Dokument-Nr. 429

[Erzberger, Matthias]: La Nota di risposta tedesca alla lettera pontificia e la stampa dei grandi partiti in Germania
II.1, 26. September 1917

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Quanto più si accumulano i commenti dei giornali sulla risposta tedesca alla Nota del Pontefice, tanto più si presenta il quadro che noi avevamo schizzato nella nostra prima relazione sull'accoglienza della risposta stessa nella pubblica opinione della Germania. L'impressione nei vari partiti si contraddistingue in questo, che i giornali di sinistra e del Centro, cioè a dire dei partiti della maggioranza, che il 19 luglio votarono la dichiarazione di pace del Reichstag, e, oltre a questi, una buona parte di organi liberali nazionali stimati, rappresentanti l'ala sinistra di questo partito, sono soddisfatti della risposta; e, cioè, soddisfatti perché essa si basa sul pensiero della proposta di Sua Santità e sulla "risoluzione" del Reichstag, ma soprattutto perché il Governo tedesco rivela con essa le sue opinioni pacifiste dalla cui realizzazione, – sempre premesso che anche l'Intesa le faccia sue, – ci si ripromette un riallacciamento di rapporti reciproci tra le nazioni sulla base del diritto. Questa soddisfazione non traspare soltanto dagli articoli di fondo; ma, nei giornali dei partiti della maggioranza, personalità eminenti ben conosciute nella vita pubblica; parlamentari e professori d'Università; alti impiegati dello Stato, come per esempio l'ex-segretario di Stato Dernburg; scrivono di approvare pienamente la risposta tedesca al Pontefice. Nella stampa conservatrice e pangermanista nonché nella stampa che ai pangermanisti più s'avvicina, la risposta provoca, invece, forte disagio e malessere. In mancanza di meglio ci si adatta ad essa; non senza, però, proteste più o meno aspre. In complesso si dice che è una risposta sbagliata, se anche questo giudizio viene espresso in una forma più o meno risentita.
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Vien continuato il tentativo fatto da alcuni giornali conservatori e pangermanisti nei giorni precedenti la pubblicazione della risposta, per presentare la risposta stessa come una disillusione per tutti i partiti della maggioranza del Reichstag, e quello di far oggi credere essere soddisfatti di essa sol perché non dice nulla di particolareggiatamente preciso sull'avvenire del Belgio e degli altri territori occupati. Il grosso dei giornali pangermanisti, invece, esprime in modo positivo e diretto la sua opposizione contro la risposta data dal Governo tedesco al Papa.
Vogliamo citare qui appresso, anzitutto, i giornali pangermanisti; e far seguire i loro commenti da quelli numerosissimi della stampa della maggioranza.
La "Tägliche Rundschau" tenta esporre come la Nota del Governo tedesco lasci la più grande libertà di azione; tentativo, questo, soltanto possibile se si ignora del tutto essere scritto nella Nota così: "sta a cuore del Governo imperiale di trovare, in armonia con i desideri del Papa, e in conformità della manifestazione di pace del Reichstag, basi adatte per una pace giusta e duratura." Chi riconosce queste basi, vuol godere di libertà d'azione soltanto nei limiti delle basi stesse. Il foglio suddetto si impantana in un tentativo ignobile, dicendo non potersi adattare al Belgio la frase della risposta tedesca "creare per ogni popolo condizioni soddisfacenti di esistenza"; perché non evvi un popolo belga; essendo il Belgio nient'altro che un prodotto artificiale e una miscela di più razze… E non diciamo di più; ché,
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l'osservazione che sopra, basta completamente a dimostrare in quale imbarazzo trovansi gli avversari di una pace d'accomodamento, nel senso della politica pacifista della maggioranza del Reichstag, quando si vedono costretti a ricorrere a tali argomenti di discussione.
Qualche cosa di simile lo tenta anche la conservatrice "Kreuzzeitung", la quale pure non fa mistero di tutta l'amarezza che la anima per la risposta data dal Governo germanico a Sua Santità. La "Kreuzzeitung" vuole provare che la risposta tedesca non ha fatto suoi i desideri del Papa e il contenuto della "risoluzione" di pace, dimostrando la frase della Nota stessa, – "sta a cuore del Governo imperiale di trovare in armonia coi desideri del Papa, e in conformità della manifestazione di pace del Reichstag, basi adatte per una pace giusta e duratura" che tali basi non sono ancora state trovate dal Governo tedesco. L'armonia col desiderio del Papa può riferirsi dunque solo ai medesimi sforzi, ma non al medesimo risultato. Tuttavia il foglio conservatore non può fare a meno di ammettere dopo una interpretazione così tormentata che il tenore della Nota non è poi tanto intelligibile; e tradisce i suoi veri sentimenti aggiungendo che sarebbe stato molto meglio, nell'interesse della chiarezza, aver tolto completamente dalla risposta il riferimento ai desideri del Papa e specialmente alla dichiarazione di pace del Reichstag. Si può ben entrare nell'anima della "Kreuzzeitung", e comprendere come questo desiderio le sia proprio sceso dal cuore. Infatti, se la risposta non si fosse riferita al voto della maggioranza del
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Reichstag, sarebbe stato messo in mano a quel giornale e agli avversari della "risoluzione" del Reichstag, un eccellente materiale di agitazione. Per rispondere in opposizione ai giornali della maggioranza, "Germania" e "Berliner Börsenzeitung", i quali avevan detto che nel Consiglio della Corona dell'11 settembre sulla posizione del Belgio era stata presa una decisione definitiva, e che le dichiarazioni in proposito sarebbero state fatte accanto alla Nota tedesca, la "Kreuzzeitung" ripete, per lasciare libero il campo all'agitazione degli accoliti di una pace basata sulla forza e di una sovranità politica e militare della Germania sul Belgio, che queste notizie così recise non corrispondono al vero, non essendo stata presa tuttora una decisione definitiva sul contegno della Germania dinanzi alla questione belga. Aggiunge esser possibile che i prossimi giorni creino al riguardo la dovuta chiarezza e che tutto si venga a sapere dalla bocca del Cancelliere nel suo prossimo discorso.
I giornali pangermanisti sono scontentissimi del Cancelliere per aver il Governo accettato il punto di vista del Reichstag. Così un articolo dell'organo pangermanista "Berliner Neuesten Nachrichten" comincia con questa frase: "Sua Eccellenza il Cancelliere Michaelis non si riconosce più." Il prefato giornale ha perfino il coraggio di presentare il Cancelliere come una specie di giocatore ingaggiato in due partite diverse, che ora fa concessioni alla destra, ora alla sinistra. Il "Reichsbote", l'organo dei preti evangelici tedeschi, trova che "la risposta tedesca ha accettato la proposta del disarmo e dell'arbitrato mondiale in una misura assai più larga
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di quello che al principio sembrava." Il giornale dice, inoltre, che il Papa, per amor della pace e per il dolor di veder continuato quest'orribile macello, ha fatto davvero ogni sforzo per rendere un servigio alle nazioni, suggerendo di addivenire ad un accomodamento. Ma che il suggerimento sia ispirato a vera imparzialità non lo si può davvero asserire, essendo il Papa, nella sua qualità di Capo della Chiesa cattolica, il rappresentante troppo spiccato di un partito, per poter veder certe quistioni proprio attraverso lo spirito della vera imparzialità. Il Papa, offrendosi quale mediatore, non ha guardato la questione da questo punto di vista: quale soluzione della questione bellica corrisponderebbe maggiormente a giustizia. Sintomaticamente l'organo centrale socialista, il "Vorwärts", scrive sembrargli l'articolo del "Reichsbote" "la prova più convincente che nella Chiesa cattolica la coscienza di verità morali fondamentali si è mantenuta incomparabilmente più forte che non nell'ufficio di redazione del pio giornalucolo dei preti evangelici."
La "Deutsche Tageszeitung" (pangermanista) non si stanca di ripetere che la Nota del Papa è stata determinata da incitamento inglese. Approfitta poi di un comunicato della stampa, – secondo il quale il Papa non si sarebbe dichiarato contento di un primo abbozzo della risposta tedesca, e ne avrebbe domandata una diversa, – per scrivere che "secondo ogni apparenza il primo abbozzo della risposta tedesca fu rigettato dal Papa perché influenzato a ciò fare dall'Inghilterra". Con simili insinuazioni si vorrebbe dimostrare ridondar la politica pacifista del Papa, anche se involontariamente, tutta a
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beneficio dell'Inghilterra che ha un bisogno impellente di pace; e privare così la Germania dei suoi successi. La "Deutsche Tageszeitung" conclude esser necessario impegnarsi a non parlare più di pace, ma di continuare energicamente la guerra finché l'Inghilterra non sarà più arrendevole all'idea di pace.
Il consiglio è seguito da continue riunioni di gruppi conservatori e pangermanisti, per votare a getto continuo contro la manifestazione di pace del Reichstag e contro qualsiasi politica d'accomodamento. Anche la presidenza centrale del partito liberale nazionale, in una seduta che ebbe luogo il 23 m. c. a Berlino, si è pronunciata con un ordine del giorno contro "l'unilaterale e continuamente proclamato desiderio di pace", dichiarando di scorgere nella "risoluzione" del Reichstag del 19 luglio "una gravissima minaccia per il futuro sviluppo tedesco". Anche la Giunta centrale del partito liberale nazionale ha domandato annessioni e indennizzo di guerra. Inutile dire che con certi ordini del giorno i liberali nazionali hanno tagliato fin l'ultimo filo coi partiti della maggioranza del Reichstag, col Centro, coi socialisti e col partito democratico progressista; e cercano, ora, di prendere contatto coi conservatori. La trasformazione ha avuto luogo in questi ultimi giorni. Già il 19 luglio di quest'anno, nel giorno in cui il Reichstag germanico fece la sua dimostrazione di pace, la frazione del partito liberale nazionale domandò concorde che sulla base delle parole imperiali del 4 agosto 1914 – "noi non siamo mossi da spirito di conquista" – si trattasse coll'Intesa, appena questa, naturalmente, fosse pronta a fare altrettanto, per addivenire ad una pace
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che garantisse al popolo tedesco e ai suoi alleati piena ed ampia libertà di sviluppo e rendesse possibile, grazie ad un accomodamento degli interessi, la durevole riconciliazione dei popoli. Oggi, dopo due mesi, la Giunta centrale del partito si dichiara per una pace basata sulle annessioni. A spiegazione del voltafaccia si può dire che, frattanto, il leader del partito liberale nazionale, Ernst Bassermann, è morto. Il "Berliner Tageblatt" commenta la capriola del partito liberale nazionale con un articolo intitolato: "La dettatura dei siderurgici. La marcia a destra dei liberali nazionali." Orbene: questa marcia a destra dei liberali nazionali non ha nessunissima influenza sul blocco della maggioranza nel Reichstag, perché la maggioranza che il 19 luglio votò la "risoluzione" d'accomodamento venne a formarsi senza bisogno di un sol voto dei liberali nazionali. La "risoluzione" fu accettata con 212 voti contro 126, e in questi 126 voti d'opposizione vi sono contenuti tutt'e 42 i voti dei liberali nazionali. In altre parole: la frazione liberale nazionale al Reichstag votò in questo giorno compatta contro la "risoluzione" del Reichstag, per quanto la sua dichiarazione di pace si avvicinasse, obbiettivamente, non poco alla "risoluzione" stessa. La maggioranza nel Reichstag viene a mantenere, dunque, tutta la sua forza. Staremo a vedere che contegno terrà, davanti alla trasformazione del partito liberale nazionale, l'ala sinistra del partito medesimo, la quale condivide apertamente il punto di vista dei partiti della maggioranza e che, fra l'altro, ha salutato con simpatia tanto la Lettera Pontificia quanto la Nota di risposta del Governo tedesco.
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Mentre negli organi conservatori e pangermanisti appare netta la contradizione [sic] di queste correnti contro la politica di pace iniziata colla Nota di risposta tedesca, – contradizione che in certi articoli si rivela con patetiche esagerazioni, – nei giornali della maggioranza si nota una tranquilla soddisfazione e si assiste ad una discussione dei problemi che la Nota ha agitato e reso attuali.
Il grande organo liberale della Germania meridionale, la "Frankfurter Zeitung", in un articolo intitolato "Lo spirito nuovo", dice che la Nota si distanzia alquanto dalle tradizionali dichiarazioni diplomatiche, e afferra la questione della pace non dalla parte delle pretese e delle contraddizioni colla politica dei fatti, ma dalla parte dell'idea esposta nella Nota del Papa; che, cioè, il rapporto degli Stati e dei popoli l'un coll'altro deve esser messo su una base diversa se si vogliono evitare catastrofi come quella attuale. La soluzione cui si tende permette successo soltanto se viene intesa da tutte le parti colla medesima sincerità e col medesimo zelo. La Germania, salutando con simpatia speciale il pensiero della Nota Pontificia, laddove parla della necessità che alla forza materiale delle armi sottentri la forza morale del diritto, si fa avanti – come ben disse Bethmann Hollweg – come portabandiera dell'idea di una grande comunità dei popoli sulla base del diritto. Il grande significato della risposta tedesca sta tutto nell'aver approvato il pensiero fondamentale della Nota Pontificia. L'esser la Germania pronta alla pace, non è altro che la continuazione della linea d'azione tracciata dalla Germania molti mesi fa, rivelatasi chiaramente più che in altra occasione,
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nella offerta di pace del decembre 1916. Questa linea, però, si spinge molto più avanti. Il giornale dice che gli intenti politici della Germania – sviluppo delle sue energie spirituali e materiali entro i confini nazionali; libera gara colle nazioni aventi gli stessi diritti e circondate dalla medesima stima, – non hanno nulla che fare con una tirannia mondiale, ascritta alla Germania, ma corrispondono invece alle pretese che una democrazia mondiale dei popoli civili domanda dalle singole nazioni. Considerato il fatto che la risposta tedesca si astiene da qualsiasi accusa e parla soltanto di "una malaugurata serie di avvenimenti" la "Frankfurter Zeitung" dice che, attualmente, non si tratta infatti di approfondire la questione chi è stato o no colpevole della guerra. Ora non si tratta di riguardare addietro, ma di spingere innanzi gli sguardi per creare un nuovo rapporto fra i popoli e gli Stati. Il Papa nella sua lettera ha accentuato fortemente il pensiero di un ordinamento morale e giusto di tutti gli Stati; e la risposta del Governo tedesco approva questo pensiero apertamente e senza riserve. Il contenuto della risposta tedesca è tanto più significante perché si trova d'accordo colla manifestazione di pace del Reichstag del 19 luglio; la quale espose un programma d'accomodamento. La risposta tedesca, dichiarando d'essere d'accordo da una parte con la manifestazione del Reichstag e dall'altra con i desideri del Papa, fa comprendere chiaramente come la si deve interpretare in fatto di questioni concrete. L'aver evitato di toccare certe questioni, può darsi che sia un vantaggio dal punto di vista della tecnica diplomatica. La "Frankfurter Zeitung" è invece d'opinione che sarebbe stato
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molto meglio aver detto chiaro e tondo essere la Germania, per principio, pronta a cedere il Belgio in una pace d'accomodamento. È vero che la Nota presuppone in questo senso anche la restituzione del Belgio; comunque per chiudere fin da principio la porta alla sfiducia, la restituzione del Belgio avrebbe dovuto essere espressa in modo non ambiguo. Il giornale si rallegra che la risposta tedesca tocchi la questione del disarmo e dei tribunali arbitrali con un calore insuperabile. Il fatto che all'adempimento di queste grandi pretese si oppongono enormi difficoltà per la Germania, a causa della sua situazione geografica, dimostra essere il Governo tedesco, allorché affronta le questioni stesse, animato da grande coraggio e da forte ottimismo. La Nota, dicendo che la Germania ha un interesse tutto speciale al traffico pacifico delle nazioni, mostra contemporaneamente quanto assurda fosse la leggenda che il popolo, tanto dipendente dal mantenimento della pace, abbia aggredito a tradimento i suoi vicini formidabilmente armati e in preponderanza schiacciante. Nella Nota germanica trovansi espresse molte buone speranze e desideri e a proposito: ché, senza il forte ottimismo con il quale essa affronta le più grandi difficoltà, è assolutamente impossibile uscire dalla confusione attuale della diffidenza e della distruzione. Fino a che lo spirito della reciproca sfiducia e dell'odio, entrambi cause principali della guerra, non saranno tolti di mezzo, sarà impossibile raggiungere i nobili intenti espressi nella Nota tedesca. La Germania, pur dopo tre anni di guerra, è così forte e sicura da poter proporre senza paura ai popoli d'Europa di accor-
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darsi pacificamente con essa a condizioni corrispondenti a "giustizia e allo stato d'Europa". È desiderio del giornale che questo spirito di giustizia conduca alla vittoria. Allora sorgerà da esso una pace certa e duratura, nonché una nuova convivenza dei popoli basata sulla libertà e sulla giustizia.
Seguono i commenti di alcuni giornali liberali.
La "Berliner Morgenpost", organo democratico, si spiega il fatto, "non occuparsi la risposta tedesca delle singole questioni", così: che anzitutto si reputava compito creare, colla risposta, un'atmosfera in cui i negoziatori di pace, se davvero decisi ad abboccarsi, avrebbero potuto respirare insieme; e perché il Governo tedesco si è partito dall'opinione che, se nella risposta fossero state toccate singole questioni, si sarebbe riacceso [sic] di nuovo la contesa su esse; dimodocché non ci si sarebbe avvicinati punto al grande intento, quale è quello di creare, fra i due partiti una unione di principio sulla questione: "è venuto o no, il momento di entrare in negoziati?" Il giornale rileva, inoltre, che il Governo si è deciso a calcare completamente e senza nessuna riserva il terreno della "risoluzione" di pace del Reichstag germanico. L'ha annunciato, infatti, espressamente nella sua risposta al Papa; non vi è dunque più possibilità di dubbio che esso è penetrato dal medesimo desiderio di pace della immensa maggioranza del popolo tedesco. La "Berliner Volkszeitung" (partito democratico progressista) saluta la situazione chiara creata dalla risposta tedesca, dicendo che la Nota della Germania ha fatto suoi, in modo non
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dubbio, i princìpi fondamentali d'una pace d'accomodamento. Specialmente da salutarsi è che il Cancelliere non si sia schierato soltanto dalla parte dei desideri pontifici, ma operi in armonia con la "risoluzione" di pace del Reichstag del 19 luglio. In tal modo è stata finalmente creata una situazione netta. Dietro la "risoluzione" del Reichstag trovasi la maggioranza del popolo tedesco ed è quindi chiaro che questa maggioranza approva la Nota concertata e redatta dal Governo insieme ai rappresentanti del popolo.
La "Berliner Zeitung am Mittag", un giornale d'opinioni liberali, chiama la Nota un documento pieno di dignità e di ritegno, respirante in ogni parola l'ardente desiderio che nell'umanità ritorni l'affratellamento. Nel consenso all'idea del disarmo e dell'arbitrato si rivela che un mutamento è avvenuto dalla conferenza dell'Aia. La Germania si dimostrò già all'Aia amica della pace ma ebbe ancora dubbi sulla possibilità dell'attuazione pratica di tali idee. La Nota insiste sul pieno accordo fra Governo e rappresentanza nazionale. Contro la "risoluzione" del Reichstag è stato fondato il Partito della patria, ma poiché la Nota fa esplicita menzione della "risoluzione" il Partito della patria può considerarsi liquidato, a meno che non voglia scendere in campo pure contro il Governo e l'Imperatore. Gli avversari sono ora costretti ad ammettere anche i principi che informano le proposte del Papa. Il criterio precipuo per giudicare l'efficacia della Nota è quello del suo effetto nel campo nemico. La Nota è redatta con abilità e sag-
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gezza per mettere la Germania dalla parte di tutte le forze pacifiche del mondo. La grande Chiesa cattolica, con la sua, potenza spirituale assai estesa, è fra queste e l'averla oggi a fianco rappresenta un utile e un vantaggio non soltanto per la causa della Germania ma altresì per la sorte futura dell'umanità civile. Sulle intenzioni della Germania quanto al Belgio l'Intesa può essere oggi interamente sicura che la Germania è disposta ad ogni specie di concessioni, ma solo a tavolino, dove per ogni concessione deve essere stabilito un corrispettivo. L'Alsazia-Lorena non rientra fra le cause immediate della guerra; rimasta in possesso dei Tedeschi essa non è punto in questione.
Il liberale "Hamburger Fremdenblatt" scrive che la risposta tedesca sulla Nota pontificia costringe le Potenze dell'Intesa a prender partito circa la questione fondamentale del futuro assetto del mondo. Qui soltanto può rivelarsi chi voglia sul serio una pace che promette di essere duratura. Il nemico deve adesso dimostrare se le sue parole furono sincere o se, invece, altro non furonon [sic] che un mezzo per prolungare la guerra a scopi di conquista. Si pretende di voler sopprimere il militarismo prussiano; ebbene, la Germania propone il disarmo generale. Dipende dalla risposta dei nemici in qual misura questa proposta sarà traducibile in atto. Una risposta evasiva non è possibile. Tutto sommato si ha l'impressione che la Nota del Governo di Berlino spinga il suo consenso alle idee principali della Nota Pontificia tanto oltre quanto mai sin qui, durante tutta questa guerra, uno dei Governi nemici. Pure Wilson ha parlato come il Papa di intesa fra i popoli, di comunione dei popoli. Ma la differenza fon-
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damentale è questa che Wilson pretende di imporre con le buone e, all'occorrenza, con le cattive, ai popoli dell'Europa di mezzo, anzi, a dir vero, a tutti i popoli fuori dell'America, una costituzione modellata su quella degli Stati Uniti, e che il suo disegno implica naturalmente la distruzione di ogni peculiarità storica e nazionale, di ogni diritto d'esistenza per i popoli non americani. Di queste folli pretese non è traccia nelle proposte del Papa. Anche nelle Potenze centrali nessuno si poté riscaldare per le idee assurde di Wilson le quali, del resto, non furono se non il travestimento d'una pretesa di egemonia per le Potenze anglo-sassoni e specialmente per gli Stati Uniti. La risposta della Germania stabilisce, al contrario, in primo luogo, che la pace futura corrisponda a giustizia ed equità e alla condizione dell'Europa. Il peso effettivo delle cose deve dunque nei negoziati decidere della pace. Circa la questione del disarmo e dell'arbitrato, su cui la Germania si è pronunziata favorevolmente, pure le altre grandi Potenze militari devono manifestare il loro avviso. Giacché solo dall'accordo comune dipende l'attuazione di questa idea. Il disarmo non è un dogma immutabile che bisogna combattere o sostenere con entusiasmo, ma un problema pratico che la Germania è disposta risolvere a condizione di piena reciprocità.
Mentre il democratico "Berliner Tageblatt" propugna l'incondizionata reintegrazione del Belgio, la "Vossische Zeitung" richiama l'attenzione sui pericoli e gli svantaggi del dimenticare, come molti fanno, che bisogna farsi pagare caro il desiderio dell'Inghilterra. Pure la "Vossische" non vuole annettere il Belgio; scrive,
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anzi, che, a prescindere da un manipolo di persone, nessuno, in Germania, vuole mantenere ad ogni costo il possesso del Belgio o di parti di esso e che, per ottener ciò, sia disposto a continuare la guerra all'infinito. Ma un accordo coll'Inghilterra vantaggioso per la Germania può conseguirsi solo se la Germania si faccia strappare da essa il Belgio elevando il prezzo al massimo possibile. Il Belgio è la carta di maggior pregio che abbia la Germania ed essa non deve gettarla senz'altro sul tavolino. Tutto dipende dalle condizioni. La "Vossische" giudica naturalissimo che la Germania riabbia le sue colonie; che l'Inghilterra restituisca i territori occupati nella Mesopotamia; che la questione egiziana venga discussa. Ma tutto ciò non ha nulla che vedere con il Belgio e la sua restituzione. Il Belgio non è che un lato del problema che la guerra ha sollevato per la Germania. L'Inghilterra, probabilmente, pensa di offrire alla Germania, in compenso della restituzione del Belgio, la Curlandia insieme con altre province russe e con le colonie. Questa pace britannica mira ad accumulare materia d'attrito per dopo la guerra fra la Germania e la Russia e significherebbe il predominio dell'Inghilterra sul continente. Quel che, invece, va raggiunto è una base per una pacifica intesa dei popoli continentali europei onde l'Inghilterra cessi di costituire un pericolo per il continente. In questo caso il centro di gravità degli interessi sarebbe spostato verso il continente e perfino il possesso di fatto del Belgio non gioverebbe in nessun modo agli Inglesi. Il dominio del Belgio ha, infatti, per l'Inghilterra soltanto valore, quando in una guerra fra i popoli europei potesse servirsene
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come territorio di marcia. Questa continua minaccia del continente da parte dell'Inghilterra, la Germania può impedirla in due modi: o rendendo il Belgio dipendente della Germania o riuscendo a unificare l'Europa. Da questa alternativa risulta chiarissima la posizione imposta alla Germania dinanzi alla questione belga. Il territorio belga non è affatto una cosa a sé per la Germania. I plenipotenziari tedeschi avrebbero, quindi, la libertà di approvare lo sgombro del Belgio, ma premessa imprescindibile per questa approvazione è che essi, colla conformazione del trattato di pace e col modo di negoziare nel congresso stesso, portino a casa garanzie sicure che la potenza dell'Inghilterra sul continente è spezzata. La rinuncia dell'Inghilterra alla politica continentale è il prezzo che essa deve pagare per il Belgio.
E passiamo ai giornali liberali nazionali, leggendo i quali si nota subito che l'evoluzione del comitato centrale del partito liberale nazionale a destra per una pace d'annessioni, non va assolutamente d'accordo col concetto di un gran numero di giornali liberali nazionali.
La "Kölnische Zeitung" scrive per esempio che la risposta della Germania al Documento Pontificale potrebbe sorprendere soltanto coloro che intellettualmente si fossero impigliati nella rete tesa dalla Quadruplice. Chi ha seguito senza pregiudizi in questi ultimi decenni la politica tedesca, non può meravigliarsi che il Governo tedesco saluti con simpatia speciale il pensiero dominante
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della Lettera del Papa. La Nota tedesca parla dello stato della società umana, da un livello morale, in quanto al concetto dei rapporti fra gli Stati e con parole così nette, dinanzi alle quali fanno uno strano contrasto le manifestazioni degli avversari intese solo a lusingare con vane speranze. Il Governo tedesco dice chiaramente di essere pronto a cooperare per la realizzazione di uno stato migliore fra gli uomini; purché, naturalmente, rimangano salvaguardati gli interessi vitali della Germania. La concordanza col pensiero fondamentale della Lettera Pontificia è stata dichiarata decisamente anche dal Reichstag: dimodoché non evvi il benché menomo dubbio che in Germania la compattezza fra popolo e Governo è completa. Governo e Reichstag si sono dichiarati in principio per un ideale, la cui realizzazione è soltanto possibile se i popoli dell'Intesa riusciranno a far prendere un indirizzo profondamente diverso alla politica estera praticata sin qui dai loro governi. Molti Tedeschi dubiterebbero, davanti al contegno dei Governi dell'Intesa, ad un successo della dichiarazione tedesca "esser noi pronti al disarmo e a riconoscere i tribunali arbitrali"; ma ciò non cambia nulla all'enorme significato storico del fatto che la Germania, rivelatasi più che a sufficienza invincibile militarmente, levi alta la sua voce d'accordo col Papa per domandare che si addivenga ad uno stato di cose che renda impossibile il ritorno di una guerra europea. Il fatto dominante dell'ora presente è che esiste la possibilità che i popoli vivano l'uno accanto all'altro liberi e sicuri; che possano sviluppare indisturbati la loro attività in casa e nel mondo; che si stabilisca
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in una parola il dominio della forza morale del diritto. Se il Governo tedesco, nonostante le sue esperienze, è pronto, d'accordo col Reichstag e cogli alleati, a collaborare alla realizzazione di principi che a tutt'oggi non sembravano essere di questa terra, è questa una prova, una testimonianza d'idealismo e di fede nel progresso umano che veramente solleva il petto. "Pace d'accomodamento" – ecco la parola d'ordine delle Potenze Centrali. Una pace basata sulle sole rinunce non si potrebbe ottenere da esse giammai. Per questa ragione il tentativo di voler presentare la risposta alla Nota Pontificia come un segno di debolezza, doveva esser indotto, fin dal primo momento, a fallire. Nella storia europea mai una Potenza così forte come la Germania ha parlato così. È questa la lingua del nuovo spirito che deve regnare in futuro fra gli Stati, se l'Intesa lo vuole. Comunque una cosa è certa; che la Nota di risposta tedesca è tenuta nel senso della "risoluzione" del Reichstag. Come questo, anche la risposta data al Papa domanda una pace d'accomodamento e basata sulla durevole riconciliazione dei popoli; come questo, ricusa pure annessioni contrarie al pensiero del diritto, ma rigetta egualmente qualsiasi violazione economica. Come questo, difende la libertà dei mari e domanda la creazione di garanzie internazionali di diritto.
Allo "spirito nuovo" dedica un articolo anche la "Berliner Börsenzeitung" (liberale nazionale). Nella Nota di risposta della Germania – dice – si rispecchia per la prima volta lo spirito nuovo che agita gli animi
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alla fine della guerra mondiale, ed è nato dal riconoscimento che questa guerra non può terminare come tutte le altre. Per la prima volta risuona da un documento di questa conflagrazione una nota altamente umana; per la prima volta vien citata come causa del conflitto una malaugurata concatenazione di avvenimenti. La tragica sorte dell'umanità ha attirato su di sé il flagello; la sorte dell'umanità che si era imprigionata nelle dottrine di una storia millenaria, senza accorgersi che in seno al mondo andava maturandosi il nuovo evo. Dalla brama di potenza delle nazioni è nato l'odio e l'invidia, i quali han scatenato poi la grande tragedia dei popoli. Come tutti i progressi dell'umanità hanno dovuto esser raggiunti coi sacrifici e colla morte, così anche questa volta si è dovuta fare l'esperienza, a forza di sangue prezioso, che invece d'un odio generale è possibilissimo uno spirito conciliativo e fraterno fra le nazioni, e che vi è un diritto morale che sovrasta alla forza della materia: la forza morale del diritto. La guerra ha infranto un mondo vecchio con i suoi pregiudizi e i suoi calcoli. Il corpo malato della società umana è passato attraverso un purgatorio terribile. Risusciterà rinnovellato, con un corpo nuovo nel quale la forza morale del diritto risulterà ringagliardita. La risposta tedesca al Papa sarà il primo documento nella storia nel quale una grande Potenza dichiara di riconoscere i nuovi tempi con il loro spirito nuovo. È poi comprensibile, che un gesto così significante non venga riconosciuto subito da tutti nella sua grandezza e che sia fatto segno a false interpreta-
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zioni non facilmente confutabili. Per questa ragione anche gli aggressori della risposta tedesca, dentro e fuori della Germania, hanno un facile giuoco quando, con alla mano i fatti storici, cercano di dimostrare l'impossibilità di raggiungere quello che colla Nota si vuole. Finché tali pensieri furono un bene di singoli, si aveva, naturalmente, il diritto di dirli irrealizzabili; ma oggi che le nazioni li riconoscono e li approvano, la realizzazione non solo è possibile, ma certa. Indubbiamente v'è bisogno di grandi sforzi e di un grande lavoro, fino a che al posto dell'odio generale sia subentrato uno spirito conciliativo e fraterno. Il tempo verrà, e non si deve diminuire la fede nella sua venuta. Questa fede sorreggerà i popoli per affrontare il futuro. Nel coro dei fautori di politica reale siffatti pensieri non trovano posto, imperocché questi cotali credono solo a ciò che vedono e toccano colle mani. Essi credono soltanto alla legge della forza; di quella forza di cui la Nota dice che debba cedere alla forza morale del diritto. Anche presso l'Intesa si incontreranno ostacoli e mancanza di comprensione; ma ciò non dovrà impedire e non impedirà la Germania a battere coraggiosamente la via rinnovellatrice. Nella Nota vi è contenuto il pensiero di un ordinamento morale del mondo; un pensiero che è certo di giungere alla vittoria. L'importanza storica della risposta tedesca non vien diminuita nemmeno dal rimprovero di debolezza. Davanti ad un tale rimprovero non v'è riparo e non è nemmeno necessario che vi sia. Chi non è in grado di scrutare nel futuro attraverso il presente (non in qualità di profeta ma semplicemente di uomo) que-
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gli non comprenderà giammai la vera grandezza che questa guerra ci porterà; che ci deve portare. Solo chi teme la forza morale è un debole. La Germania ha riconosciuto onestamente questa forza morale, e non avrà da temere il giudizio della storia.
Passiamo agli organi del Centro.
Secondo la "Kölnische Volkszeitung" la risposta tedesca si mette dal punto di vista che il Governo tedesco vuole ottemperare alle proposte pontificie, purché anche l'Intesa le faccia sue. La Nota tedesca evita di entrare in particolari; ed è logico che ciò non faccia, considerato che gli stessi avvenimenti bellici non sono ancora decisi. Il mondo intiero trovasi davanti al fatto che la proposta decisiva del Papa sulla diminuzione degli armamenti e l'introduzione dell'arbitrato è stata nettamente accettata anche dal Governo tedesco. Così è stato accettato il pensiero fondamentale della Lettera Pontificia; e chi davvero vuole la pace comincerà a discutere per lo meno questi problemi. Se anche all'estero nemico si sfogheranno in attacchi, come al solito, contro il Governo tedesco; e se anche si considera che una piccola parte del popolo germanico non approva completamente la risposta data all'appello di pace del Papa; riman tuttavia fermo, una volta per sempre, questo incontrovertibile fatto: che è stata pronunciata chiara e netta l'intenzione di metter fine alla guerra dei popoli, e che per ogni popolo vengono create soddisfacenti condizioni d'esistenza. – In un secondo articolo il giornale chiama la risposta tedesca,
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riguardo alla posizione di principio sulla questione dei fini di guerra, un gesto le cui vaste conseguenze si mostreranno soltanto in un tempo successivo. Il Papa non ha voluto colle sue proposte venir fuori con direttive ignote alla politica degli Stati; egli si è mosso nel medesimo binario nel quale i suoi predecessori si erano sforzati di procedere da mezzo secolo, per regolare il rapporto degli Stati fra di sé sulla base della legge morale cristiana, del rispetto reciproco e della fiducia leale. Se vi è chi, interpretando la Nota Pontificia, chiama le sue proposte alquanto utopistiche, quegli dimentica che nelle proposte del Papa si tratta di altissimi intenti di politica statale da non potersi, naturalmente, raggiungere da oggi a domani. È vero, tuttavia, che ci troviamo davanti al fatto che, a tutt'oggi, Morale, Diritto internazionale e Filosofia, non hanno saputo sormontare i contrasti della politica. Ma si impone la questione se non si potrebbe ottenere che il pensiero e il sentimento morale, nonché la persuasione di diritto, passassero al mondo civile per esser quindi praticamente realizzati. Qui si tratta dei più alti problemi dei popoli e dell'umanità, per la soluzione dei quali occorre un processo lentamente svolgentesi. Comunque, è decisivo che il primo e più importante passo sia stato fatto. Il Governo tedesco approva, insieme all'Imperatore Carlo, le proposte del Papa. Le due risposte, berlinese e viennese, hanno anche una giusta pretesa, insistendo sulla vera libertà e comunità dell'alto mare. L'Intesa, e in prima linea l'Inghilterra, può, dunque, mostrare se veramente diceva
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sul serio quando nei primi stadi della guerra parlò del reciproco disarmo, di un tribunale arbitrale internazionale e del riconoscimento della forza morale del diritto.
Anche i più piccoli giornali di provincia (sempre del Centro), rilevano in lunghi articoli di fondo il significato della risposta. Generale è il giudizio che la Nota tedesca rappresenti un documento corrispondente alla dignità e agli interessi del popolo tedesco. Si rileva che la Nota è dominata dalla piena coscienza della forza e del diritto, e che si può da essa dedurre esser pronto il Governo tedesco ad accettare le proposte di pace del Papa. Si riconosce trovarsi il nòcciolo della Nota nella frase contenente la dichiarazione programmatica del Governo tedesco, che, cioè, esso è pronto a cooperare per trovare, in armonia con i desideri di Sua Santità e in conformità della manifestazione di pace del Reichstag, del 19 luglio u. s., basi adatte per una pace giusta e duratura. Dicono che la "risoluzione" del Reichstag del 19 luglio, essendo stata presa come base di pace in un documento così importante quale è la risposta tedesca al Papa, – inviata naturalmente coll'approvazione dell'Imperatore e del Supremo Comando – ha assunto l'importanza di un atto internazionale, e trovasi oggi all'ordine del giorno delle discussioni pure internazionali sulla pace, al pari dell'appello del Santo Padre. La risposta fa riconoscere che il Governo tedesco riconosce le proposte tedesche come una base adatta per entrare in negoziati, ed è pronto da parte sua ad accettarle, naturalmente
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purché si accordino colla sicurezza dell'Impero e cogli interessi vitali del popolo tedesco. Si approva l'inclinazione del Governo a riconoscere il principio del disarmo e dell'arbitrato, e si esprime la fiducia che il Governo riesca, in base a queste premesse, a concludere una pace che dia giustizia al popolo tedesco ma che crei anche, per qualsiasi altro popolo, soddisfacenti condizioni d'esistenza. Si reputa conveniente non essere entrati a parlare nella Nota delle questioni territoriali controverse. In questo senso scrivono: la "Schlesische Volkszeitung", l'organo bavarese del Centro "Neues Mannheimer Volksblatt" e i seguenti giornali renani e della Vestfalia: "Tremonia" (Dortmund), "Westdeutsche Landeszeitung" (München-Gladbach) [sic], "Westfälisches Volksblatt" (Paderborn), "Osnabrücker Volkszeitung", "Essener Volkszeitung", "Niederrheinische Volkszeitung" (Krefeld), e "Gelsenkirchener Zeitung".
26. 9. 1917.
126r, oben hds. von unbekannter Hand, vermutlich vom Empfänger, notiert: "Vedi Rapporto Monaco 1696".
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], La Nota di risposta tedesca alla lettera pontificia e la stampa dei grandi partiti in GermaniaII. vom 26. September 1917, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 429, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/429. Letzter Zugriff am: 29.04.2024.
Online seit 24.03.2010, letzte Änderung am 12.01.2016.