Dokument-Nr. 20333
Pacelli, Eugenio an Sbarretti, Donato Raffaele
[Berlin], 24. August 1929

Regest
Pacelli sendet dem Präfekten der Konzilskongregation Sbarretti eine Supplik des Fuldaer Bischofs Schmitt zurück. Er entschuldigt sich für die Verzögerung infolge des intensiven Abschlusses des Konkordats mit Preußen. Zur Beantwortung der aufgeworfenen Frage bezüglich einer Zahlung der Kleriker seiner Diözese für die Diasporapriester ist es seiner Meinung nach notwendig, den Blick auf ganz Deutschland zu weiten. Bei Diasporagebieten handelt es sich um Regionen, in denen Katholiken weniger als ein Drittel der Gesamtbevölkerung ausmachen. Der Nuntius listet die entsprechenden Gebiete auf, die zwei Drittel im Deutschen Reich ausmachen. Es gibt Zuschussdiözesen, die nicht in der Lage sind, ihren Klerus aus eigenen Mitteln zu bezahlen, und Hinterlanddiözesen, die dies können. Der Bonifatiusverein führt eine sogenannte Ausgleichskasse, die für den Unterhalt des Klerus in den subventionierten Diözesen aufkommt. Die Fuldaer Bischofskonferenz befasste sich mehrfach mit dem Thema. Der Nuntius zitiert die einschlägigen Beschlüsse der Jahre 1923 bis 1926, aus denen hervorgeht, welche Priester welchen Anteil ihres Gehalts in die Ausgleichskasse zahlen sollen. Auch die Freisinger Bischofskonferenz legte 1926 für die bayerischen Bistümer fest, welchen Betrag die einzelnen Kleriker in die Ausgleichskasse zahlen sollen. Nach den Beschlüssen der Fuldaer Bischofskonferenz sollen Kleriker aus Zuschussdiözesen 3 Prozent ihres Gehalts an die Ausgleichskasse zahlen, Kleriker aus Hinterlanddiözesen 1 Prozent. Einige Diözesen haben allerdings ähnlich wie in Bayern feste Beträge festgelegt, die einzelne Kleriker zahlen sollen. Der Nuntius listet die Bestimmungen in den einzelnen Diözesen auf und nennt als Zuschussdiözesen das zukünftige Bistum Berlin sowie die Bistümer Fulda, Hildesheim, Limburg, Meißen, Osnabrück, Paderborn, Ermland und die Prälatur Schneidemühl. Pacelli zitiert aus einer Stellungnahme des Bonifatiusvereins aus dem Jahr 1927, in der die Ungleichheit der geforderten Zahlungen in den Zuschuss- und Hinterlanddiözesen vorsichtig kritisiert wird. Wenngleich für das Jahr 1928 eine Steigerung der Zahlungen in die Ausgleichskasse festzustellen ist, ist aus Sicht des Bonifatiusvereins eine weitere Erhöhung der Einnahmen notwendig, weshalb er fordert, dass flächendeckend ein prozentueller Anteil der Klerikergehälter eingezogen wird. Pacelli zitiert aus dem letzten Beschluss der Fuldaer Bischofskonferenz im August des Jahres, in dem den Diözesen dieses Verfahren nahegelegt wird. Abschließend geht Pacelli auf die Bitte Schmitts ein. Der Nuntius nennt es zutreffend, dass in einigen Diözesen nicht alle Kleriker zur Finanzierung der Priestergehälter in der Diaspora beitragen, wofür sie verschiedene Gründe angeben. Die Bischöfe können eine solche Zahlung aufgrund der Bestimmungen des CIC/1917 allerdings nicht verbindlich fordern. Pacelli ist der Auffassung, dass der Heilige Stuhl Schmitt die Fakultät erteilen kann, möglicherweise beschränkt auf vorerst fünf Jahre, von den Klerikern seiner Diözese 3 bis 5 Prozent ihres Gehalts in die Ausgleichskasse zu zahlen. Einer solchen Fakultät könnte das preußische Gesetz über die Vorbildung und Anstellung der Geistlichen vom 11. Mai 1873 entgegenstehen, das Gehaltskürzungen vom Einverständnis des Staates abhängig macht. Allerdings widerspricht Artikel 137 der Weimarer Reichsverfassung diesem alten Kulturkampfgesetz. Nach Pacellis Einschätzung erteilt der Heilige Stuhl in diesem Fall lediglich dem Bischof eine Fakultät, dem letztlich die volle Verantwortung für sein Handeln zukommt.
Betreff
Istanza del Revmo Vescovo di Fulda per imposizione tributo a favore del clero della diaspora
Insieme al relativo Allegato, che compio il dovere di restituire qui accluso, mi pervenne il venerato Dispaccio dell'E. V. R. N. 2644/29 del 1º Maggio scorso. Lo straordinario lavoro, cui ho dovuto attendere a causa della conclusione del Concordato colla Prussia, ha causato pur troppo nell'esecuzione dell'ordine ivi impartitomi un ritardo, per il quale chiedo umilmente venia all'E. V.
Per avere un più esatto concetto della questione proposta dal Revmo Mons.  Vescovo di Fulda, occorre, a mio subordinato avviso, considerarla nei riguardi non soltanto di quella diocesi, ma bensì di tutta la Germania.
È opportuno di premettere che col nome di territori di diaspora (Diasporagebiete) vengono designate quelle regioni, in cui i cattolici costituiscono meno di un terzo dell'intera popolazione. Tali regioni, secondo i dati statistici raccolti dal P.  Krose S. J. nel Priesterjahrheft des Bonifatius-Vereins 1928 (Paderborn 1928) pag. 67, si trovano: nella Prussia orientale ed occidentale (la percentuale della popolazione cattolica è in esse il 6,46), nel Brandenburgo (8,19), nella Pomerania (3,51), nella Slesia inferiore (18,52),
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nella provincia di Sassonia (4,91), nello Schleswig-Holstein (2,72), nell'Hannover (6,51), nell'Hessen-Nassau (16,32), in alcune parti della Renania-Westfalia (18,46), nello Stato di Sassonia (3,60), nello Stato di Turingia (2,84), negli Stati tedeschi settentrionali (5,25), nella Baviera (20,64), nel Württemberg (10,62), nel Baden (25,96), nell'Hessen (12,93). Negli anzidetti territori di diaspora vivono in tutto 3.315.194 cattolici in una popolazione complessiva di 39 milioni di abitanti. La maggior parte del Reich germanico, vale a dire quasi i due terzi, è dunque per i cattolici territorio di diaspora.
Si sogliono designare col nome di diocesi sussidiate (Zuschussdiözesen) quelle che, a causa della composizione della popolazione nei territori di diaspora in esse compresi, non sono in grado di mantenere il loro clero coi propri mezzi. Le altre diocesi, le quali invece si trovano in più favorevoli condizioni, vengono comunemente chiamate Hinterlanddiözesen. Per il sostentamento degli ecclesiastici nelle
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diocesi sussidiate deve venire in aiuto la cosiddetta Ausgleichskasse, o Cassa di compenso, istituita presso la Presidenza generale del Bonifatius-Verein con sede in Paderborn. La Conferenza vescovile di Fulda se ne è ripetutamente occupata, come risulta dalle seguenti risoluzioni prese dalla medesima:
Anno 1923 "La Conferenza approva la fondazione di una Cassa di compenso presso la Presidenza del Bonifatiusverein, allo scopo di assicurare ai sacerdoti della diaspora uno stipendio minimo. Si intende che debbano ricevere sussidi da detta Cassa soltanto quelle diocesi della diaspora, le quali riscuotono una percentuale sull'assegno degli ecclesiastici stipendiati dallo Stato. Tutti i membri della Conferenza si impegnano ad esaminare più accuratamente nelle loro Curie vescovili la questione, se in tutte le diocesi possa e debba essere introdotta una simile contribuzione percentuale da parte dei sacerdoti, che ricevono un assegno dallo Stato, a favore degli ecclesiastici della diaspora (cfr.  Protokoll der Fuldaer Bischofskonferenz vom 21-23 August 1923, n. 46).
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Anno 1924 "A sollievo dei bisogni dei sacerdoti della diaspora il Bonifatiusverein ha creato una Cassa di compenso. Per aiutare questa Cassa i Vescovi sono pronti ad adoperarsi, affinché ciascun sacerdote di ogni diocesi versi per i sacerdoti della diaspora alla Cassa di compenso almeno l'1% del suo assegno. Questa iniziativa sarà comunicata alla Conferenza vescovile di Frisinga con preghiera di esaminare se il Priesterverein (Unione sacerdotale) possa essere nuovamente interessato in tutte le diocesi della Baviera a favore della diaspora". (cfr.  Protokoll der Fuldaer Bischofskonferenz vom 18. bis 20. August 1924 n. 36).
Anno 1925 "La Conferenza raccomanda ... un rinnovato appello ai sacerdoti aventi un sufficiente assegno per una volontaria contribuzione a favore dei sacerdoti della diaspora" (cfr. Protokoll der Fuldaer Bischofskonferenz vom 18. bis 20. August 1925, n. 31 a)
Anno 1926. "Per il Rev. Clero è una impellente questione di convenienza ed un obbligo di carità di venire in soccorso ai confratelli ecclesiastici bisognosi della diaspora. Perciò disponiamo che
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1º = Nelle diocesi della diaspora, sussidiate dalla Cassa di compenso, tutti i sacerdoti che godono di un sufficiente assegno, versino il 3% del loro stipendio a favore dei sacerdoti della diaspora della loro diocesi, i quali hanno un assegno inferiore.
2º = In tutte le altre diocesi i sacerdoti, che ricevono un sufficiente assegno, versino almeno l'1% alla Cassa di compenso della Presidenza generale in Paderborn.
Un "sufficiente assegno" ricevono anche quei parroci della Prussia, i quali subiscono perdite nel loro stipendio. Sono tenuti alla detta contribuzione non soltanto i parroci, ma anche i Canonici, i sacerdoti insegnanti in scuole od istituti oppure aventi posti speciali, come pure i vicari parrocchiali, se essi hanno lo stipendio fissato dalla Conferenza vescovile. I Vescovi contribuiranno almeno con la stessa percentuale". (cfr.  Protokoll der Fuldaer Bischofskonferenz vom 10. bis 12. August 1926, n. 26).
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Anche la Conferenza dei vescovi della Baviera in Frisinga prese nel 1926 la seguente risoluzione: "La Conferenza è unanime nel ritenere che una simile Cassa di compenso è un dovere di amore fraterno e che il Clero bavarese non deve sottrarvisi ... I Vescovi bavaresi sono perciò d'accordo essere conveniente che i vicari parrocchiali versino annualmente per la Cassa di aiuto ai sacerdoti e di compenso Marchi 10, i parroci Marchi 20, i Canonici ed i professori Marchi 30 all'incirca".
Secondo la decisione della Conferenza vescovile di Fulda del 1926, riportata più sopra, i sacerdoti delle diocesi sussidiate debbono dunque dare per l'aiuto della diaspora il 3% del loro stipendio, quelli delle altre diocesi (Hinterlanddiözesen) l'1%. Tuttavia, come apparisce già dalla risoluzione della Conferenza di Frisinga, vari Ordinari di queste ultime diocesi hanno raccomandato, invece di una percentuale, una somma fissa. Nel Baden (archidiocesi di Friburgo) fu suggerita la seguente contribuzione: 30 Marchi per i parroci, 20 Marchi per i vicari parrocchiali. Nel Württenberg (diocesi di Rottenberg): 40 Marchi per i Canonici della
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Cattedrale, 30 Marchi per gli investiti delle parrocchie importanti e medie, 20 Marchi per quelli delle piccole parrocchie e per i parroci pensionati, 12 Marchi per i sacerdoti senza ufficio stabile. Anche nella diocesi di Magonza fu raccomandato un simile contributo. Tra le diocesi della Prussia, quelle di Limburgo e di Münster intendono di esortare il clero a dare l'1%. Nell'Archidiocesi di Colonia invece la conferenza dei decani stabilì somme determinate: 50 Marchi per i parroci, 20 per i vicari parrocchiali. In Treviri si è introdotta una analoga partecipazione. Nondimeno in nessuna delle anzidette Hinterlanddiözesen è stato pienamente applicato il principio del pagamento dell'1% della rendita.
Come diocesi sussidiate (Zuschussdiözesen) vengono considerate: Breslavia (per il territorio della Delegazione vescovile di Berlino il quale però in base al recente Concordato colla Prussia sarà eretto in diocesi propria), Fulda, Hildesheim, Limburgo, Meissen, Osnabrück, Paderborn, Warmia e la Prelatura nullius di Schneidemühl. Riferendosi alla surriferita risoluzione della Conferenza vescovile di Fulda, il bollettino annuale sacerdotale della So-
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cietà di S. Bonifacio (Priester-Jahrheft des Bonifatiusvereins) dell'anno 1927 pag. 61 scriveva: "La decisione di Fulda non dice nulla di nuovo, poiché una tale contribuzione è in uso già da anni e sovente in misura più elevata (7, 5 e 4%). Warmia, Fulda e Hildesheim hanno in confronto dello scorso anno notevolmente migliorato il loro contributo diocesano. Alla testa di tutte le diocesi, assolutamente e relativamente, sta di gran lunga Paderborn. Quest'anno il risultato sarà qui alquanto inferiore, perché il 1º Ottobre dello scorso anno la quota per i parroci fu diminuita al 4% ...
I vicari parrocchiali di Paderborn pagano già dal 1º Ottobre 1926 soltanto il 3%... È senza dubbio una disuguaglianza che dagli ecclesiastici con sufficiente assegno delle diocesi della diaspora si esiga un contributo del 3 o 4%, mentre i confratelli delle altre diocesi non debbono pagare che l'1%. Ma il contributo più elevato è sentito nelle diocesi della diaspora come un dovere, un caro dovere, trattandosi della diaspora della propria diocesi, nella quale molti ecclesiastici hanno trascorso i più belli anni del loro sacerdozio. Gli ecclesiastici delle altre diocesi di fronte ai maggiori sacrifizi delle diocesi della
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diaspora si sentiranno certamente stimolati a versare da parte loro interamente almeno l'uno per cento ad essi raccomandato". - Lo stesso bollettino del corrente anno (pag. 36 e segg.) segnale bensì per il 1928 un aumento di Marchi 56.328,83, vale a dire del 22 % in confronto del 1927, aumento dovuto principalmente al fatto che l'Opera a favore della diaspora ha preso più solide basi nelle diocesi della provincia ecclesiastica del Reno superiore; afferma tuttavia il bisogno di ulteriore accrescimento dell'incasso, massime in seguito al miglioramento degli stipendi effettuatisi nel 1928, ed insiste sulla necessità che invece delle insufficienti somme fisse, in uso in varie diocesi, si introduca dovunque il contributo percentuale. Finalmente l'ultima Conferenza vescovile di Fulda, tenutasi dal 6 all'8 corrente, si è occupata ancora una volta dell'argomento ed ha risoluto quanto appresso: "Su domanda del Bonifatiusverein la Conferenza decide che si esortino di nuovo in forma ufficiale gli ecclesiastici sufficientemente retribuiti nelle diocesi dell'Hinterland prussiano (Colonia, Münster, Treviri, Glatz, Katscher) a versare per il miglioramento dell'assegno dei sacerdoti della diaspora l'1% fissato già nel 1926. Al qual proposito conviene rilevare che le somme fisse (50 o 25 Marchi), in uso in vari luoghi, non rappresentano più, in seguito al miglioramento degli stipendi, l'1% dell'assegno annuo e che perciò deve riprendersi la percentuale (1%) stabilità nel 1926. I Revmi Ordinari delle diocesi dell'Hinterland non prussiano (Friburgo, Magonza, Rottenburg) sono pregati di raccomandare
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ufficialmente un aumento delle contribuzioni corrispondente ai relativi assegni". ( Protokoll der Verhandlung der Fuldaer Bischofskonferenz vom 6. bis 8. August 1929, n. 26).
Per venire ora a parlare più particolarmente della istanza del Revmo Mons. Vescovo di Fulda, è vero - e le ripetute surriferite esortazioni della Conferenza vescovile lo confermano - che in alcune diocesi non tutti gli ecclesiastici danno il loro contributo per la diaspora. Alcuni adducono motivi di vario genere: il bisogno di aiutare parenti poveri, spese per malattie, ecc. Specialmente i sacerdoti impiegati nelle scuole superiori, od in altri uffici stipendiati dallo Stato o dai Comuni, si sottraggono non di rado a quel pagamento. D'altra parte, non sembra che il Codice di diritto canonico permetta ai Vescovi d'imporre tale contributo come obbligatorio; infatti il can. 1505 non parla che di una exactio extraordinaria.
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Parmi pertanto subordinatamente che al sullodato Vescovo possa concedersi la facoltà da lui implorata, eventualmente ad tempus, per es. ad quinquennium .
Contro la domanda in discorso potrebbe forse opporsi il § 20 della vecchia legge dell'11 maggio 1873 (emanata dallo Stato all'epoca del Kulturkampf), il quale proibiva ai Vescovi di diminuire la rendita degli ecclesiastici senza il consenso dell'autorità civile. Ma innanzi tutto sembra potersi fondatamente sostenere che detta disposizione è inconciliabile coll'articolo 137 capov. 3 della nuova Costituzione germanica (1); ed inoltre la S. Sede non farebbe nel caso attuale che concedere una facoltà al Vescovo, al quale rimarrebbe la intiera responsabilità della ordinanza, che emanerebbe poi al riguardo.
Chinato
(1)Questa opinione trovasi confermata anche in un recente studio giuridico del Dr. Fritz Sambeth "Reichsverfassung und Staatsaufsicht im Kirchenvermögensrecht." (Buchdruckerei Josef Fürst, Murnau Obby., 1929), pag. 23.
Empfohlene Zitierweise
Pacelli, Eugenio an Sbarretti, Donato Raffaele vom 24. August 1929, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 20333, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/20333. Letzter Zugriff am: 29.03.2024.
Online seit 20.01.2020, letzte Änderung am 01.02.2022.