Dokument-Nr. 9018

[Erzberger, Matthias]: Il nuovo codice di diritto canonico nel giudizio di un professore cattolico di diritto ecclesiastico e di un professore protestante, vor dem 27. Januar 1918

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Il nuovo Codice della Chiesa cattolica, il Codex juris canonici Pii X Pontificis Maximi jussu digestus Benedicti Papae XV auctoritate promulgatus, è stato variamente discusso da competenti delle due confessioni, primo fra i quali, anche cronologicamente, il Triebs (Breslavia), professore di diritto ecclesiastico e consigliere concistoriale arcivescovile. Il suo scritto è apparso nella rassegna giuridica del giornale berlinese "Der Tag" (18 settembre 1917).
Il professor Triebs fa notare che il nuovo Codice del diritto canonico è il frutto di dodici anni di lavoro e che dal Concilio di Trento sino al 1904 nel campo della legislazione ecclesiastica non fu compiuto tanto quanto nel breve spazio di tempo dal 1904 al 1914. Benedetto XV emanò per l'introduzione del codice una Costituzione datata dalla festa di Pentecoste 19161 nella quale, movendo dal punto di vista che la Chiesa è un organismo autonomo di uomini e quindi astrattamente produttrice di diritto, ricordò che la Chiesa ha sempre dato vita a un diritto indipendente, in tempi passati anche a molto diritto civile con vantaggio degli Stati. Nel corso degli anni − leggesi nella Costituzione − si è venuta accumulando un'enorme quantità di leggi delle quali una parte abrogata o caduta in dissuetudine, un'altra non più conforme ai tempi. Inoltre la dispersione delle leggi ecclesiastiche è tale che alcune sono rimaste ignote anche ai più esperti canonisti. Il Triebs osserva poi che il Papa, nella Costituzione in parola, si richiama al suo predecessore Pio IX, che intrapre-
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se l'opera della codificazione; loda il lavoro della Commissione e, in forza della sua autorità, proclama solennemente che, d'ora in poi, il Codice avrà vigore per tutta la Chiesa e cancellerà tutte le leggi contrarie, i privilegi, e le consuetudini.
Dilungandosi quindi, intorno alla disposizione della materia del Codice, il professor Triebs ricorda la ripartizione di essa in cinque libri ed osserva che quella tipica del vecchio Corpus juris canonici è abbandonata e che in particolare il "diritto matrimoniale" non costituisce più un libro a sé. La materia è ordinata per canoni e suddivisa, secondo il bisogno, in paragrafi e sottoparagrafi. Il nuovo Codice si distingue dal vecchio Corpus juris principalmente per la circostanza che dà il testo della legge astrattamente e non il fatto concreto con la decisione. Come in ogni codice moderno si lascia alla scienza giuridica ecclesiastica e civile d'indagare il senso della legge secondo le regole dell'ermeneutica giuridica. Spesso però il legislatore agevola l'interpretazione adducendo esempi ad illuminazione della sua definizione. Intorno al primo libro (Parte generale) il Triebs nota che per il canone 9 l'obbligatorietà delle leggi ecclesiastiche ha principio in capo a tre mesi dal giorno in cui è uscito il numero del giornale ufficiale della Chiesa contenete la legge; inoltre che le norme sul computo del tempo (canoni 31/35) sono affatto moderne e che nei titoli sui rescritti e privilegi sono stati risolti parecchi punti sin qui controversi.
Per quel che si riferisce al secondo libro (Persone)
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il Triebs ricorda che la maggior età comincia, come nel Codice civile germanico, a 21 anno [sic] compiuto (canone 88). Il Triebs si compiace delle definizioni del domicilio e quasi-domicilio date nei canoni 92 e seguenti, che determinano anche i concetti di consanguineità e affinità. Interessante è secondo il Triebs la modificazione del concetto di affinità, che d'ora in poi, come nel Codice civile germanico, sorge col semplice consenso al matrimonio consumato (canone 97). Nuova pure è, almeno nella sua formulazione, la distinzione delle persone giuridiche in "personae morales et collegiales" e "non collegiales". Nel titolo riguardante i privilegi degli ecclesiastici il Triebs rileva, come degno di menzione, che il molto discusso privilegio degli ecclesiastici di non soggiacere alla competenza dei tribunali ordinari è, in principio, mantenuto. Il titolo 3, sui doveri degli ecclesiastici, contiene una serie di nuove disposizioni, destinate a promuovere la vita scientifica e ascetica degli ecclesiastici (canone 124 e segg.) Secondo il canone 139 § 2 si richiede una speciale licenza pontificia per l'esercizio della professione medica o chirurgica. Interessante, secondo il Triebs, è pure che secondo il nuovo Codice i giudizi della Rota e della Segnatura apostolica non soggiacciono all'approvazione del Papa e che è vietato al vescovo di nominare suo vicario generale un prossimo parente.
Intorno al terzo libro (Cose), parte prima, il Triebs dice che s'incontrano in esso alcuni periodi dommatici e liturgici i quali, a dir vero, non rientrano in un codice: essi però sono utili alla comprensione. Il Triebs nota poi che nel capitolo riguardante le irregolarità qualche cosa
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è stata cancellata e qualche altra rimaneggiata. Il riordinamento chiaro e preciso di tutto il diritto matrimoniale è definito dal Triebs un vero sollievo, quantunque, sostanzialmente, nulla sia stato, com'è naturale, cambiato. Egli mette in rilievo che l'adozione, analogamente al paragrafo 1311 del Codice civile germanico, non rappresenta più, come per l'addietro, un impedimento dirimente del matrimonio, ma solo un impedimento differente; che inoltre l'età per compiere validamente il matrimonio è stata portata a sedici e quattordici anni; che fra gli impedimenti del matrimonio è stato soppresso il quarto grado di parentela collaterale. Inoltre è logico che errore, costrizione, timore, condizioni non abbiano più posto sotto gl'impedimenti del matrimonio ma nel consenso (canone 1081 e segg.). Quanto alla seconda parte del terzo libro il Triebs richiama l'attenzione sulla disposizione del Canone 1240 § 3 secondo la quale il suicida non può avere sepoltura ecclesiastica solo se ha compiuto l'atto premeditatamente. Nel capitolo che tratta dei tempi sacri, il Triebs trova interessante per le condizioni della Germania che secondo il canone 1251 § 2 non è più vietato di mangiare nello stesso pasto carne e pesce.
Intorno al quarto libro, parte prima, il Triebs nota che la serie delle tre istanze è mantenuta e che si è adottato nel suo complesso il regolamento della Rota e della Segnatura apostolica del 1908.
Quanto al quinto libro, il Triebs rileva che il nuovo Codice ha introdotto la distinzione fra tentativo colposo e delitto mancato (canone 2212 e segg.).
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Il Triebs non scende ad una trattazione critica particolareggiata, ma dice tuttavia che sarebbe meglio di rendere accessibile a chiunque, per mezzo del commercio libraio, il disegno, come fece per il Codice civile il legislatore germanico: una critica fatta da più persone non sarebbe rimasta infruttuosa. Per esempio, dice egli, si può dubitare se la ripartizione tolta dalle "Instituzioni" di Gaio sia stata una scelta felice. Molte materie, come il diritto di consacrazione, quello d'investitura e quello patrimoniale sono state così scisse senza loro vantaggio. Le "cose" del terzo libro non sono un concetto precisamente determinato. Per i profani il Triebs osserva che non bisogna meravigliarsi delle molte eccezioni giacché un codice della Chiesa cattolica non poteva essere concepito e compilato così rigidamente come un codice nazionale. La materia è solo in piccola parte nuova: molto diritto delle Decretali è accolto nel Codice, ed è naturale che in esso si trovino le anticipazioni di Pio X. Il Triebs aggiunge poi che si deve esser soddisfatti delle numerose definizioni nelle quali il legislatore esprime chiaramente che cosa egli nel caso specifico intenda. In ciò risiede un vantaggio speciale in confronto di qualche moderno codice civile che ha lasciato alla scienza il compito della formulazione dei concetti. Il Triebs loda l'impeccabile impressione tipografica dell'opera e la cura grandissima del proto. Il canonista e il giudice ecclesiastico hanno ora a disposizione tutto il diritto della Chiesa riunito in un volume. Che cosa questo significhi può valutarlo solo chi ha esperimentato direttamente le difficoltà della giurisdizione ecclesiastica.
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Infine il Triebs fa notare che la pubblicazione del nuovo Codice della Chiesa cattolica, per opera di Benedetto XV, avviene in mezzo alla tempesta della guerra e che l'azione del Papa a favore della pace non poteva venir illuminata meglio che con questa pubblicazione la quale, senza riguardo a nazionalità, fornisce a circa trecentocinquanta milioni di cattolici il diritto in parte nelle circostanze più critiche della vita. Il nuovo Codice giunge come dalla sponda opposta della realtà quotidiana, piena d'odio e che calpesta il diritto, come un'opera di pace, di rasserenamento, per tutti, senza distinzione, nemici o amici, e vuole adempire le alte funzioni del diritto che il creatore e moderatore dell'uman genere ha dato per la vita e il benessere dell'umana società. La trattazione termina con la domanda se l'opera secolare sarà compresa anche sotto questo rispetto.
Nel campo protestante si è occupato del nuovo Codice soprattutto il professore di diritto ecclesiastico all'Università di Berlino, Ullrich Stutz. Nel fascicolo di novembre della "Internationale Monatsschrift di Cornicelius" egli pubblicò una descrizione del Codice e del suo contenuto prendendo in speciale considerazione il nuovo, e una recensione generale nel fascicolo d'ottobre della "Deutsche Literaturzeitung". Inoltre egli promise di iniziare presto all'Università di Berlino un pubblico corso di lezioni sul nuovo Codice. Di speciale interesse sono però i due articoli comparsi nel "Tag" del 29 settembre e del 20 ottobre nei quali egli dichiara l'atteggiamento del nuovo codice pontificio verso i seguaci di altre religioni e verso lo Stato.
Chiarendo la parte attribuita nel nuovo Codice ai se-
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guaci d'altre religioni lo Stutz muove dal fatto che anche in esso i cristiani non cattolici e i cattolici scomunicati per eresia, quantunque "escommunicati tollerati" sono rimasti. Bisogna dunque cercare dove nel Codice è parola di tali a cattolici e loro sodalizi se si vuol informarsi del suo atteggiamento verso i protestanti e la Chiesa evangelica. A dir vero, nel Codice la confessione protestante non è mai esplicitamente per se stessa menzionata. Il professore di diritto ecclesiastico berlinese fa rilevare che l'ammessa possibilità della comparsa di un protestante in un processo ecclesiastico come difensore e come avvocato, e la tolleranza della presenza di un protestante ad un servizio divino cattolico. [sic] Egli ricorda che il protestante non partecipa punto ai Sacramenti, ma riceve il battesimo e può anche amministrarlo in caso di necessità. Passando al diritto matrimoniale lo Stutz dice che il protestante può essere anche ministro del matrimonio e ricevere questo Sacramento. Egli fa notare che il diritto dei matrimoni misti della Chiesa cattolica è mantenuto e dice dubbio che un matrimonio misto, stretto senza curarsi delle disposizioni della Chiesa, sia valido, come fu accordato per l'Impero germanico da Pio X con la costituzione "Provida"del 19 gennaio 1908 e poi all'Ungheria, considerata la disposizione che tutte le leggi ecclesiastiche, generali e particolari, che contraddicano alle disposizioni del nuovo Codice sono da ritenersi abolite, salvo che non sia disposto in modo esplicito altrimenti nella legge speciale. Il codice parla, occasionalmente, di matrimoni misti stretti in maniera illecita, che però sono validi. Lo Stutz manifesta la speranza che l'episcopato germanico ottenga il mantenimen-
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to di questo speciale diritto tedesco. Ad ogni modo il Codice non lascia alcun dubbio che il trascurare le accettate condizioni riguardanti l'educazione cattolica di tutti i figli dà al coniuge cattolico innocente il diritto alla "separatio tori mensae et habitationis", e che, invece, il coniuge cattolico colpevole incorre, senz'altro, nella scomunica e nelle sue conseguenze. Lo Stutz fa rilevare che la partecipazione attiva di cattolici a funzioni religiose di acattolici è di regola vietata, mentre, secondo le circostanze, è permessa la partecipazione passiva ed esterna a funerali religiosi non cattolici, matrimoni ed altre feste in esercizio di un ufficio civile o honoris causa. Inoltre egli ricorda che per i protestanti può pregarsi, dirsi, anzi, perfino la messa, ma non, come sin qui, per un defunto d'altra fede. L'accenno al divieto di partecipazione di cattolici alle comunità religiose d'altri credenti e viceversa, come al fatto che il Codice non si occupa dei sindacati cristiani, sicché per quel che li riguarda rimane in vigore il diritto sinora vigente, soprattutto l'enciclica "Singulari quadam"del 24 settembre 1912, conchiude l'enumerazione dei punti degni, secondo lo Stutz, di menzione. Il suo giudizio sull'atteggiamento del codice verso i seguaci d'altra fede lo Stutz lo manifesta in questi periodi che riproduciamo integralmente:
"Come si vede, l'antico rigore è sostanzialmente mantenuto. Tuttavia, per evitare la falsa impressione che potrebbe ingenerare l'enumerazione dei punti principali, che abbiamo tentato, occorre affermare esplicitamente che si tratta solo di appena una dozzina di prescrizioni disperse fra migliaia. Nel loro complesso
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e direttamente non si fa, come abbiamo detto, nel Codice, parola dei seguaci d'altra fede. Il Codice si presenta come un ordinamento compiuto unicamente per i cattolici e per l'attività dei Ministri del culto, come emanato a servigio del compito pastorale della Chiesa, quale fu inteso da Pio X con il suo motto "Omnia in Christo restaurare". Giustizia vuole, poi, che si noti che per gli esperti delle passate manifestazioni della Curia e del suo linguaggio è innegabile una riservatezza e una moderazione di forma che ben corrisponde al carattere monumentale dell'impresa. Si accorda anche con ciò il fatto che la propaganda fra i seguaci d'altra fede, che resta, pure in futuro, uno dei compiti precipui della Chiesa, non è menzionata, a rigor di termini, che in un punto solo, là dove è detto: "Gli ordinari e i parroci si devono," mentre la missione nei paesi di missione propriamente detti è riservata al Papa e alla Propaganda, "prendersi cura nel Signore dei seguaci d'altra confessione abitanti nelle loro parrocchie:" una locuzione abile e conforme al modo di pensare e di parlare cristiano, che naturalmente non ingannerà nessuno sul vero contenuto, ma che almeno i protestanti ortodossi di ogni indirizzo e, soprattutto, la stessa Chiesa evangelica, purché, s'intende, non faccia suo il motto: "se due fanno il medesimo, non è il medesimo, non possono rimproverare al Codice, giacché essi, dal canto loro, sono e debbono essere del medesimo avviso."
Il secondo articolo dello Stutz si occupa del rapporto del Codice verso lo Stato. Innanzi tutto viene assodato che il Codice osserva la massima riservatezza di fronte
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allo Stato. Il rapporto di Stato e Chiesa è stato escluso dal Codice, in conformità dello scopo strettamente ecclesiastico interno per cui venne compilato e ad ogni modo anche per prudenza, essendosi voluto evitare di mettere inciampi all'impresa col toccare la questione. L'intangibilità delle convenzioni conchiuse dalla Santa Sede con i diversi Stati è, del resto, manifestata subito al principio del terzo canone del Codice. Quindi i contatti del Codice con lo Stato e il diritto civile si restringono a espressioni incidentali e in parte indirette. Queste espressioni sono da un lato favorevoli allo Stato come quelle che minacciano la scomunica pure a chi dà il suo nome ad associazioni sovversive. Inoltre la giurisdizione spirituale che il Papa si riserva sui Sovrani cattolici non corrisponde soltanto al suo primato ma, a suo avviso, pure al benessere e al decoro dello Stato. Il diritto matrimoniale ecclesiastico esposto nel Codice ammette esplicitamente la contrazione del matrimonio civile. Riman fermo, però, per il fatto che esso è valido solo per ciò che si riferisce agli effetti civili il vecchio contrasto come per l'addietro. Ma ciò non può far meraviglia se si rifletta al modo di vedere della Chiesa nella dottrina della natura del sacramento del matrimonio. A cagione della giurisdizione spirituale resa di nuovo più severa e protetta da scomunica riservata, che colpisce senz'altro, non sorgeranno nuove difficoltà fra la Chiesa e lo Stato prussiano e gli altri Stati tedeschi giacché è detto esplicitamente: "purché non sia disposto altrimenti per singoli paesi." Questa clausola, opina lo Stutz, coincide pienamente con la nota dichiarazione, che, a suo tempo il cardinal Segretario di
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Stato Merry del Val diede, per incarico di Pio X, alla metà del dicembre 1911, al Governo prussiano, e poi anche agli altri Stati tedeschi, intorno al Motu proprio "Quantavis diligentia" del 9 ottobre 1911.
Invece altre disposizioni contengono il vecchio punto intransigente della Chiesa e qua e là consuonano con il Sillabo di Pio IX, dell'8 dicembre 1874, e corrispondono alla qualità pretesa della Chiesa di "societas perfecta". Certo alle parole: "I servi della Chiesa, nell'esercizio del culto devono dipendere unicamente dai loro superiori ecclesiastici", si potrebbe aderire anche dal punto di vista dello Stato, non però forse nella estensione voluta dal legislatore ecclesiastico, specialmente per quel che concerne la pretesa dell'assoluto diritto di disporre intorno all'uso delle campane da parte delle autorità ecclesiastiche, anche se la possibilità di una consuetudine diversa sia riconosciuta. Del pari si potrebbe ammettere dal punto vista dello Stato, il placet governativo, l'impedimento della giurisdizione ecclesiastica e l'emanazione di leggi, regolamenti e disposizioni contrari alla libertà e ai diritti della Chiesa, siano oggi, come in passato, minacciati senz'altro di scomunica, dà da pensare già solo per il fatto che per lo più si disputerà se un simile caso siasi avverato oppure no. L'affermazione che i popoli sono tenuti, per ordine divino ad accettare il Vangelo e la vera Chiesa di Dio urta, secondo l'avviso del giurista protestante, contro la libertà di fede e di coscienza protetta dallo Stato,
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ma potrebbe ignorarsi, come sin qui, perché alla sua efficacia pratica non può pensarsi nelle odierne condizioni. Quanto alle scuole non cattoliche e alle scuole "simultanee" che di regola debbono essere evitate, lo Stutz cita dal Codice che i vescovi possono permettere la frequenza di esse. Il Codice rivendica alla Chiesa il diritto innato d'infliggere punizioni ai suoi soggetti e il diritto di esigere tasse, e, sia per se stessa, sia per gli altri corpi ecclesiastici il diritto della personalità giuridica, ma queste son cose nelle quali, secondo il modo di vedere dello Stato, è soprattutto lo Stato che ha diritto di interloquire. In pratica derivano da ciò conflitti fra la Chiesa e lo Stato per quel che si riferisce alla competenza nei procedimenti giudiziari; alla pretesa cattolica dell'amministrazione, senza estranea ingerenza, dei beni ecclesiastici e alla piena libertà nella nomina dei ministri inferiori della Chiesa, inoltre alla pretesa di esenzione delle chiese da ogni giurisdizione temporale: tutte queste sono cose che, in tale estensione, urtano contro la competenza dello Stato. Invece il Codice nel diritto che riguarda i camposanti si adatta meglio alle odierne condizioni. Lo Stutz continua testualmente:
"Tanto per farsi un'idea dei punti del Codice che toccano lo Stato e il diritto civile. Ma non si deve mai dimenticare, come in tutto il diritto del nuovo Codice, che noi in queste prescrizioni abbiamo a che fare con norme di diritto destinate al mondo cattolico, con norme che sono e vogliono essere in sommo grado universali. Noi possiamo naturalmente considerarle, come il rimanente contenuto del Codice, con occhi tedeschi: ciò non è soltanto nostro inne-
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gabile diritto, ma, anzi, nostro dovere. Noi faremo bene però a ricordarci sempre che essi non sono stati emanati soltanto per la Germania, ma rappresentano invece il diritto di un'organizzazione mondiale di cui il cattolicismo tedesco è solo una piccola parte sebbene importante. E' poi superfluo notare che nella enumerazione fatta non si mirò ad essere assolutamente completi. Per esempio, la Chiesa per i suoi Capi, ossia per il Papa, per i generali degli ordini religiosi e i vescovi che possano stabilirsi liberamente dove vogliono: ebbene, pure qui permane, naturalmente, l'opposizione tradizionale allo Stato e all'autorità, senza che il Codice della Chiesa se ne dia per inteso. Infine anche in questa trattazione si tratta solo di alcuni pochi punti avulsi dalle loro grandi connessioni senza alcun nuovo contenuto. Mutamenti, eccettuati i già sopra indicati, non se ne incontrano, specie a favore dello Stato. Di tendenze aggressive del Codice non si può punto discorrere."
Concludendo, dice lo Stutz, per la Germania tutto è rimasto sostanzialmente inalterato nel diritto ecclesiastico. Differente è, tuttavia, se una norma sia rimasta compresa adesso in una raccolta simile e venga sottolineata con l'esplicita repulsa di ogni norma contraria. Lo Stutz ricorda qui l'abolizione del patronato ecclesiastico propugnato da alcuni protestanti e molto più da alcuni liberi pensatori e alla condizione di appartenenza alla Chiesa. Nel Codice è fatto obbligo ai vescovi di ottenere che i patroni accettino, in sostituzione del loro patronato, grazie spirituali: e solo se essi non si piegano a ciò possan
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esercitare il loro diritto di patronato in conformità dei canoni che seguono. Si deve, inoltre, aggiungere che il patronato personale non può trasmettersi a eretici, sì invece, il patronato reale, sino a tanto che essi si trovino in possesso del fondo. Lo Stutz giudica buona la disposizione, non esclusiva soltanto della Germania, che i protestanti non siano patroni o almeno non possano esercitare il loro patronato. Una consuetudine che risale alla pace di Vestfalia permette in Germania l'esercizio del patronato reale anche ai seguaci d'altra fede. Simili patronati esistono e basta citare i numerosi patronati di Sovrani protestanti su chiese cattoliche intorno ai quali furono, a suo tempo, stipulati accordi con i vescovi. Secondo lo Stutz questi patronati correrebbero pericolo di nuovi attacchi da parte della Chiesa, se non si provvedesse, richiamandosi al quinto canone del Codice o in altra guisa, che l'Episcopato o la Curia in Roma assicurassero di nuovo questi patronati anche nel riguardo ecclesiastico. Lo Stutz cita questo caso per dimostrare che dopoché la Chiesa ha tutelato nel Codice i suoi diritti, gli organi competenti dello Stato dovrebbero curare che pure i diritti dello Stato non patiscano la diminuzione. E con tanta maggiore circospezione e spregiudicatezza ciò si farà, tanto meglio sarà per lo Stato germanico.
1Die Publikationsbulle "Providentissima mater ecclesia" wurde nicht, wie im Text angegeben, Pfingsten 1916 erlassen, sondern Pfingsten 1917.
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], Il nuovo codice di diritto canonico nel giudizio di un professore cattolico di diritto ecclesiastico e di un professore protestante vom vor dem 27. Januar 1918, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 9018, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/9018. Letzter Zugriff am: 17.04.2024.
Online seit 13.07.2011.