatore nella sua manifestazione di pace. Questa tendenza del "Partito della Patria", se anche non pronunciatamente programmatica, doveva essere di per se stessa un motivo di cautela per i
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cattolici politicamente organizzati nel Centro, astrazion fatta dalla circonstanza che il "Partito della Patria" mascherato da neutralità in quanto alla politica interna mira alla decomposizione dei partiti della maggioranza ed è di fatto prettamente reazionario. Per quanto osi chiamar se stesso il "Partito dell'unione" è in realtà un partito inteso a combatter il Reichstag, la sua politica di accomodamento, il Governo, e, in generale, l'idea di un'intesa fra le nazioni belligeranti.
È quindi comprensibilissimo che i partiti della maggioranza del Reichstag abbiano pronunciato parole taglienti contro il "Partito della Patria". Il Comitato centrale del partito democratico progressista e il partito socialista protestarono energicamente in una riunione politica a Würzburg contro gli intrighi pangermanisti, intesi a nascondere colla reclame sperticata il vero stato della minoranza, e a fiaccare l'unione del popolo. Anche il Centro entrò immediatamente in lizza; e, in numerose riunioni in tutti i paesi, riuscì a presentare nella loro giusta luce le vere intenzioni del "Partito della Patria" e invitò gli aderenti del Centro a tenersene lontani. Cominciò il Centro del Württemberg; lo seguì quello della Prussia occidentale; nella stampa del Baden e dell'Assia si protestò energicamente contro il "Partito della Patria"; e manifestazioni simili ebbero luogo in Baviera, nella provincia renana e Vestfalia. Nell'ultima seduta del Reichstag il "Partito della Patria" se ne sentì dire di cotte e di crude dai partiti della maggioranza. Il deputato del Centro Trimborn dichiarò, per esempio, in nome della frazione del Reichstag, quanto appresso: Sono stato incari-
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cato dai miei amici, unanimi, di dichiarare espressamente che tutti quanti i deputati del Centro si son rifiutati e si rifiutano tuttora di appartenere quali membri al "Partito della Patria". Ma anche al di fuori dei partiti della maggioranza questa nuova situazione non ha ottenuto che condanne. Un giornale liberale nazionale dell'importanza della "Kölnische Volkszeitung" disse chiaro e tondo che il "Partito della Patria" pretende, è vero, di essere dominato dal solo spirito patriottico, ma, in verità sviluppa uno spirito puramente partigiano e mira, invece che all'unione, alla scissura dei partiti politici esistenti. L'organo berlinese del Centro, "Germania" scrivendo in risposta alla dichiarazione esplicita della "Kölnische Volkszeitung" essere essa dichiarazione adattata forse a produrre lo scoraggiamento anche nei singoli circoli a noi vicini, i quali, animati dal primo zelo in buona fede, si sentirono attratti verso il nuovo partito, esprime in modo blando la rattristante circonstanza che vari appartenenti al Partito del Centro si siano iscritti nel "Partito della Patria". Tutto ciò ci è stato fatto sapere da Monaco, dove alcune personalità entrarono a far parte della Commissione locale del "Partito della Patria", ma soprattutto ci son venute comunicazioni dalle province renane, ossia dal campo d'azione della "Kölnische Volkszeitung". Questo giornale è, del resto, uno dei pochi giornali cattolici e il solo degli organi dirigenti del Centro che abbia riportato per esteso l'appello del "Partito della Patria", mentre la maggior parte dei giornali del Centro, come pure gli organi dirigenti degli altri partiti della maggioranza, si son rifiutati di stampare l'appello dietro pagamento.
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L'associazione renana del "Partito della Patria" giunse persino a pubblicare nella "Kölnische Volkszeitung" un appello speciale; ed è sintomatico che a presidente di questa associazione sia stato scelto un membro del Centro, il barone von Loe, deputato alla Dieta prussiana. Nella lista dei membri della Commissione trovasi, accanto ad alcuni sacerdoti cattolici e membri della nobiltà cattolica, anche il conte Hoensbroech. Sembra che il barone von Loe deplori il suo passo, ed ha a sua giustificazione la circostanza che quando lo fece, la Commissione del Centro – cioè a dire la più alta instanza del partito – non aveva preso ancora attitudine dinanzi al "Partito della Patria". La Commissione del Centro si riunì il 12 del c. m. a Berlino, e dopo una discussione segreta, particolareggiatissima, prese la seguente deliberazione:
"La Commissione del Centro invita tutti gli appartenenti al partito a tenersi lontani dalla formazione di nuovi partiti, o formazioni aventi carattere di partito, perseguenti fini politici. Certe formazioni hanno sempre per conseguenza, come l'esperienza informa, l'allentamento della compagine dei partiti stessi.
Il partito del Centro, grazie al suo programma e alla sua organizzazione, offre a tutte le cerchia del popolo ogni possibilità di corrispondere a tutti i bisogni della vita politica a servizio della Patria.
Esso tenderà, come ha sempre fatto sin qui, per risoluzione indipendente e coscienziosa, a promuovere
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il bene della Patria e ad assicurare in ispecial modo la base cristiana della nostra vita statale e nazionale."
E così è espresso chiaro il dovere di tutti gli appartenenti del Centro di non aderire al "Partito della Patria". È vero che soltanto singole personalità sono entrate a farvi parte, e che ciò non tocca affatto il partito del Centro organizzato; ma, comunque, si deplora vivamente che alcuni appartenenti del Centro mettano in giuoco, col loro contegno irresponsabile, l'impressione dell'unità di opinioni del Centro in quanto alla politica pacifista, e diano così nuove armi agli avversari della pace d'accomodamento, i quali sono, oltre tutto, anche i nemici del Centro. È un fatto che la stampa avversa alla politica d'accomodamento fa una larghissima propaganda, sfruttando precisamente il nome di questo e di quel membro del Centro iscrittosi al "Partito della Patria". La deliberazione della Commissione del Centro metterà fine, una buona volta, al mercato che la stampa pangermanista fa dei nomi che sopra. E questi membri, questi scontenti del Centro, dovranno ben decidersi davanti al bivio, e dopo la deliberazione della Commissione; e, o rimarranno nel Centro e butteranno a mare il "Partito della Patria" o si decideranno definitivamente per questo e rinunceranno per sempre di far parte del partito del Centro. Una via di mezzo non vi è più. Se si decideranno per il "Partito della Patria" sarà deplorevole ma niente affatto dannoso per il Centro; o comunque, assai meno dannoso che non mantenendo la loro ibrida posizione attuale.
17.10.1917.
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], La "Risoluzione" di pace del Reichstag, il Centro e il Partito della Patria vom 17. Oktober 1917, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 8620, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/8620. Letzter Zugriff am: 29.03.2024.
Online seit 24.03.2010.